Siamo infine giunti al capitolo forse più interessante per gli acquariofili che si cimentano nell’allevamento delle tridacne: la parte sulle patologie che le affliggono sia in natura che in acquario. Sfortunatamente sono molte le cose che possono andare storte con le nostre tridacne e spesso ci sono poche soluzioni per evitare che vadano incontro a morte; sicuramente riconoscere la patologia per tempo e saper intervenire è fondamentale per riuscire a salvarle. I sintomi del malessere
Nella maggior parte dei casi non ci sono sintomi specifici per ogni patologia delle tridacne, anzi, spesso non manifestano nulla finchè le valve non iniziano ad aprirsi e il tessuto a ritirarsi; purtroppo in questo momento spesso è troppo tardi. Quindi il primo sintomo (e spesso anche l’unico) di malessere è il cosiddetto “gaping”, termine con cui si intende l’apertura della conchiglia con mantello retratto e sifone inalante dilatato.
Tridacna in “gaping”, sintomo tipico di malessere. La freccia indica una zona bianca presente sulla conchiglia in seguito alla retrazione del tessuto del mantello.
Quando una tridacna è in queste condizioni solitamente è morta o prossima alla morte purtroppo, e ben poco si può fare per farla riprendere.
Altro sintomo tipicamente indicativo di malessere è la scarsa risposta in seguito a cambiamenti della luce percepita: se passiamo una mano sopra una tridacna e questa non si chiude dobbiamo iniziare a sospettare un problema. Sbiancamento
In caso di condizioni ambientali avverse il mantello delle tridacne può cambiare colore e diventare molto chiaro, fino a diventare completamente bianco. Questo fenomeno è chiamato sbiancamento e può coinvolgere piccole aree superficiali del mantello o aree più estese attorno ai sifoni.
Esemplare di maxima con mantello completamente sbiancato.
Il fenomeno si presenta in natura come in acquario ma, mentre nel primo caso le tridacne riescono a superare il problema, il loro salvataggio in acquario è più difficoltoso.
Il fenomeno dello sbiancamento avviene in seguito alla perdita delle zooxantelle e dei pigmenti del mantello; il colore del mantello è conferito sia dalle zooxantelle che dai pigmenti che la tridacna produce come protezione dalla luce solare o come sostegno per le alghe simbionti.
Il meccanismo di sbiancamento dei coralli è identico a quello che avviene nelle tridacne.
Ci sono molti fattori che possono causare questa patologia, ma le cause principali sono l’aumento spropositato di luce e temperatura. L’aumento improvviso della luce ricevuta dalla tridacna, in particolare dei raggi UV, causa un aumento improvviso del tasso fotosintetico, con conseguente aumento della quantità di radicali liberi prodotti. Sia questo che l’aumento della temperatura causa una diminuzione delle zooxantelle, ma non si sa ancora come questo avvenga: - espulsione nell’ambiente
- digestione da parte della tridacna
- morte delle zooxantelle.
In natura le condizioni ambientali cambiano molto lentamente durante le stagioni, ma cambiamenti più improvvisi (soprattutto nella capacità di penetrazione della luce) sono causati dal vento, nuvole e onde. In acquario lo sbiancamento può avvenire quando una tridacna è sottoposta a una luce più forte di quella a cui è abituata. Per questo le tridacne che introduciamo in acquario devono essere abituate lentamente a nuove condizioni di luce e temperatura per evitare di “cuocerle”.
Purtroppo per noi non tutto è facile; le tridacne in acquario possono sbiancare anche perché posizionate in troppa poca luce o per scarsità di nutrienti in acqua o per temperature troppo basse. La regola fondamentale è comunque sempre cercare di farle adattare lentamente alle condizioni ambientali.
Altre cause riportate di sbiancamento in acquario sono: - sbalzi di salinità importanti
- intossicazioni da metalli pesanti
- troppa luce rossa
- utilizzo di alcuni medicinali (soprattutto antibiotici) in vasca
- patologie specifiche (i batteri Vibrio sono stati identificati come causa dello sbiancamento dei coralli ma non ancora delle tridacne)
- incapacità delle tridacne di produrre sostanze protettive nel mantello.
Lo sbiancamento può essere visto in tre forme principalmente: - sbiancamento generalizzato: perdita di colore uniforme su tutto il mantello. E’ la forma di sbiancamento più grave e anche quella che porta più facilmente a morte la tridacna. Di solito è causato da sbalzi molto importanti delle condizioni ambientali.
Tridacna con sbiancamento completo del mantello
- sbiancamento centrale: consiste nella perdita di colore della parte centrale del mantello, dove si trovano i sifoni, che possono sbiancare loro stessi. Di solito è il risultato di un’intensa illuminazione della tridacna perché la parte centrale è quella che riceve la luce perpendicolarmente. Causa più raramente la morte della tridacna, che però deve essere posta in una zona più ombreggiata in acquario.
Tridacna derasa con sbiancamento centrale.
- Sbiancamento localizzato: ha forma abbastanza variabile e si può trovare ovunque lungo il mantello. Può essere causato da sbalzi dei valori ambientali ma anche da infezioni locali. Solitamente rimane localizzato alla sola area interessata, ma spesso se la causa è un’infezione allora può dilagare.
Eesempio di sbiancamento localizzato in tridacna derasa.
Una volta riconosciuto il fenomeno dello sbiancamento si passa all’azione: ovviamente il primo passo è determinare la causa del fenomeno perché spesso, sistemando il problema, si riesce a salvare l’animale. La prima cosa da fare è spostare la tridacna in una zona d’ombra e poi procedere al controllo della temperatura e dei valori dell’acqua. Trovato il problema è necessario correggerlo ma lentamente, in modo da non sottoporre l’animale a ulteriore stress. Infezioni batteriche
Nell’acqua marina si trovano batteri in grande quantità, ma di solito non causano problemi alle tridacne. Ma se l’animale è stressato le difese immunitarie possono diminuire favorendo un’eventuale infezione; a complicare ulteriormente le cose dobbiamo considerare che in acquario la quantità di batteri è maggiore rispetto alla natura perché si tratta di un sistema chiuso.
Molti sono i batteri che possono infettare le tridacne: Vibrio, Acinetobacter, Pseudomonas, Xeromonas e Pleisomonas. In più batteri simili a Rickettsia sono in grado di formare cisti che restano quiescenti nelle tridacne del genere Hippopus.
I sintomi che causano le infezioni sono poco specifici e comprendono necrosi del tessuto del mantello e gaping.
Le larve e le forme giovanili sono le più predisposte e spesso negli allevamenti si usano antibiotici per evitare di avere grosse perdite nelle fasi iniziali. Questi trattamenti sono decisamente da evitare in acquario perché con l’antibiotico si uccidono i batteri dannosi ma anche molti utili al sistema. In più, non potendo intuire dai soli sintomi quale batterio è la causa del problema, non sappiamo nemmeno quale tipo di antibiotico usare.
Le molecole più spesso usate per le terapie sono: streptomicina, neomicina, ampicillina e rifampicina.
L’unico modo di curare una tridacna con gli antibiotici è rimuoverla dalla vasca e trattarla in una vasca di quarantena. Infestazioni protozoarie
I protozoi sono organismi unicellulari non fotosintetici e con caratteristiche delle cellule animali. Come per i batteri, ci sono molti protozoi in acqua che, solo nel caso di abbassamento delle difese immunitarie, possono diventare nocivi per la tridacna. Purtroppo le informazioni a disposizione sono molto più scarse.
Un protozoo chiamato Perkinsus olseni è stato trovato nel tratto digestivo di molte specie di tridacne che può portare a morte in caso di sovrainfezione, ma che non da sintomi specifici e che non presenta terapia valida.
Un altro protozoo del genere Perkinsus è stato riportato come parassita di crocea, maxima e squamosa; produce piccole cisti bianche sulla superficie del mantello e attorno al bisso. L’infestazione è causa di morte di tutte le tridacne che non vengono curate. La patologia è stata chiamata malattia dei puntini bianchi (o whitespot disease); è molto contagiosa e porta a morte la tridacna in poche settimane-massimo un mese. La terapia si basa sui bagni con l’antibiotico cloramfenicolo. | | cisti di protozoo sul mantello di una crocea | foto microscopica del protozoo Perkinsus |
Marteilla è un protozoo riconosciuto come infestante nel tratto digerente e nei reni di Tridacna maxima. Altri protozoi non identificati infestano il mantello di molte specie di tridacna. Per ultima, una patologia facile da identificare ma di cui non si conosce la causa: la malattia del mantello pizzicato (meglio nota come pinched mantle disease), causata da un protozoo non ben identificato. Fortunatamente è una patologia facile da riconoscere perché il mantello si presenta contorto e pizzicato; la tridacna appare come se stesse cercando di estroflettere tutto il mantello, ma questo rimane contratto e arricciato.
Tridacna affetta con pinched mantle disease.
La patologia riguarda in particolare Tridacna crocea, mentre le altre specie risultano essere più resistenti, quasi immuni; è fatale in circa 1-2 settimane dall’inizio della presentazione dei sintomi, ma fortunatamente si può curare. Non sono necessari farmaci, ma un semplice bagno in acqua dolce per una trentina di minuti. La procedura corretta consiste nel riempire un contenitore di acqua dolce con la stessa temperatura di quella dell’acquario e fare in modo che ricopra completamente la tridacna; questa deve rimanere immersa per 30 minuti e smossa ogni tanto per far penetrare l’acqua ovunque. Se il tutto viene fatto correttamente la tridacna torna ad espandere il mantello in uno-due giorni e dopo una settimana circa è tornata normale. Sembra strano che una tridacna possa sopportare un bagno di 30 minuti in acqua dolce, ma in realtà in natura spesso sopportano forti piogge durante i periodi di bassa marea. Organismi perforanti
Le spugne appartenenti alla famiglia Clionaidae sono in grado di penetrare nelle valve della tridacna creando fori anche di dimensioni importanti, potenzialmente anche portando a morte l’esemplare.
All’inizio dell’infestazione si possono osservare piccoli fori riempiti da spugne colorate che crescono molto se non asportate. Hanno la capacità di penetrare nelle valve per circa 1 cm, invasione poco importante per tridacne di grandi dimensioni, ma che può rendere molto fragili quelle piccole.
Per liberarsi del problema l’intervento migliore è lo spazzolamento e la rimozione delle spugne seguiti da un bagno in acqua dolce di 30 minuti.
Il risultato di un’infestazione di spugne perforanti.
Predatori di tridacne
Vermi e platelminti: ci sono molti vermi e platelminti predatori di tridacne.
Urastoma cyprinae è un platelminta che in natura convive con le tridacne sotto il loro mantello ma che in acquario possono anche predarle visto l’ambiente ristretto.
Foto ingrandita di Urastoma cyprinae
Stylochus matatasi è un altro platelminta letale per le tridacne in acquario visto che se ne nutre in una notte lasciando solo la conchiglia svuotata. Non ci sono predatori noti di questi animali quindi il metodo migliore per rimuoverli dall’acquario è la nassa o l’appostamento notturno, facendo attenzione a non frantumare l’animale durante la rimozione perché rischiamo di creare più individui.
Esemplare di stylochus matatasi.
Come ci si può aspettare non ci sono sintomi specifici che indichino che il parassita è in azione. I vermi setolosi hanno una brutta reputazione perché urticanti, perché alcuni sono velenosi e perché a volte raggiungono dimensioni ragguardevoli. Fortunatamente sono poco frequenti in acquario, tranne i ben conosciuti vermi-cane che sono innocui e detritivori.
Il più “famoso” verme mangiatore di tridacne conosciuto è l’Oenone fulgida che sembra essere in grado di perforare la conchiglia delle tridacne per raggiungere l’animale e nutrirsene. Il verme di solito viene introdotto in acquario quando è di piccole dimensioni ma crescendo può raggiungere e superare i 30 cm di lunghezza ed è quindi più facilmente osservabile. E’ facile da riconoscere perché è di colore arancione chiaro.
Oenone fulgida, noto predatore di tridacne.
Nel caso in cui si osservi uno di questi vermi banchettare con una tridacna viva e non malata bisogna ovviamente cercare di rimuoverlo evitando di rompere in più pezzi il verme. Se invece si vedono dei vermi che si nutrono di una tridacna morta non dobbiamo pensare che siano loro la causa della morte.
Un altro tipo di vermi che può nutrirsi di tridacne è il gruppo delle eunici; però per questi vermi non è una costante nutrirsi di tridacne visto che la loro alimentazione è molto varia e tendono a creare danni in acquario con il progredire della crescita.
Esemplare di eunice.
Lumache: sono un grosso problema per le tridacne perché di solito si tratta di parassiti piccoli, che si riproducono velocemente e che di solito vengono introdotti in vasca con la tridacna stessa.
Al genere Cymatium e Chicoreus appartengono parecchie lumache predatrici di tridacne, alcune delle quali possono anche raggiungere dimensioni ragguardevoli. Di solito iniziano a nutrirsi quando sono di piccole dimensioni e possono penetrare attraverso l’apertura del bisso o attraverso il mantello quando la conchiglia è aperta. Si nutrono direttamente dei tessuti molli oppure iniettano un veleno. Le tridacne di grandi dimensioni sono più resistenti agli attacchi perché hanno un’apertura bissale più piccola e perché spesso riescono ad espellere il parassita. Se capitasse di vedere in acquario il parassita lo si deve ovviamente eliminare; se fosse già dentro la tridacna bisogna procedere mantenendo aperte le valve della tridacna frapponendo d esempio una morbida gomma da cancellare e entrando attraverso un sifone con una pinza per asportare la lumaca. | | Esemplare di Cymatium. | Esemplare di Chicoreus |
Altro flagello per le tridacne sono le lumachine del gruppo delle Pyramidellide; sono molto più piccole delle lumache predatrici prima citate e anche molto meno visibili. Agiscono succhiando i fluidi corporei della tridacna vittima attraverso una sorta di proboscide e tendono a collocarsi attorno all’apertura bissale. Possono passare facilmente da una tridacna all’altra e si riproducono molto velocemente. In questi casi la cosa migliore da fare è controllare l’apertura bissale di tutte le tridacne della vasca e spazzolare via in modo energico le lumachine, cosa che deve essere ripetuta periodicamente. L’operazione permette di asportare sia gli adulti che le uova, ma può essere d’aiuto introdurre un pesce del genere Halicoeres o Pseudocheilinus. Foto di pyramidellide La sparizione del legamento
E’ una patologia poco comune ma può capitare che il legamento di una tridacna si deteriori e poi sparisca del tutto. Sfortunatamente non ci sono cause riconosciute per questo processo ma probabilmente è un’infezione batterica seguita dalla produzione di bolle d’aria durante la degradazione del tessuto.
Visto che probabilmente la causa è batterica l’utilizzo di antibiotici spesso risolve il problema. A volte la patologia è così avanzata da non permettere più alle due valve di rimanere allineate e in questi casi spesso si usa la colla atossica per riposizionarle.
Legamento di tridacna in stato avanzato di deterioramento.
Le mie disquisizioni sulle tridacne giungono al termine: spero di non aver fatto troppi errori e che siano state di vostro interesse.
A presto!! |