- 1 Il pesce arciere, un ospite raro nei nostri acquari
- 2 l’habitat naturale del pesce arciere
- 3 I valori dell’acqua
- 4 Habitat casalingo
- 5 Aspetto del pesce arciere
- 6 Acquario o paludario?
- 7 Il pesce arciere è pesce di gruppo
- 8 Tattiche di predazione
- 9 Vedere per credere
- 10 Formazione del getto
- 11 Preferenze alimentari
- 12 Dimenticare la riproduzione in cattività del pesce arciere
Il pesce arciere, un ospite raro nei nostri acquari
Un pesce che non si ammira spesso si ammira negli acquari casalinghi è il Toxotes, anche conosciuto come pesce arciere, che fa parte di una famiglia limitata, costituita da un pugno di specie.
Si conosce tanto di lui, del suo comportamento, ma molto meno delle sue abitudini riproduttive, che restano un mistero sul quale si possono fare solamente delle ipotesi.
Con ogni probabilità è proprio questa carenza di notizie che lo fa tenere lontano dagli acquariofili, giacché per averli nella propria vasca è necessario rivolgersi a esemplari catturati nelle acque d’origine; e questo fatto è estremamente negativo, perché non è raro il caso in cui il pesce soffra terribilmente prima per il cambiamento d’ambiente (dalla libertà alla costrizione in spazi ristretti) e poi per i lunghi trasporti in aereo, per cui può essere talmente debilitato, quando giunge a destinazione, da non superare il malessere e finire per morire.
Inoltre, e non è un elemento da ritenere di poco peso, il pesce diventa discretamente grande; in natura può raggiungere i 30 cm, cosa che è difficile accada in acquario, però i 20 cm li può tranquillamente spuntare, per cui se l’acquariofilo, soprattutto se è esperto, intende inserirlo fra i suoi ospiti, è bene che possegga un acquario abbastanza grande, di una buona capacità volumetrica: dimensioni di almemo 180 x 60 x 60 cm di altezza sono da considerare ottimali.
Se, poi, sempre l’acquariofilo, è un appassionato al quale piace far riprodurre i suoi beniamini, allora a questo punto, si metta l’animo in pace, perché pare proprio che nessuno sia riuscito nell’intento, per cui è opportuno si rivolga a qualche altra specie.
Insomma, questo preambolo per chiarire perché il Toxotes non si trova frequentemente nelle case degli amatori.
l’habitat naturale del pesce arciere
L’ambiente d’origine del pesce arciere si trova nelle acque interne e salmastre dell’Asia sudorientale e delle isole dell’arcipelago malese, oltreché in Asia e Oceania. Il suo ambiente di vita, dove può vivere dai 20 ai 30 anni, è caratterizzato dall’acqua salmastra. Lo si può pescare in diversi biotopi, cioè nei fiumi, nei laghi, negli stagni, ma il suo ideale è il regno delle mangrovie, dove l’acqua salmastra è quella che gli è più congeniale e dove si sposta fra intrichi di piante e, se possibile, mantenendosi nell’ombra. Gli acquariofili, che li allevano in acquari comuni, li riempiono di acqua dolce e, all’apparenza sembra che il Toxotes non ne soffra, ma a lungo andare tende a deperire e sicuramente non raggiunge una “bella” età.
I valori dell’acqua
I valori ideali che ha l’acqua salmastra che il pesce trova in natura, e che è bene mantenere pure in cattività, sono i seguenti:
- temperatura 26-28°C
- pH 7,5-8,5
- DH 20-30
Habitat casalingo
La specie che più spesso si incontra è quella definita Toxotes iaculator (Barded Archerfish per gli inglesi e Pesce Arciere per noi), pesce non adatto ai piccoli acquari, come già accennato, perché le sue dimensioni diventano ragguardevoli e, pur alloggiandolo in un acquario di notevoli dimensioni, è bene che possa spostarsi liberamente in percorsi non troppo limitati, liberi da piante, e in modo che non corra il rischio di sbattere il muso contro le pareti di vetro.
Aspetto del pesce arciere
Dal punto di vista estetico il pesce arciere forse non è definibile bello, però la sua conformazione è caratteristica, tanto da attirare subito l’occhio dell’osservatore. Ha una testa allungata e piatta e il labbro inferiore è maggiormente sviluppato di quello superiore, essendo la mandibola sporgente sulla mascella superiore, facendo orientare la bocca verso l’alto. Gli occhi sono grandi e luminosi, però, contrariamente a quanto si nota solitamente nei pesci, la sua vista è binoculare. Il corpo, ricoperto da piccole squame, nel centro è abbastanza piatto.
Le pinne, dorsale e anale, non sono molto grandi e sono spostate verso la coda del pesce, dove quella caudale è di buone dimensioni.
Come si è detto, si tratta di un pesce non particolarmente vistoso, con una colorazione che il definirla di un bianco sporco tendente al verdastro non lo allontana molto dalla realtà, tuttavia ad allietare l’immagine ci sono sei macchie, più che fasce, di dimensioni alternate (più grandi e più piccole), poste in prossimità del dorso, per raggiungere, alla fine il peduncolo caudale.
Acquario o paludario?
Per quanto riguarda l’allestimento dell’acquario, si può scegliere fra due soluzioni.
La prima prevede di sistemarlo come se si trattasse di un paludario. Ciò sarebbe preferibile per il pesce, perché si troverebbe in un ambiente simile a quello che trova in natura. L’acquario dovrebbe essere riempito di acqua solamente per una parte, con piante galleggianti e radicate che escano all’aria, lasciando quella superiore libera, dove inserire piccoli insetti e moscerini della frutta, che rappresentano una parte importante della dieta del pesce.
La seconda soluzione prevede il riempimento normale dell’acquario, naturalmente utilizzando acqua salmastra, e il corredo formato radici di mangrovie e piante adatte alla natura dell’acqua, lasciando ampi spazi liberi, in cui il pesce possa nuotare senza impedimenti.
Il pesce arciere è pesce di gruppo
Un gruppo di quattro o cinque esemplari è l’ideale per l’acquario, nel quale è sconsigliabile immettere pesci di piccola taglia (Lebistes, per esempio), per evitare il rischio di vederli sparire, mentre, se è veramente grande, pesci di dimensioni maggiori, naturalmente se sono di acqua salmastra, quali Scatophagus, Monodactylus, Etroplus suratensis e altri ancora non hanno problemi di sorta.
Tattiche di predazione
E’ un pesce noto negli acquari europei fin dal XVIII secolo, cioè da quando fu descritto da un Olandese, Giovanni Alberto Schlosser di Amsterdam, che lo trovò diffuso nelle acque costiere e delle foci dei fiumi dell’India orientale. Ciò che attrasse l’attenzione dell’Olandese fu la sua particolare tattica per procurarsi il cibo, tattica che sembra non sia mai stata riscontrata presso altre specie di pesci.
Egli notò che il che il Toxotes , giunto presso la superficie libera dell’acqua, sollevava il capo fuori dalla stessa e, con un getto liquido costituito da poche gocce, colpiva l’incauto insetto fermo su uno stelo o su una foglia di una pianta acquatica, facendolo cadere in acqua, pronto a ghermirlo e divorarlo. Ebbe pur modo di vedere la stessa procedura messa in atto nei confronti di insetti in volo e affermò che, pur con risultati meno significativi, qualche volta il colpo giungeva a segno.
Chiaramente, fu una notizia che suscitò un notevole interesse oltre che presso gli acquariofili anche presso gli ittiologi, pur con reazioni che rasentavano l’incredulità, tanto che scoppiò un’accalorata diatriba accademica. Ma comunque, con la possibilità di osservare esemplari di Toxotes in cattività, ci fu modo di convincersi della veridicità della narrazione: non di fantasia, si era trattato, bensì di pura e semplice realtà, in netto contrasto con il parere di coloro che deridevano lo Schlosser e che blateravano, dicendo che solamente la sua fervida fantasia poteva inventare una simile panzana.
A questo proposito, la storia riporta i nomi di due dei suoi denigratori: si trattava di due studiosi famosi per la loro conoscenza dei pesci orientali e delle loro abitudini.
Questi erano Pieter Blecker e Francis Day, i quali esposero il loro dissenso, contrastando i racconti dello Schlosser, fermi nella loro convinzione che il Toxotes non fosse assolutamente capace di cacciare con quei lanci di minigetti di acqua che gli si attribuivano. Si avviò una disputa verbale a non finire fra coloro che sostenevano che il pesce era in grado di comportarsi come si raccontava e coloro che lo negavano in modo assoluto.
A quei tempi divenne un caso, seppure in tono minore, assimilabile a quello di Bruneri e Canella, che per anni divise l’opinione pubblica nostrana. C’era chi credeva in un senso, chi invece credeva in quello opposto, senza che nessuno recedesse dalla sua posizione. Tira e molla a non finire per diverso tempo, finché qualcuno decise che era ora di farla finita, proponendo di sciogliere l’inghippo in cui gli ittiologi si erano andati a cacciare, procurando Toxotes e verificando sotto gli occhi di tutti quanto di vero fosse nella descrizione.
Così i dissidi furono sedati quando lo zoologo russo Zolotnischy si fece inviare da Singapore un buon numero di Toxotes che ospitò a lungo nelle sue vasche. Ebbene, egli ebbe tutto il tempo per osservare il comportamento dei suoi pesciolini, giungendo alla fine alla conclusione che non solo essi sono in grado di compiere quanto si era loro attribuito, ma che addirittura è l’unica maniera che essi conoscono per procurarsi il cibo, vale a dire facendo cadere in acqua gli insetti che sono appoggiati sullo stelo o su una foglia di una pianta acquatica.
Inoltre il risultato desiderato si ottiene spesso anche quando l’insetto, se è volatile, passa rasente sulla superficie dell’acqua; e non di rado può succedere che, vedendo volare un insetto sopra la superficie dell’acqua, il pesce salti fuori, per catturarlo al volo. Quest’ultima è la ragione per la quale l’acquario deve essere sempre ben coperto.
Vedere per credere
Il russo diede la seguente descrizione del fatto. La tattica seguita è quella di un vero e proprio programma di attacco. Quando il nostro si accorge che un insetto è fermo su un sostegno, si ferma e valuta attentamente e, se si vuole, freddamente (sembra di parlare di un cecchino) la situazione, magari spostandosi lentamente all’indietro, facendo – diciamo in termini umani – i suoi calcoli balistici, tenendo nel dovuto conto che l’angolo di tiro dipende dalla diffrazione dell’acqua; quindi, trovata la posizione ritenuta ideale per sferrare l’attacco, solleva il muso al livello della superficie idrica e spara più gocce in rapida successione.
Se la distanza dal bersaglio non è eccessiva (attorno a un metro o poco più), quasi sempre per lui non c’è scampo: cade ed è immediatamente ingoiato. In qualche caso, si è riscontrato che certi lanci abbiano superato i tre metri. Se il tiro dovesse andare a vuoto, avendo il nostro arciere sbagliato la mira o essendo la distanza troppo grande, lui non si arrabbia e riprova, fino a quando non raggiunge il successo, a meno che la preda, per fatti suoi o per aver inteso il pericolo che ha corso, non abbia lasciato il parcheggio. Sembra interessante fare un confronto fra la distanza di tiro di un pesciolino lungo sulla decina di centimetri e quella corrispondente a quella di un uomo, che è pari ai dieci o ai dodici metri; ma nel caso della distanza di tre metri, questa corrisponde a trenta o trentacinque metri per l’uomo.
Formazione del getto
Può fare piacere comprendere come avvenga il lancio del getto d’acqua. Con la lingua spinta contro il palato, dove si trova una scanalatura, si forma una specie di tubicino lungo il quale, chiudendo di scatto le branchie, l’acqua viene forzatamente espulsa con un getto potente, mentre la punta della lingua dirige il tiro. Talora, se la potenza del getto non è sufficiente a staccare l’insetto dal suo sostegno, può bastare il peso dell’acqua che lo ha colpito.
In definitiva, Sclosser aveva visto bene e raccontato il vero, però onestamente non si possono dare tutti i torti a coloro che, ritenendo il racconto troppo fantasioso, solamente con una dimostrazione pratica si può farlo accettare.
Preferenze alimentari
Il pesce è carnivoro e, se gli è possibile, cattura le sue prede facendole cadere dall’esterno. Ma l’acquario deve essere munito di coperchio, perché non solo i Toxotes, ma anche altri inquilini hanno l’abitudine di eseguire salti, per cui è opportuno non consentire tali forme di esercizi, giacché potrebbero finire ingloriosamente sul pavimento. Pertanto, l’alimentazione di questi pesci avviene con il sacrificio di piccoli pesci o altre creature (insetti, pulci d’acqua, crostacei, chironomus, artemia salina) che i Toxotes, abbandonando il loro livello preferenziale in vicinanza della superficie dell’acqua, vanno a cacciare sul fondo nei grovigli di piante e rocce. In ogni modo non disdegnano i mangimi secchi galleggianti in scaglie.
Dimenticare la riproduzione in cattività del pesce arciere
In merito alla riproduzione, si sa molto poco. E’ convinzione comune, comunque, che l’accoppiamento avvenga in formazioni coralline con la deposizione di molte migliaia di uova (da 20.000 a 150.000, addirittura); poi, che la frotta di avannotti sgusciati si sposti in zone costiere o all’interno, dove l’acqua è meno salata, per tornare nel luogo di nascita una volta adulti.