L’Acquario di Napoli è l’unico esempio al mondo di acquario ottocentesco. Tra i primi in Europa,fu aperto il 12 gennaio1874 su iniziativa del naturalista tedesco Anton Dohrn, che da molti anni andava accarezzando l’idea di realizzare lungo le coste del Mediterraneo un istituto per lo studio della fauna marina dove verificare le teorie darwiniane. Dohrn era infatti convinto che il suo progetto avrebbe potuto realizzarsi se accanto al centro di ricerca fosse stato costituito un’acquario pubblico. In questo modo i profitti economici di quella che era considerata la più grande novità del secolo, avrebbe coperto le spese dei laboratori scientifici. L’Acquario della stazione Zoologica “Anton Dohrn”, in più di un secolo di vita ha dato la possibilità a tutti di osservare da vicino la varietà della flora e della fauna del Golfo di Napoli. Un patrimonio naturalistico che nonostante l’incidenza dell’inquinamento, rappresenta ancora una delle arre del Mediterraneo più ricche di forme viventi. Perchè un acquario a Napoli?Fin dal 1867, il naturalista tedesco Anton Dohrn, sostenitore delle nuove teorie darwiniane, andava accarezzando l’idea di realizzare vicino al mare un’istituto per lo studio della biologia marina. Interessato più agli aspetti biologici degli animali che a quelli anatomomorfologici, aveva in prima persona, durante alcuni soggiorni di studio lungo le coste del Mediterraneo, avvertito l’esigenza di una struttura che gli consentisse di mantenere in vita gli animali appena pescati. Infatti, quando nel 1868 si recò a Messina per studiare la rinomata ricchezza di flora e di fauna di quel mare, portò con se un’insolita attrezzatura: un acquario portatile. Soddisfatto dei risultati scientifici ottenuti con l’ausilio di questo marchingegno, pensò di costruire parecchi acquari e di tenerli tutti insieme un’accanto all’altro, in una casetta vicino la mare, lasciandoli a disposizione di altri biologi marini. Fu così che nacque l’idea di dare vita ad un acquario pubblico come parte integrante della Stazione Zoologica. La nascita dell’acquarioImmutato rispetto al passato, è un documento storico, unica testimonianza al mondo di acquario ottocentesco. Rispetto ai grandi acquari europei ed americani, grandiosi e spettacolari, quello di Napoli appare sobrio, quasi austero. In realtà esso riflettendo il gusto dell’epoca nelle sue strutture architettoniche e nei criteri d’esposizione degli animali, è solo “diverso”dagli altri, e perciò unico ed inimitabile. Fu aperto al pubblico il 12 gennaio 1874, quando simili strutture cominciavano appena a comparire in Europa. Solo nella seconda metà del secolo scorso, infatti, grazie alla nuova intesa intellettuale stabilitasi tra naturalisti e chimici fisiologici, era stato trovato il sistema per mantenere a lungo in cattività gli organismi marini. Inoltre, alcuni eventi al di fuori del mondo scientifico, quali l’abolizione della pesante tassa sul vetro e l’espansione del sistema ferroviario, contribuirono a generare verso gli acquari un sempre maggiore interesse. La progettazionePer la progettazione fu dato incarico ad Alford Lloyd, un ingegnere inglese che aveva acquisito una notevole fama come consulente d’acquari, per avere messo a punto, nel suo negozio di Portland ad un sistema di circolazione che permetteva di mantenere a lungo gli animali in vasca senza dove ricambiare l’acqua. Per l’Acquario di Napoli, Lloyd scelse un sistema di circolazione che, data la particolare ubicazione dell’edificio sulla costa, permetteva di pompare nei serbatoi, senza alcuna preventiva filtrazione, nuova acqua di mare. Il tipo di circolazione fu dunque “semiaperto”ed ebbe subito un successo straordinario, tanto che venne “copiato” da molti altri acqua ricostruiti più tardi, come quello di Monaco di Montecarlo. L’Acquario di Napoli era ed è ancora di tipo semi chiuso. Da due grossi bacini posti nel sottosuolo, l’acqua viene pompata nelle vasche e da queste ritorna poi ai bacini. Durante il percorso circa 1/3 dell’acqua viene sostituito, prima di essere messa in circolazione. La strutturaLe 23 vasche di esposizione, la cui capacità varia da 250 a 69.000 litri, sono allestiti con pietre vulcaniche naturali ed illuminate in gran parte dall’alto da luce naturale. Gli animali esposti provengono tutti dal Golfo di Napoli che, nonostante l’incidenza dell’inquinamento è ancora una delle aree più ricche di forme viventi. Il popolamento è costituito sia da specie comuni, la cui acclimatazione in mezzo confinato non genera eccessivi problemi (carianti, crostacei, molti pesci),sia da specie “delicate” che di regola non sopportano a lungo la cattività (meduse, calamari, alcuni pesci). La presenza in Acquario di queste ultime è dovuta alla quotidiana opera attenta e scrupolosa di personale altamente specializzato ed alla vicinanza del mare che consente un rapido trasporto ed un sollecito ricambio. Accanto alle specie più comuni di pesci (spigole, orate, marvizzi vari ecc.), ve ne sono alcun’interessanti perchè considerate in via di rarefazione (ombrine, dentici, cernie, triglie). Quasi tutte le classi d’invertebrati vi sono rappresentate, con prevalenza di molluschi, crostacei ed echinodermi. Ma l’Acquario di Napoli non è soltanto un monumento storico o una mostra di animali marini rari o meno rari. Esso è animato e reso attuale da una serie di attività che lo hanno messo al passo con gli acquari più moderni del mondo, nel campo della ricerca, della didattica e della protezione dell’ambiente. Sotto quest’ultimo profilo, oltre all’azione educativa tesa a stimolare in ogni fascia di pubblico una presa di coscienza verso i problemi del degrado ambientale, sul piano concreto l’Acquario collabora alla difesa della natura allevando specie in rarefazione e rilasciando in mare esemplari di specie protette. E’ il caso delle tartarughe marine trovate in difficoltà nel Golfo perchè ammalate, stressate o ferite, che vengono ricoverate, curate e poi rimesse in libertà. Il Re dell’acquario è un calamaroNelle 23 vasche d’esposizione, allestiste con pietre naturali ricche di organismi marini incrostati e illuminate in gran parte da luce naturale,sono presenti quasi tutti i gruppi zoologici presenti nel Mediterraneo. Accanto alle specie più comuni, che ben s’adattano a vivere in cattività, non mancano quelle “delicate”, che di regola non sopportano a lungo la cattività. E’ il caso dei Calamari, vero e proprio vanto dell’ Acquario. Recentemente si è cercato di ricostruire alcune vasche, biotopi particolari del Golfo di Napoli. Su ricostruzioni rocciose trovano ampio riparo gli Scorfani, gli Astrici e l’aragoste. In luoghi meno illuminati, tra grotte e anfratti e qualche bell’anfora di fattura romana, si rifugiano invece le Corvine, Cernie, le Murene e i gronghi. Amanti della penombra e infastidi della luce diurna, questi caratteristici pesci nostrani possono così trovare un ambiente confortevole e ben protetto. E’ stato riprodotto anche l’ambiente corallino con alghe calcaree, gorgonie e colonie di madrepore. Il reportage è stato realizzato da due alunni Lucio Gasparre e Raffaele Ferrigno dell’Istituto Filippo Silvestri Licola di Puzzuoli. Tutoring prof. Roberto Chimenti. |