La riproduzione dei Discus è il sogno accarezzato da molti acquarioflii, che però ben difficilmente si cimentano in un’impresa considerata molto impegnativa e con risultati quasi sempre negativi. Ma oggi non è più così: nuove conoscenze hanno reso la riproduzione di questi pesci alla portata di tutti. Due specialisti ci rivelano i risultati del loro lavoro di trent’anni i cui risultati sono estremamente positivi. Il Discus è il re dei pesci d’acqua dolce. Si è scritto e detto molto sul suo allevamento e sulla sua riproduzione, tanto da poter affermare che oggigiorno sia quasi alla portata di tutti. Nonostante ciò restano ancora molti misteri (o per lo meno così sono ritenuti da molti) sulla sua riproduzione. Un acquariofilo attento e preparato è in grado di riprodurre questo pesce in poco tempo, a fronte di annosi e ripetuti tentativi che si sono dovuti affrontare in passato. Le difficoltà incontrate derivavano sia dalla quasi assoluta carenza di letteratura specifica, sia da una discutibile reticenza da parte di coloro che “sapevano” ma erano gelosi dei loro “segreti” e, anche, dalla ingenerosa fama conquistata da questo meraviglioso pesce, considerato ingiustamente delicato e di difficile mantenimento. Oggi è veramente semplice e divertente veder sciamare nelle nostre vasche centinaia di avannotti intenti a brucare avidamente il muco parentale.
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Vasca spoglia e acqua di qualitàE’ possibile ottenere la riproduzione del Discus anche in vasche “arredate”, ma destinate esclusivamente a loro, avendo però l’accortezza di assicurare un’ottima qualità d’acqua. E se si vogliono avere maggiori probabilità di successo è indispensabile – questa e la nostra personale esperienza maturata in quasi trent’anni di attività – riservare ad essi vasche di adeguate dimensioni (70x60x50 cm) prive d’arredamento e materiale di fondo. Il sistema filtrante più idoneo, da noi sperimentato, è risultato quello costituito da un filtro biologico interno di 15 cm di larghezza a 4 scomparti. Questa strutturazione del filtro assicura un flusso dell’acqua moderatamente forzato in modo da permettere alla flora batterica di svolgere egregiamente e completamente il processo di nitrificazione. Determinante, a tal fine, è l’altezza dal fondo della vasca della seconda e della quarta paratia, da noi sperimentata nella misura di 7 cm. Nell’ultimo scomparto, ovviamente, è sistemata una pompa centrifuga di capacità tale da movimentare il volume netto d’acqua per circa due volte in 1 ora. Importante è la sistemazione del tubo di gomma in uscita dal filtro, connesso alla pompa centrifuga, che deve essere collocato al di sopra della superficie dell’acqua, in modo tale da creare un getto a cascata. In questo modo si determina una buona ossigenazione dell’acqua senza dover ricorrere allo specifico aeratore, ottenendo altresì una turbolenza che elimina eventuali patine superficiali. Tutto ciò nel rispetto di uno dei fondamentali principi d’acquaristica in base al quale l’acqua si ossigena in superficie. Da tener presente che questo espediente non deve essere attuato qualora si disponga di acquari con folta vegetazione, poichè si favorirebbe una perdita eccessiva di CO2 naturale alimento delle piante stesse ed indispensabile tampone del valore di pH. Come detto in precedenza, la vasca deve essere assolutamente spoglia e priva soprattutto di ghiaietto di fondo. Questa condizione consente di controllare istantaneamente la “situazione” interna, soprattutto in presenza di schiuse numerose, facilitando così il compito dei genitori, che non perdono di vista nessuno dei piccoli avannotti. Inoltre è semplificato il quotidiano sifonamento del fondo, che oltre ad asportare avanzi di cibo e feci, fortemente inquinanti, elimina un’altissima percentuale di agenti patogeni, siano essi miceti, protozoi o batteri. Questa operazione è particolarmente importante in vasche con acqua acida, in altre parole con pH compreso tra 5,5 e 6,2. Vasche così disadorne certamente non sono belle a vedersi, ma esaltano le caratteristiche di questi pesci, soprattutto nella delicata fase riproduttiva. Perfino i colori sono importantiPer garantire alla coppia un ambiente più confortevole e tranquillo sono stati condotti esperimenti circa le colorazioni delle pareti e del fondo vasca. Il lavoro è risultato lungo nel tempo e difficoltoso nella sue diverse fasi. I migliori risultati sono stati ottenuti impiegando i colori giallo canarino e verde bandiera, prediligendo il giallo per le pareti e il verde per il fondo. Le ricerche condotte miravano a trovare un felice compromesso di fattori tra loro contrastanti quali: influenza della luce dell’ambiente, sia artificiale sia naturale, eccessiva illuminazione della vasca e incidenza di questi fattori sia sulla superficie dell’acqua, se la vasca è scoperta, sia sul vetro frontale. Alla fine – ma la sperimentazione non è conclusa – si è giunti a ritenere di aver fatto davvero un grosso passo avanti in tal senso. I pesci manifestano colori smaglianti, assoluta tranquillità di comportamento ed ottima salute, mettendo in mostra livree prive delle bande verticali che segnalano disagio.
Parliamo ora dell’acqua:Si tratta di un elemento molto importante che è stato sempre oggetto d’interesse sia da parte degli “addetti ai lavori”, sia da parte di appassionati acquariofili. Innanzi tutto è indispensabile disporre di un’apparecchiatura per la depurazione dell’acqua del tipo ad osmosi inversa, che fornisca un “permeato” con valori di pH compresi tra 5,5 e 5,8 e di mS (microsiemens) compresi tra 10 e 30. Tali valori, ovviamente, non sono fissi, ma variano in modo direttamente proporzionale alla qualità dell’acqua di rubinetto. Mediamente si ottiene un abbattimento delle sostanze presenti nell’acqua pari all’80-90%. Unica attenzione è quella di inviare in circuito acqua a temperatura ambiente, in quanto le membrane di tipo TFC sono sensibili a temperature superiori e si possono quindi deteriorare. Quest’acqua, però, non può essere somministrata ai pesci in valore assoluto, ma deve essere miscelata con acqua di rete preventivamente filtrata con carbone attivo e con un prefiltro in polipropilene da 5m (micron). La percentuale tra acqua pura (così sarà indicato d’ora in avanti il permeato osmotico) ed acqua prefiltrata di rete dovrebbe essere così differenziata: – per la riproduzione: mediamente 80% di acqua pura e 20% di acqua prefiltrata, in modo tale da ottenere un valore finale di 70-90 mS e 5,8-6,2 di pH. Importanti sono questi due ultimi valori e non la percentuale citata, in quanto quest’ultima è condizionata dalla qualità dell’acqua di rete, che varia da zona a zona e nella stessa città da quartiere a quartiere, nonchè da fascia oraria a fascia oraria. – per l’allevamento e l’accrescimento, la percentuale si inverte letteralmente, in quanto i giovani Discus si sviluppano molto più rapidamente con valori basici di pH e con mS compresi tra 300 e 450. In tale acqua i pesci trovano tutti i sali minerali di cui abbisognano, anche se è opportuno aggiungere, un paio di volte al mese, degli oligoelementi.
Funzione della torba e del biocondizionatoreSe si vogliono poi ottenere risultati migliori nella riproduzione, si deve stoccare l’acqua in un contenitore collegato ad un filtro esterno a canestro “caricato” esclusivamente con torba di ottima qualità. La tipica colorazione ambrata di una siffatta acqua garantisce la presenza di acidi umici, sostanze tanniche e colloidali, che proteggono la cute e gli opercoli branchiali, oltre che creare un ambiente molto prossimo al biotopo naturale e ottimale per la tranquillità della coppia (l’ambratura dell’acqua tra l’altro attenua i riflessi che l’incidenza della luce crea nell’acqua stessa, oltre a mantenere stabili più a lungo le sostanze benefiche disciolte). Si ritiene quindi opportuno evidenziare che il trattamento con torba è indispensabile in carenza di un impianto ad osmosi inversa, poichè riduce la durezza di circa il 30-35%, portando il pH verso valori notevolmente acidi, pur non incidendo sostanzialmente sulle sostanze tossiche, comunque presenti nell’acqua. Nelle nostre esperienze dirette abbiamo realizzato un impianto per il trattamento e lo stoccaggio dell’acqua. Non è azzardato affermare che l’acqua che sgorga dai nostri rubinetti non possiede i giusti requisiti per una buona e lunga sopravvivenza dei pesci, non fosse altro per la frequente presenza del cloro, che irrita le mucose e sbiadisce i colori della livrea. A ciò, com’è noto, si può ovviare utilizzando un buon biocondizionatore, che abbatte il cloro e lega i metalli pesanti. Tuttavia, le altre sostanze presenti nell’acqua di rete (come ad esempio i nitrati), sebbene nei limiti di tolleranza previsti dalla legge per l’uomo, spesso sono eccessive per i nostri pesci. Torniamo alla riproduzione, che è certamente l’aspetto più affascinante dell’allevamento del Discus. Spesso la maggiore difficoltà che s’incontra è quella di procurarsi una “buona” coppia di riproduttori, provenienti da ceppi di sicuro e collaudato affidamento. Frequentemente gli appassionati che si cimentano nella riproduzione di questi pesci lamentano problemi di vario ordine, quali per esempio la mancata deposizione e/o schiusa delle uova, o ammuffimento delle stesse. Ricorrenti sono poi gli “eater eggs”, cioè i riproduttori che mangiano le uova. Molti di questi problemi sono facilmente risolvibili curando la qualità dell’acqua e garantendo ai riproduttori un ambiente esterno tranquillo e non in piena luce. Per intenderci: la vasca non deve essere posta in zone di frequente passaggio, come potrebbe essere un soggiorno o un salotto o peggio ancora un ingresso. Queste condizioni possono portare ad una disarmonia della coppia, poichè i Discus, che sono pesci facilmente “spaventabili”, possono innervosirsi al punto da far decadere il desiderio all’accoppiamento. La riprova di ciò è, per esempio, il completo disinteresse del maschio quando la femmina depone le uova. Conseguenza immediata e logica è la successiva scomparsa delle stesse, divorate prevalentemente dal maschio, che non avendole fecondate non le riconosce come appartenenti alla coppia. Se quest’inconveniente dovesse ripetersi più volte, i riproduttori possono prendere l’abitudine a distruggere la deposizione, diventando di fatto mangiatori d’uova, anche se una corrente di pensiero, che noi condividiamo, ritiene che gli “eater eggs” portino questo difetto nella memoria genetica. A questo punto è preferibile scindere la coppia, provando ad abbinare alla femmina un altro maschio sessualmente maturo e pronto per la riproduzione. Talvolta questi tentativi vanno ripetuti più volte e ciò può comportare scoraggiamento da parte dell’appassionato e quindi la rinuncia a questa meravigliose esperienza. L a pratica acquisita porta ad incoraggiare ed a spronare soprattutto i neofiti, nella certezza che la costanza premierà l’impegno ed il tempo speso, perchè il successo certamente coronerà l’impresa. Un pastone a base di cuore di vitelloPiù volte c’è capitato di dover attendere uno o due anni prima di veder “tremolare” le larve attaccate al substrato di deposizione e successivamente nutrirsi sul corpo dei genitori. Queste schiuse sono sempre state le più belle soddisfazioni da noi vissute in tanti anni di dedizione a questa specie. Se non si dispone d’altri soggetti per sostituire 1′ “eater eggs”, un sistema rudimentale, ma efficace, è quello di coprirle con una rete in acciaio inox a maglie sottili, appena avvenuta la deposizione. Adottando quest’accorgimento, molto spesso si è potuto osservare che nella coppia si sviluppa un maggiore istinto parentale che la porta ad accudire amorevolmente le larve. Nelle deposizioni successive spesso non si presenterà più questo problema, poichè la coppia ha acquisito l’esperienza e la maturità necessarie per la loro opera di genitori. Altro inconveniente, molto ricorrente, è la mancata fecondazione delle uova nonostante l’intensa partecipazione del maschio all’accoppiamento. Ciò certamente è dovuto a singoli o concomitanti fattori quali: la giovane età del maschio o la sua infertilità, la scadente qualità dell’acqua (per eccessivo carico di sostanza organica, nitrati elevati, ecc.) o il non corretto bilanciamento ionico tra l’interno dell’uovo e l’acqua circostante, che porta all’implosione o all’esplosione dello stesso. Un altro fattore da non trascurare è il tipo d’alimentazione somministrata ai giovani Discus, in particolare nella delicata fase di separazione dai genitori. In questa circostanza i Discus sono assai voraci, in quanto il loro metabolismo è molto accelerato e quindi hanno bisogno di mangiare frequentemente (in media una volta ogni 2-3 ore).
Per questa ragione è ormai diventata consuetudine fornire loro un “pastone” a base di cuore di bue, anche se il Discus è risultato, da ricerche di laboratorio, un pesce prevalentemente vegetariano; infatti, l’esame nutrizionale del contenuto intestinale di soggetti appena catturati in natura ha evidenziato la presenza prevalente di sostanza vegetale, mentre quella animale era appena evidente e segnatamente riferita a sostanza proveniente da animali a sangue freddo (larve d’insetti di vario tipo, nematodi, chiocciole, ecc.). All’impiego del cuore di bue riteniamo quindi sia preferibile l’uso di cuore di vitello giovane, una carne bianca meno ricca di sostanze ormonali (solitamente estrogeni), che a lungo andare possono risultare gravemente lesive per le funzioni riproduttive, al punto da rendere totalmente o parzialmente sterili i futuri riproduttori. Strisce di plexiglas al posto del conoSpesso si assiste al fenomeno del rapido e progressivo imbiancamento e/o ammuffimento delle uova, che talvolta si verifica anche a poche ore dalla schiusa (generalmente questa avviene 52-54 ore dopo la deposizione, condizionata comunque dalla temperatura dell’acqua che dev’essere compresa tra i 28 e i 30° C). Tali sfortunati eventi sono dovuti, generalmente, a un eccessivo carico batterico e/o micotico dell’acqua, a un substrato di deposizione non perfettamente pulito dai riproduttori, o alla presenza d’organismi prodotti dalla decomposizione della sostanza organica, non solo batteri, ma anche protozoi e piccoli nematodi. Questi organismi possono sfuggire all’amorevole vigilanza dei riproduttori ed attaccare l’uovo, procurandone il suo deterioramento. Per questo motivo, e per favorire la vigilanza della coppia, si è giunti alla determinazione (ma si tratta comunque di esperienze personali) di non utilizzare il classico cono da deposizione largamente impiegato negli allevamenti tedeschi, olandesi e del sud est asiatico, e abbiamo invece sperimentato con successo l’impiego di strisce di plexiglas ricoperte da plastica adesiva di colore verde pisello (vedi foto). Si è scartato il cono di argilla in quanto, per la sua porosit? (nonostante sterilizzazione preventiva) può favorire l’insediamento di diversi organismi patogeni, che possono sfuggire alla pur intensa e meticolosa azione di pulizia condotta dai riproduttori nelle fasi preliminari della deposizione. Questo inconveniente non si è ravvisato invece utilizzando la citata striscia, poichè le caratteristiche dei materiali adottati, che presentano una struttura decisamente più omogenea e compatta, favoriscono l’azione di pulizia da parte dei riproduttori.
La scelta del colore e dell’alimentazioneParticolare molto importante è il posizionamento della predetta striscia che dev’essere collocata in un punto della vasca gradito ai riproduttori, normalmente scelto in una zona di non eccessiva turbolenza dell’acqua. La fecondazione avviene, com’è noto, per contatto dello sperma con l’uovo. Si tratta perciò di una fase delicatissima e quasi istantanea, che può essere invalidata da un movimento eccessivo dell’acqua, che può dilavare il liquido seminale. La scelta del colore verde per la suddetta striscia è il frutto di lunghe sperimentazioni per comprendere l’indice di gradimento dei pesci. Si è passati dal colore mattone, al giallo, all’azzurro ed al grigio, ma il verde è risultato particolarmente accettato e prescelto tra le diverse colorazioni. Questo fattore è fondamentale per la futura attività riproduttiva dei pesci e costituisce uno dei “segreti” dell’attività professionale degli allevatori. Molte sono le “ricette” di pastoni comparse nella let-teratura specializzata, molto simili tra loro, ma è ipotizzabile che ogni allevatore possa averne rivelata una parte, riservando per sè alcuni dei costituenti fondamentali. Questo dubbio, ci sia consentito, deriva dalle esperienze maturate nei primissimi anni dell’allevamento di questa specie, pur riconoscendo che allora si era solo all’inizio della riproduzione su larga scala del Discus e peraltro appannaggio di una ristretta ” élite”. Si potevano osservare esemplari stupendi per la struttura e smaglianti per i colori presso allevatori ai quali ci si rivolgeva con la segreta speranza di ricevere qualche informazione sull’alimentazione, ma da nessuno di loro fu possibile avere la cosiddetta “ricetta magica”, se non qualche parziale e scarna notizia. Eppure ai pesci si somministrava con generosità la svariata e migliore alimentazione reperibile allora in commercio. Malgrado ciò, quei pochi piccoli Discus che si aveva la fortuna di allevare crescevano molto lentamente e, una volta adulti, manifestavano chiari segni di rachitismo e/o malformazioni. Indubbiamente ciò era dovuto ad un’alimentazione carente di principi nutritivi e scarsamente variata nella sua formulazione. Sulla base di questo convincimento, si iniziò un lungo periodo di sperimentazione e di formulazione di un “menù” ad hoc, che nel tempo, con i dovuti e necessari adeguamenti, fornì risultati decisamente incoraggianti. Si era intrapresa, finalmente, la strada giusta. Prima di elencare gli ingredienti della formulazione messa a punto, si ritiene opportuno richiamare il concetto dinanzi espresso che il Discus è un pesce il cui apparato gastroenterico è strutturato per digerire prevalentemente invertebrati e sostanze vegetali, quindi assimila poco e a fatica le sostanze provenienti dal regno animale a sangue caldo. E’ vero che il cuore di bue può essere sostituito con il pesce, ma si tratta di operare una scelta, tra i due componenti essenziali, caratterizzata esclusivamente da fattori economici. La nostra formulazione considera come elemento base il cuore di vitello a carni bianche, cioè appartenente ad animali alimentati per tutta la loro vita con latte. Le loro carni sono prelibate poichè prive di ferro, ma tale mancanza dev’essere compensata con l’aggiunta d’altre sostanze nutritive (per la ricetta vedere il box sottostante).
Lo svezzamento dei piccoliè certamente la fase più critica ed impegnativa di tutta la riproduzione. Questa comporta una meticolosa osservazione dei riproduttori relativamente alla formazione del muco parentale. In talune varietà essa si manifesta con l’ispessimento e lo “scurimento” della livrea dei genitori, in altre varietà questo cambiamento si verifica, ma non è visibile, creando non poche difficoltà all’allevatore. In quest’ultimo caso, però, le difficoltà maggiori le incontrano le larve che, nella critica fase di distacco dal substrato di schiusa, non ricercano prontamente il corpo dei genitori, sparpagliandosi per l’intera vasca alla ricerca di qualsiasi oggetto scuro.
Il tappo di chiusura del termoriscaldatore diventa il più delle volte la loro meta preferita, ma, ahimè, senza nutrimento! Malgrado la frenetica azione di ricerca e di raccolta messa in atto dai premurosi genitori, che continuano a ributtarseli alternativamente sui propri corpi, queste piccole larve, il più delle volte, sono destinate a soccombere. L’allevatore a questo punto non ha altra scelta che quella di trasferire le piccole larve su un’altra coppia che fungerà da balia e che alleverà senza problemi la propria prole e quella acquisita. La fase successiva, che orientativamente va dal decimo al trentesimo giorno di vita, comporta la somministrazione di naupli di artemia, dosandoli in maniera tale da ridurre al minimo il rischio di maggior inquinamento dell’acqua. E’ risaputo che l’artemia è un nutrimento molto ricco di sostanza organica, che però si deteriora dopo qualche ora. Per evitare ciò è opportuno somministrare i naupli in piccole dosi, ma distribuite frequentemente nel tempo (una somministrazione ogni due ore circa, limitatamente all’arco diurno), asportando prontamente dal fondo della vasca la parte non utilizzata. In questo modo si ottiene anche il risultato di cambiare a piccole quantità l’acqua della vasca, evitando i dannosi cambi abbondanti.
A mano a mano che i piccoli avannotti crescono (raddoppiando la propria taglia nei primi giorni di nuoto libero), bisognerà incominciare a somministrare anche il pastoncino omogeneizzato citato in precedenza. Anche in questo caso la parsimonia è quanto mai necessaria per non dover operare sifonature del fondo vasca ancora più frequenti di quelle già previste. Allorchè i piccoli Discus avranno raggiunto la taglia di 1,5 cm (coda compresa) potranno essere separati dai genitori e trasferiti in vasche con il maggiore volume d’acqua possibile e con caratteristiche chimico-fisiche pressochè identiche a quelle della vasca di provenienza. Tale taglia viene raggiunta dagli avannotti in circa 50-60 giorni. In questo periodo trascorso con i genitori essi avranno modo di acquisire le abitudini alimentari, apprendere i comportamenti di coppia e rafforzare quella che è definita “memoria genetica”, che tornerà loro utile allorchè saranno a loro volta avviati alla riproduzione. Questo articolo è stato pubblicato sul numero 16 – gennaio 2000 della rivista “il mio acquario” il quale ha concesso tale ripubblicazione. S. Saulle e A. Solenne |
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