Siamo dunque giunti al capitolo sulle tridacne che più affascina l’acquariofilo marino; chi tra noi non è mai stato tentato di almeno provare la riproduzione della tridacne dopo aver speso un po’ di soldi per portarsene a casa una?
Poi però indagando bene scopriamo che è una cosa poco fattibile nelle nostre vasche ma che stanno mettendo in atto in molti allevamenti intensivi collocati sulle aree costiere delle zone tropicali.
Le prime idee concrete di allevamento delle tridacne risalgono addirittura agli anni ‘70, ma solo negli anni ‘90 si sono ottenuti risultati concreti e su larga scala. L’idea di allevare le tridacne è nata in seguito alla diminuzione costante degli esemplari in natura in seguito alla loro caccia, non tanto per gli acquari, quanto più per l’alimentazione e per farne oggetti di arredamento. La richiesta acquariofila di esemplari è arrivata molto tardivamente e anche adesso circa il 20% del mercato degli allevamenti è rivolto all’acquariofilia con esemplari molto colorati e ricercati, mentre l’80% è ancora rivolto all’alimentazione.
Il diffondersi degli allevamenti e l’aumento delle conoscenze sulla riproduzione ha permesso infine di avviare delle campagne di reintroduzione in natura delle specie a maggior rischio di estinzione.BIOLOGIA DELLA RIPRODUZIONE
Cominciamo dunque dalla parte difficile: la biologia della riproduzione delle tridacne.
Ciclo riproduttivo delle tridacne
Le tridacne sono organismi che, quando hanno raggiunto la maturità sessuale, al momento della riproduzione, rilasciano sperma e cellule uovo nell’acqua, dove avviene la fecondazione.
Ogni tridacna matura è in grado di rilasciare sia sperma che cellule uovo anche contemporaneamente perché sono ermafroditi simultanei; considerando però che la formazione dei testicoli avviene prima rispetto a quella delle cellule uovo, alcuni organismi sub-adulti sono in grado di rilasciare solo sperma.
Il meccanismo di rilascio è attivo e richiede molta energia, di conseguenza può essere effettuato solo da quelle tridacne che godono di ottima salute; consiste in una contrazione del mantello con contemporanea chiusura delle valve, mentre i gameti vengono sospinti fuori attraverso il sifone esalante.
Solitamente prima viene rilasciato lo sperma e poi le cellule uovo, in modo da evitare il meccanismo dell’autofecondazione. Dopo la fecondazione il nuovo organismo è molto piccolo ma necessita di poco tempo (12 ore) per iniziare a crescere e dare origine alla larva detta trocophora. | | Tridacna gigas nell’atto di rilasciare i gameti. | Foto microscopica della fecondazione |
Questo stadio è molto particolare perché mobile: viene infatti trascinata dalle correnti ma in più ha delle piccole cilia a forma di capelli che le permettono di nuotare.
Foto microscopica di larva trocophora.
Dopo altre 12-36 ore la larva trocophora passa allo stadio successivo di larva veligera; in questo momento di forma un organo chiamato velo e dotato di cilia, che serve sia per gli spostamenti che per l’alimentazione. Infatti proprio da questo momento la tridacna inizia a filtrare le sostanze che trova disciolte in acqua e dopo soli 2-3 giorni inizia ad avere un velo completamente sviluppato, uno stomaco e un’intestino, e la conchiglia inizia a formarsi.
Larva velifera in cui si nota già la presenza di zooxantelle (indicate dalla freccia).
D’ora in avanti l’evoluzione della piccola tridacna varia molto in base alla specie e alle condizioni ambientali in cui si trova. Ma dopo circa 3-10 giorni la larva veligera sviluppa una sorta di piede, diventando pediveligera per un po’ di tempo.
Questo piede è una sorta di muscolo che serve sia per il movimento che per l’alimentazione e che viene usato come una sorta di lingua. Da questo momento la larva alterna momenti in cui nuota a momenti in cui si muove su un substrato, fino a trovare un punto per ancorarsi per il passo successivo.
Foto microscopica di larva pediveligera.
Al momento opportuno, di solito a distanza di 6-28 giorni dalla fecondazione, la larva si colloca stabilmente sul substrato e diventa una tridacna in stadio giovanile. Questa è una vera e propria metamorfosi perché il velo e le cilia involvono completamente e termina la loro capacità di nuotare. A questo punto appare come una vera e propria tridacna, ma molto sottile e piccola (un quinto di un millimetro circa!!).
I gameti non nascono con le zooxantelle ma iniziano ad incorporarle nello stomaco fin dalla fase velifera; dopo la metamorfosi le zooxantelle iniziano a spostarsi verso il mantello per svolgere la loro classica funzione.
A questo punto la tridacna per diventare sessualmente matura a sua volta deve solo crescere; la crescita inizialmente è lenta, poi assume un picco per cui la tridacna inizia ad aumentare rapidamente di dimensioni.
Come già detto la maturazione dei testicoli avviene prima e impiega anche solo due anni, mentre lo sviluppo delle ovaie impiega solitamente molto più tempo. Ma come si fa a capire quando una tridacna è arrivata a maturità sessuale?
Dipende molto dalla specie, dalla sua età e dalle dimensioni raggiunte.
Ad esempio una Tridacna derasa, la più rapida nella crescita, necessita di 5 anni per raggiungere la maturità sessuale, mentre una gigas necessita di almeno 10 anni, ma solo se si trova all’equatore. Nella grande barriera corallina australiana necessita di addirittura 20 anni. Una Hippopus hippopus diventa matura solitamente dopo 4 anni, mentre le maxima e le squamosa sono più lente. COSA SUCCEDE IN ACQUARIO
Ogni tanto capita che una tridacna rilasci sperma in acquario, ma in questi casi se non si riesce a intervenire subito per rimuovere i gameti si rischia di perdere tutta la vasca visto che anche le altre tridacne saranno stimolate alla riproduzione.
Innanzitutto il rilascio di gameti è un fenomeno normale, che una tridacna matura effettua periodicamente. Però in acquario le tridacne che spermano sono spesso quelle più stressate o prossime alla morte, che quindi rilasciano dei gameti per cercare di produrre una progenie prima di morire. Quindi se abbiamo in vasca una tridacna che periodicamente sperma è anche quella che dobbiamo tenere più d’occhio perché probabilmente qualcosa non va. foto di spermata “patologica” in acquario, in seguito alla quale la tridacna è morta
(foto a cura di Riccardo Rittà). A differenza di una spermata “sana” che avviene solo quando la tridacna è matura e ricca di gameti, una spermata “patologica” può avvenire in ogni momento ed è un meccanismo di “salvataggio” dei propri geni. In acquario la principale causa di stress per le tridacne è lo sbalzo di temperatura.
I gameti rilasciati non sono tossici per gli altri coralli ma tendono a morire in vasca senza essere asportati rapidamente dalla filtrazione visto che ne vengono prodotti in quantità industriali. Rilascio di gameti in seguito allo stimolo della spermata di un’altra tridacna
(Foto a cura di Riccardo Rittà) Nel caso in cui una o più tridacne abbiano iniziato a rilasciare sperma in vasca la cosa migliore da fare è metterle in un contenitore a parte se possibile finchè non avranno finito. Ma se non si possono togliere dalla vasca si può procedere aumentando la schiumazione, immettendo lana di perlon da cambiare spesso per una filtrazione meccanica e preparare un bel cambio. L’areazione della vasca dovrebbe essere aumentata per mantenere alti i valori di ossigeno.
Una volta che tutto è sotto controllo e la situazione è stabile si possono reimmettere in vasca le tridacne se erano state spostate e poi bisogna cercare la causa dello stress, in modo da evitare che episodi simili si ripetano. Ma perché dopo una spermata da parte delle tridacne non ci troviamo la vasca invasa da baby-tridacne?
Il meccanismo della riproduzione già di per se non è semplicissimo, in più è reso più complicato dalla presenza di uno schiumatoio e di pompe di movimento.
Solo il 5-10% dei gameti riesce ad arrivare alla fecondazione in acquario perché di solito vengono predati da coralli e pesci; di questa bassa percentuale, solo il 5% delle larve riesce ad arrivare alla metamorfosi, che però viene effettuata raramente. Le poche piccole tridacne che potrebbero essere sopravvissute sono spesso predate dal benthos della vasca. In più le larve vengono schiumate molto facilmente e non sopportano il passaggio nelle pompe di movimento.
Insomma.. In un acquario casalingo la riproduzione è praticamente impossibile… COME FUNZIONANO GLI ALLEVAMENTI INTENSIVI
Vista la maggiore richiesta di tridacne sia sul mercato acquariofilo che su quello alimentare negli ultimi anni sono nati alcuni allevamenti intensivi.
Il primo passo per lo sviluppo di un allevamento produttivo di tridacne è la ricerca di gameti, che avviene principalmente cercando nella barriera corallina esemplari adulti di tridacne di varie specie e importandole nell’allevamento per dare inizio a un ciclo riproduttivo. Queste tridacne ovviamente non vengono vendute, ma sono usate per ottenere una produzione stabile, sicura e costante di gameti all’interno dell’allevamento. Gli allevatori mantengono queste tridacne in grandi vasche apposite oppure in mare in aree vicine all’allevamento. Per aumentare la diversità genetica degli organismi riprodotti si cerca di prendere organismi adulti in aree il più distanti possibile.
Tridacne mature usate come riproduttrici in un allevamento.
A questo punto le tridacne mature vengono strettamente monitorate per intuire il momento in cui rilasceranno i gameti; questo si nota da movimenti propulsivi del mantello che precedono il rilascio. Altro metodo è la stimolazione del rilascio di gameti tramite la somministrazione di ormoni, ma non sempre si ottengono molti risultati.
Tendenzialmente viene rilasciato prima lo sperma e poi le cellule uovo; quando inizia il rilascio dello sperma la tridacna viene collocata in un contenitore a parte al fine di raccogliere lo sperma. Quando iniziano a essere prodotte cellule uovo la tridacna viene spostata in un altro contenitore con acqua pulita. Al termine della produzione la tridacna viene reimmessa nella vasca di stoccaggio o in mare. Questo meccanismo viene usato per molte tridacne, scrivendo sui contenitori l’origine dei gameti.
Al termine della raccolta sperma e cellule uovo di tridacne diverse vengono mescolate al fine di ottenere la fertilizzazione. Le piccole larve vengono poi trasferite in grandi vasche in cui il movimento dell’acqua è mantenuto tramite areatori a porosa. Durante i primi due giorni di questa fase vengono aggiunti antibiotici all’acqua, soprattutto streptomicina e neomicina, perché le larve nei primi giorni sono molto suscettibili alle infezioni batteriche e ne morirebbe la maggior parte.
Dopo il secondo giorno la maggior parte delle larve sarà diventata veligera e riuscirà a continuare la metamorfosi senza aggiunta di cibo, ma fornire fitoplancton e/o zooplancton spesso aumenta la percentuale di larve che sopravvive.
Attorno al quarto giorno le larve veligere iniziano ad assumere delle zooxantelle dall’ambiente; due metodi vengono usati per fornirle alle tridacne: – Allevare colture di zooxantelle che al quarto giorno vengono immesse in vasca e assunte dalle tridacne;
– Sacrificare una tridacna frullandole il mantello e immettendo il liquido ottenuto nell’acqua. La somministrazione di zooxantelle viene ripetuta al sesto giorno e in questo lasso di tempo le larve vengono nutrite con fitoplancton.
Al termine di questo processo le larve, che sono in stadio di pediveligera, vengono trasferite su substrati rigidi filtrati con acqua di mare; nei giorni successivi le larve vanno incontro a metamorfosi e si ancorano al substrato.
Piccole tridacne in stadio giovanile su substrato sabbioso.
Le tridacne in stadio giovanile sono lasciate mesi in vasche poco profonde, contenenti poca acqua e con ricambio con acqua salata oppure vengono lasciate in vasche di crescita per anni fino al raggiungimento della lunghezza di 5 cm circa. Alcuni rivenditori mettono in commercio queste tridacne di taglia più piccola, mentre altri le mantengono ancora fornendo nutrimento extra per cercare di farle crescere rapidamente.
Spesso le tridacne vengono collocate in mare in grosse gabbie che le proteggono dall’azione delle onde e dei predatori, ma sono anche più facilmente infestate da parassiti.
Ogni anno gli allevatori immettono sul mercato e in natura grandi quantità di tridacne e alcune le mantengono per avere nuovi esemplari da dedicare alla riproduzione.
Le gabbie contenenti gli esemplari di tridacne in crescita.
Questo è stato solo un breve riassunto delle tecniche di riproduzione delle tridacne, ma i mezzi, l’impegno e i soldi necessari sono molti; mi sembrava giusto però avere un’idea della provenienza degli esemplari che ospitiamo nei nostri acquari. Alla prossima puntata! |