Riproduzione di UCA BURGESIDescrizione della specieUca burgersi, famiglia Ocypodidae, è un granchio di acqua salmastra originario delle coste orientali tropicali americane, appartenente al genere Uca, che annovera i famosi granchi violinisti (fiddler crabs), caratteristici per il loro comportamento durante la riproduzione: i maschi presentano infatti una delle due chele, indifferentemente la destra o la sinistra, enormemente sviluppata, ipertrofica (a causa tra l’altro della presenza, al suo interno, di particolari ghiandole mascolinizzanti), usata sia come strumento di combattimento tra rivali che come strumento di corteggiamento, una sorta di “danza”. Questa danza è molto particolare: il maschio si erge sulle zampe, di fronte all’imboccatura della sua tana, vivacizza al massimo i colori (questi granchi sono in grado di cambiare colore con sorprendente rapidità) e inizia ad oscillare ritmicamente, da destra verso sinistra, la chela gigante, per invitare la femmina (spesso di dimensioni maggiori) ad avvicinarsi per poi accoppiarsi.
L’ambiente tipico di Uca burgersi è rappresentato dal mangrovieto, biotopo tipico tropicale. Durante la bassa marea il granchio scava la sua tana nel fondo melmoso, profonda diverse decine di centimetri, all’interno della quale si rifugia al minimo segno di pericolo e durante l’alta marea, quando il pericolo è rappresentato dalle correnti e dai pesci predatori. Normalmente moltissimi individui si aggregano a formare grandi gruppi, per sfruttare l’effetto diluizione nei confronti dei predatori; comunque, le tane non sono condivise, ognuno difende accanitamente il proprio rifugio dai conspecifici. Anche il processo di muta avviene in queste tane, così come l’accoppiamento.
L’alimentazione in natura è rappresentata dal detrito organico presente fra le particelle di sabbia, che il granchio raccoglie con le chele portandole poi alla bocca, dove ingoierà ciò che è commestibile e espellerà, sotto forma di piccole pallottole, la sabbia perfettamente ripulita. Per fare ciò ha evoluto un particolare tipo di masticazione che comporta l’uso di acqua e saliva. Quando disponibili, sono gradite altre fonti alimentari come carogne, foglie, frutti, insetti. Tutte queste attività (ricerca di cibo, corteggiamento, ecc.) si svolgono in emersione, dal momento che i granchi violinisti sono crostacei anfibi, portati a vivere prevalentemente all’asciutto sebbene non disdegnino periodiche immersioni, per bere e per espellere i propri cataboliti azotati. La longevità media è di circa 2-3 anni. Modalità di allevamento e riproduzioneHo allevato questa specie per circa 2 anni, dal 2004 al 2006. Quanto detto per Uca burgersi vale per tutte le specie di granchio violinista reperibili in commercio, dato che le modalità di riproduzione sono sempre le stesse. La vasca, il filtro e gli arredi:
Per allevare con successo un granchio violinista è necessario allestire un vero e proprio terracquario salmastro che riproduca l’ambiente di mangrovieto, in cui il 50% della superficie di base sarà “acquatico” e il 50% sarà “terrestre”, dato che, secondo le mie osservazioni, in cattività questi granchi sostano indifferentemente sott’acqua o fuori quando sono alla ricerca di cibo, ma si corteggiano e accoppiano soprattutto in emersione. Nel mio caso, ho utilizzato un acquario di serie della JUWELL, di 60 cm X 30 cm X 30 cm (h), dal quale ho estratto il filtro biologico interno, lasciando la scocca in PVC vuota, e sostituendo l’apparato filtrante con un pratico filtro interno ASKOLL Duetto, riempito con spugna e carbone attivo, posizionato in orizzontale visto che, come spiegherò a breve, il livello dell’acqua nella zona sommersa è molto basso.
Come materiale di fondo, sia per la zona emersa che per quella sommersa, ho utilizzato del semplice ghiaietto policromo per acquari; ovviamente lo spessore è diverso, dato che nella zona asciutta ho steso uno strato di circa 10 – 12 cm di ghiaietto, mentre in quella sommersa solo 2 cm. Non ho utilizzato nessuna parete divisoria tra i due settori, limitandomi a fare in modo che il fondo degradasse dolcemente dalla zona emersa a quella sommersa con una lieve pendenza, aiutandomi con legni e rocce posizionati strategicamente come “rinforzi”.
Con il senno di poi, devo dire che il tipo di fondo ideale sarebbe la sabbia finissima marrone, che consentirebbe ai granchi di mettere in pratica il tipico comportamento alimentare di setacciamento della sabbia (da me si limitavano a “succhiare” i singoli granelli di ghiaia) e soprattutto di scavare le loro tane nel fondo umido della zona asciutta, cosa impossibile con un fondo grossolano come il mio. L’allestimento ideale quindi dovrebbe prevedere un fondo di sabbia finissima sia nella zona asciutta che in quella emersa, dello spessore di almeno 10 cm (zona emersa) e 2 cm (zona sommersa); trattandosi di sabbia finissima, per evitare continui crolli dovuti agli scavi sarebbe ideale inserire una lastra divisoria in plexiglass, possibilmente bucherellata per consentire all’acqua della zona sommersa di filtrare in quella emersa, per mantenere la sabbia sempre umida ma non fradicia e consentire al granchio di scavare la tana nel substrato, analogamente a quello che avviene in natura. Avendo comunque un fondio grossolano, per garantire comunque un buon numero di rifugi ho messo anforette e noci di cocco tagliate a metà e bucate sia nella zona emersa che in quella sommersa, che i granchi hanno mostrato di gradire molto comportandosi in maniera naturale. Legni di mangrovia hanno completato l’allestimento e fornito riparo e anche ostacoli visivi che aumentano la complessità ambientale. Nella foto che segue è possibile apprezzare una panoramica del mio acquaterrario, ripreso di prima mattina, con ancora i vetri opachi di condensa (durante la notte infatti tenevo il coperchio ben chiuso per aumentare l’umidità come in natura, mentre di giorno aprivo lo sportellino per far asciugare i vetri e abbassare l’umidità): la zona emersa è sulla sinistra, abbellita con legni di mangrovia, cocchi vari e anfore, mentre la zona sommersa è sulla destra. Anche nella zona sommersa sono fondamentali i nascondigli, perchè è proprio qui che i granchi vanno a fare la muta necessitando di acqua. Notare all’estrema destra il filtro ASKOLL Duetto disposto “sdraiato”, a causa del basso livello dell’acqua. Il riscaldamento dell’acqua:
Trattandosi come già detto di una specie anfibia, il livello dell’acqua non deve essere molto alto. Nel mio caso ho optato per una profondità massima di circa 10 cm; una così bassa profondità rende impossibile l’uso di un termoriscaldatore tradizionale, perciò ideale si è dimostrato il termoriscaldatore mignon ASKOLL NEWATTino, l’unico che ho trovato adatto alle mie esigenze. Nella foto non è visibile perchè occultato dagli arredi. L’illuminazione è sempre stata affidata ad un singolo neon a luce bianca per acquari. L’acqua:
Nell’allevamento e nella riproduzione dei granchi violinisti, l’acqua assume una importanza fondamentale. In acqua dolce pura, infatti, gli adulti si riproducono molto raramente, e alla lunga si ammalano, mentre in acqua marina pura hanno problemi di regolazione osmotica che li portano alla morte entro 10 – 15 giorni. L’acqua ideale per allevamento e riproduzione è quella salmastra. Personalmente sono partito, ad avviamento dell’acquario, da pura acqua dolce ottenuta miscelando 1/3 di acqua di rubinetto con 2/3 di acqua di osmosi, fino ad arrivare al livello da me desiderato. E’ stato un accorgimento voluto: i granchi violinisti infatti vengono sempre venduti dopo essere stati tenuti, nei negozi, in sola acqua dolce peraltro senza la possibilità di emergere, pertanto temevo che il passaggio improvviso in acqua salmastra li danneggiasse. Una volta maturata l’acqua e inseriti gli animali, ho iniziato ad alternare settimanalmente acqua dolce con acqua marina sintetica ottenuta sciogliendo 35 g/L di sale in acqua di osmosi. Questo sbalzo settimanale di salinità era finalizzato a simulare, sia pur parzialmente, il flusso e il reflusso della marea che in natura regolano vita e riproduzione dei granchi violinisti. I miei animali ne hanno beneficiato, dato che sono rimasti sempre attivi e in forma. Ritengo inoltre i cambi d’acqua settimanali fondamentali per il benessere e la riproduzione di questi granchi, dato che sporcano molto e che il volume d’acqua a disposizione è limitato dal basso livello impostato. Inoltre, non dimentichiamo che in natura hanno a disposizione sempre acqua “nuova” portata dalle piogge o dalla marea, quindi ritengo che l’igiene, nei limiti del possibile, debba essere impeccabile. A vasca matura e a regime, i valori dell’acqua erano: pH circa 7.5, GH > 10, Nitriti assenti, Nitrati vicini allo zero, T e salinità variabili a seconda della stagione (T) e della settimana (salinità). Soprattutto la durezza totale è molto importante, non deve scendere sotto 10 altrimenti i granchi hanno dei problemi con la muta. Il gruppo riproduttivo:
Una volta impostato l’arredamento e fatta maturare la vasca, sono passato all’inserimento degli animali: 2 maschi e 4 femmine. Ho sbilanciato il rapporto maschi-femmine a favore delle femmine perchè, trattandosi di una specie poligama, temevo che le femmine sarebbero state oltremodo stressate se in minoranza rispetto ai maschi. Non ho però voluto mettere un solo maschio perchè volevo comunque godermi le loro stupende parate territoriali che si verificano quando due maschi decidono di sfidarsi. Posso quindi dire con sicurezza, dopo la mia esperienza, che il rapporto ideale maschi-femmine è di 1:2.
Si tratta di granchi molto tolleranti, che difficilmente o mai si aggrediscono, anzi, specie le femmine sono particolarmente socievoli verso le compagne, purchè vengano sempre rispettate le distanze di sicurezza tra gli esemplari. Ovviamente, tutto ciò viene meno durante il periodo della muta, quando il cannibalismo è la regola. Per evitare perdite, è fondamentale predisporre almeno un nascondiglio per ogni esemplare (nel mo caso, 6); non dimentichiamo infatti che in natura la muta avviene al sicuro nella profonda galleria scavata nel fango, mentre in acquario ciò può risultare complicato e l’animale fresco di muta può trovarsi indifeso se non ha una grotta o un’anfora dove nascondersi. Nella foto seguente si può vedere come si presenta un maschio di Uca burgersi: In questa immagine invece una femmina, vicino a un maschio per confrontarne dimensioni e differenze morfologiche: L’alimentazione dei riproduttori:
L’alimentazione dei granchi violinisti per garantirne salute e colori vivaci, oltre che una buona riproduzione, non può comprendere solo mangime secco o pastiglie per pesci di fondo, che ritengo essere al più una integrazione: deve essere varia e abbondante, e bilanciata. Io ho sempre fornito sia sostanza vegetale (insalate varie ben lavate, frutta molto matura, pomodori, carote bollite, fagiolini bolliti, zucchine bollite, fiori di ibisco), sia proteine animali, importanti soprattutto per le femmine ovigere (pezzetti di altterino con lisca, pezzetti di gamberetto di laguna muniti anche di esoscheletro, cavallette, lombrichi, polpa di cozza, pezzetti di petto di pollo, ), in maniera da fornire loro una alimentazione varia e bilanciata. RAccomando di lavare bene i vegetali per asportare i residui di fitofarmaci, e di utilizzare alimenti animali freschi o surgelati in sicurezza. La frequenza di somministrazione ideale secondo me è quotidiana, una volta al giorno. Gli animali in muta mangeranno via via di meno fino a cessare del tutto al momento della muta vera e propria.
La riproduzione:
Se gli animali sono ben gestiti, non tarderanno ad accoppiarsi. La disponibilità sessuale delle femmine è sottolineata da un aumento dell’intensità di colorazione, che in Uca burgersi si traduce in un aumento delle tonalità rosse. In questa foto è possibile vedere la differenza tra una femmina ricettiva (a destra) e una non ricettiva perchè già ovigera (sinistra): In risposta a questi stimoli visivi (e forse anche a feromoni femminili) il maschio inizia a “danzare”, sia di fronte alla tana che spostandosi lentamente verso la femmina prescelta. Una volta avvenuto il contatto, il maschio inizia a sfiorare delicatamente il corpo della partner con le zampe, accarezzandola; se lei si mostra disponibile, allora avviene l’accoppiamento vero e proprio, della durata di pochi minuti, durante il quale i riproduttori si pongono l’uno di fronte all’altro.
Nella sequenza di immagini che segue è mostrata, purtroppo in maniera parziale, la “danza” rituale del maschio: A volte il maschio semplicemente aspetta il passaggio della femmina di fronte alla sua tana: Altre volte invece segue la femmina: Se invece due maschi in eccitazione si incontrano, ne nasce una lotta ritualizzata: prima mostrano la chela ipertrofica (se uno dei due è meno dotato, fugge via), poi le incrociano iniziando a spintonarsi reciprocamente, per valutare la propria forza. il perdente si ritira e fugge. Ecco infine l’accoppiamento: La deposizione delle uova:
Dopo circa 10 – 15 giorni dall’accoppiamento, la femmina si rinchiude in una tana all’asciutto, chiudendo tutte le uscite con la ghiaia; quando esce, porta sotto l’addome migliaia di uova di colore marrone-rossiccio, che periodicamente bagna e ossigena, pulendole delicatamente con le chele. In circa tre settimane, le uova passano dal marrone-rossiccio al grigio, e appaiono sempre più “infeltrite”, segno che sono prossime alla schiusa (come si può notare nella foto seguente). Durante la notte, la femmina rilascia in acqua migliaia di piccole larve planctoniche (zoee), lunghe circa 1 mm. La stessa femmina depone regolarmente a distanza di circa un mese-mese e mezzo dall’ultimo rilascio di larve. E’ presente una stagionalità in Uca burgersi, dato che le mie femmine hanno deposto solo durante l’inverno, da dicembre a aprile, per due anni consecutivi. Durante una stagione quindi ogni femmina ha deposto circa 3 – 4 volte. Trucchi per stimolare la riproduzione:
Per stimolare la riproduzione è utile riprodurre dei cicli stagionali in cattività, come ho avuto modo di provare. Nella mia esperienza, si è rivelato utile intervenire sulla temperatura (28°C in estate, 24°C in inverno) e sul fotoperiodo (8 ore in autunno-inverno, aumentando gradualmente a 12 ore partendo da marzo, arrivando al fotoperiodo pieno in luglio e cominciandolo a diminuire nuovamente a partire dai primi di agosto). Allevamento delle larve:
Qui purtroppo la mia esperienza si è scontrata con difficoltà insormontabili nel periodo 2004 – 2006. Le zoee infatti sono planctoniche e si alimentano con cibo microscopico, come fitoplancton e rotiferi, fino a quando attraverso varie metamorfosi non arrivano allo stadio di megalopa, nel quale iniziano ad alimentarsi di naupli di artemia. Non ho idea di quanto sia lungo il ciclo di sviluppo completo, dato che ho sempre perso tutte le larve allo stadio di zoea, per la difficoltà di procurarmi plancton vivo e per problemi legati alla qualità dell’acqua. Forte comunque di successivi approfondimenti, posso comunque tirare le somme.
Per l’accrescimento serve una vaschetta di capacità almeno pari a 15 – 20 litri, da accessoriare con un termoriscaldatore impostato a 24°C e un aeratore che emetta una corrente debolissima (ho perso molte covate per problemi nella regolazione del flusso di bolle), magari attraverso una porosa di legno. L’acqua deve essere fortemente salmastra, con una densità attorno a 1. 018, e restare costante dato che le larve sono molto meno eurialine degli adulti. Se tenute a densità inferiore, nel giro di una settimana muoiono tutte. L’alimentazione deve appunto includere rotiferi e fitoplancton almeno fino a quando non è avvenuta la metamorfosi in megalopa; la quantità di cibo ideale mi è tuttora sconosciuta, ma suppongo che, trattandosi di animali molto lenti, l’acqua debba assumere un colore leggermente verdolino quando si dà fitoplanton, e anche i rotiferi debbano essere abbondanti. Quando compaiono le prime megalope, si può passare ai naupli di artemia, continuando comunque anche con rotiferi e fitoplancton almeno fino a quando la maggior parte delle zoee ha metamorfosato. Via via si può provare a fornire anche un pappone di mangime in scaglie sciolto in un bicchiere di acqua della vaschetta. Leggendo in rete esperienze di riproduzione di altri granchi delle mangrovie (Sesarmidi), di taglia e abitudini simili, si può approssimare una durata del ciclo larvale di circa 140 giorni, passati i quali compaiono i primi granchiolini lunghi pochi millimetri. La resa di una riproduzione pare comunque essere molto bassa. Il mio problema più grande oltre all’alimentazione è stato il mantenimento di una buon qualità dell’acqua, dato che tutti i mangimi da me elencati sono piuttosto inquinanti. Quatidiani cambi parziali con acqua alla stessa densità, nella misura del 20 – 30%, credo siano indispensabili. Concludo questo articolo dicendo che, sebbene la riproduzione di Uca burgersi sia ancora difficile da portare a un vero compimento, consiglio a tutti di provare ad allevarlo, perchè lo spettacolo offerto dai giochi amorosi e dalla deposizione delle uova è molto affascinante e originale. Non escludo di cimentarmi in futuro di nuovo con l’allevamento di questi granchi, nella speranza di riuscire a mettere a punto un esauriente protocollo di riproduzione in cattività |