PremessaIl legame che mi lega all’Africa e per lei al Lago Malawi è strano, per certi versi misterioso ma fortissimo. Una sorta di “richiamo della foresta” che ho sempre sentito poi (altra mia grande passione) il richiamo del mare – e delle sue profondità – fu ancora più forte ed iniziai ad immergermi (con le bombole) con sempre maggior impegno: accumulai immersioni su immersioni arrivando – infine – a salire parecchi scalini nella carriera didattica. Ma il fuoco continuava a covare sotto la cenere … sotto la forma di una equazione abbastanza bislacca ma per me sempre meglio definita: ciclidi (avevo già cominciato ad allevarli) => acqua (dove vivono i ciclidi? In acqua …), acqua =>immersioni (in acqua ci si può immergere) e quindi … BINGO! Immersione coi ciclidi, negli ambienti dove essi vivono. Il tutto rimase a lungo allo stato latente: organizzare un simile viaggio non è come prenotare due settimane alle Maldive, sino ad un certo giorno che non scorderò mai: al convegno AIC di Faenza incontrai Ad Konings ed ebbi modo – fu molto cortese e paziente – di parlare a lungo con lui di questo mio desiderio: con argomentazioni incontrovertibili fece pendere la mia posizione sostanzialmente equanime (Malawi o Tanganica? Per me pari sono, meglio erano …) verso – appunto – il lago Malawi, mi diede anche qualche “dritta” per iniziare a muovermi ma – come sempre – tra il dire ed il fare … E così solo due anni dopo, sotto l’egida di Andreas Spreinat (altro luminare del settore, che organizzava il viaggio cui partecipai), la “cosa” si fece concreta! Era il 1977 (sarei poi tornato laggiù nel 1999): sono passati … dieci anni da quella sera in cui, tra mille perplessità, Stefania ed io ci imbarcammo in direzione Lilongwe (capitale del Malawi), via Londra: a farci compagnia 90 (si, NOVANTA!!!) chili di bagaglio, c’era di tutto: attrezzature subacquee, una “borsa medica” degna di un ospedale militare da campo, macchine fotografiche (le “digitali” erano ancora di la da venire), zanzariere, vestiti di ogni tipo e per ogni evenienza, potabilizzatori d’acqua, antimalarici vari e chi più ne ha più ne metta … Sono trascorsi DIECI anni, ma ancora sento, dentro di me, quel mix di emozione ed esaltazione misto ad una riga – ben celata invero, ma c’era – di paura … In quei giorni è nato un amore (quello che nutro per l’Africa) profondo e struggente che – sebbene non vi torni da tanti anni – resiste (e resisterà!!!) ancora. Ma questa è un’altra storia … Il Lago Malawi: cos’è, dov’è, che cosa “significa” biologicamenteIl lago Malawi (che gli inglesi, e più in generale gli europei, chiamano/chiamavano Nyasa) è il nono lago al mondo per dimensione con lunghezza di 560 Km, larghezza 75 Km, profondità massima 700 metri, anche se da quote molti minori è anossico (ovvero privo di ossigeno) e quindi, di fatto, inadatto ad ospitare forme di vista superiori. Il Lago Malawi è lo specchio d’acqua più meridionale della Rift Valley, quella lunga “spaccatura” della crosta terrestre che partendo dal fiume Giordano, attraversa il Mar Rosso, la Depressione della Dancalia, prosegue “a lato” del Corno d’Africa andando, poi, ad inabissarsi nel canale del Mozambico. Il lago ospita numerosissimi endemismi – oltre 500 specie secondo alcune stime – in particolare fra i pesci, tra cui si segnalano i 49 generi appartenenti alla famiglia dei ciclidi (Cichlidae). Questa comunità in continuo sviluppo vede frequenti aggiunte di nuove specie e/o differenti classificazioni, si tratta di un argomento che appassiona i biologi e gli studiosi in genere ma che – al contraio – “confonde” gli appassionati. Un solo “punto fermo” sembra resistere nel tempo: la bipartizione, assolutamente NON scientifica, in: • M’buna: termine che, in lingua locale significa, “battitori di pietre” con riferimento alla metodologia di assunzione del cibo: sono i ciclidi essenzialmente frequentatori delle zone rocciose, che grattano dalle rocce il substrato fatto di alghe e microrganismi – noto col nome di “Aufwuchs” – di cui si nutrono. • Haps: termine che non ha un vero significato (se non – forse – l’abbreviazione di Haplochromines e/o Haplochrominae) ovvero gli “altri”, un vasto gruppo che comprende, tra gli altri e non solo, tutte specie più o meno di acqua libere, gli psammofili (propri degli ambienti sabbiosi) anche se in questo caso il termine è usato – forse – in maniera impropria e molto ancora. L’evoluzione dei ciclidi del Malawi – come sopra individuati – presenta caratteristiche peculiari tra cui una dinamica esasperata (cui spesso si fa riferimento come “sciame delle specie” o species flock) che ha portato questi pesci, con una radiazione speciativa, a sviluppare frequenti e talvolta vistosi endemismi “intra lacustri” (o “colour morph” per ancora usare un termine anglosassone) sino ad occupare praticamente ogni “nicchia” disponibile sia a livello di habitat che trofico: si contano erbivori, insettivori, piscivori, lepidiofagi e non solo. Ancora a titolo di esempio: Ad Konings ebbe ad identificare, all’interno del solo gruppo degli M’buna, quattro diversi “sottogruppi” in funzione della metodologia di assunzione del cibo e tipologia dello stesso. Il “mio” MalawiI viaggi (1997 e 1999) Il lago Malawi, come detto, è enorme e pur essendoci stato due volte (17 giorni la prima, 15 la seconda) non posso dire di conoscerlo, anzi … posso al massimo dire di aver visitato due aree, significative, dello stesso ma non di più. Vediamo in breve: PRIMO VIAGGIO (1997): arrivo (da Roma, via Londra) a Lilongwe trasferimento in mini-van sino a Nkata-Bay attraversamento notturno del lago (circa cinque ore di traghetto) con arrivo in Tanzania a Mbamba Bay, spostamento finale sino a Chinula, che è stato il nostro “campo base”. Tra le località visitate Hongi Island (con ripetute immersioni, incluso l’incontro col coccodrillo!), Ngkuyio Island, Liuli, Higga Reef (forse la più bella immersione fatta in Malawi, la passione di Stefania per i Protomelas sp. “Taiwan Reef” nacque qui), Luhuchi Rock ed altro ancora. Rientro su Lilongwe attraverso (dopo aver nuovamente attraversato il lago) le Vyphia Mountains (significativo il pernotto al Kasito Lodge che fu – a suo tempo – la residenza estiva del Governatore del Malawi). Il rientro (in Europa) si dimostrò un disastro per via di problemi aerei (causati – pare – da un tentativo di colpo di stato in Zambia, con chiusura del relativo spazio aereo): volamo lungo la rotta Lilongwe, Harare (Zimbabwe), Londra ed infine Roma. I pesci riportati a casa, dopo un’odissea che li vide transitare da Cape Town ed Amsterdam, pagarono – loro malgrado – un pesante “pedaggio”. Alcuni di loro riprodussero nel tempo, e furono distribuiti in ambito AIC. Mi piacerebbe sapere se ci sono ancora in vita loro discendenti … SECONDO VIAGGIO (1999); arrivammo in zona di operazioni in maniera analoga alla precedente con obiettivo – stavolta – il sud del lago, la zona di Cape McLear. Tra le località visitate (citate a caso e con sicure lacune): Zimbawe Rock (immersione molto significativa), Thumbi West e Thumbi East, Otter Point (leggendarie le lontre – appunto “otter” in inglese – annidate tra gli scogli. Qui – invece – Stefania rimase folgorata dai Coapdichromis “Mloto Midnight” che adesso – a dieci anni di distanza – nuotano nelle nostre vasche), Domwe Island (incontro col varano), Mumbo Island, Maleri. NOTA: Entrambe le “cartine” sono state de me realizzate a mano (e questo, spero, ne giustificherà la grafica “incerta”), sfruttando mappe e disegni avuti a disposizione in loco. Per finire – non ha relazione coi ciclidi ma non lo si può tacere – visita al “Liwonde National Park”: coccodrilli, ippopotami, zebre varie antilopi, un “sequel” infinito di uccelli tropicali e chi più ne ha più ne metta …. Il Liwonde National Park è situato lungo lo Shire River (l’unico emissario del Lago Malawi) che attraverso il Lago Malombe raggiunge lo Zambesi e poi il mare …
I pesci riportati a casa questa volta ebbero vita più facile (non ci furono intoppi logistici) e il frutto delle riproduzioni fu – anche questa volta – distribuito in ambito AIC, e non solo. Un gruppetto di Fossorochromis rostratus – in particolare –prese successivamente la via di Atene, raggiungendo le vasche del mio Amico George. Furono due viaggi intensi, lunghi ed a tratti faticosi: caratterizzati da un continuo variare di situazioni, da esperienze, da viste e panorami sempre nuovi … il primo viaggio (fondamentalmente in Tanzania) fu più impegnativo: oltre alla frequente mancanza d’acqua non avemmo luce – di alcun tipo – per tutta la permanenza … e l’ambiente si rivelò più “selvatico”. Una mia disattenzione solo per caso non finì male: trovai un grosso ragno ed uno scorpione annidati nelle mie attrezzature subacquee. Ovunque – però – ci ha accompagnato il calore e la simpatia della gente locale, prescindendo dalle loro condizioni di vita, età, occupazione: l’ospite è sacro da quelle parti, e non è un modo di dire … Giova aggiungere che allora la situazione generale era di maggiore precarietà economica in Tanzania, rispetto al Malawi propriamente detto, ma che ora la situazione locale – in base alle informazioni sporadiche che ogni tanto ancora ricevo – si è purtroppo largamente involuta. Dal punto di vista ciclidofilo segnalo sommariamente la prevalenza di fondali rocciosi nelle zone visitate nel primo viaggio rispetto a lunge distese di sabbia presenti nelle zone teatro del secondo viaggio, questa presenza di lunghe spiagge e tanta sabbia ci ha portato (dalla barca) ad un incontro ravvicinato (molto, forse meno d venti metri …) con un ippopotamo. In tutte le zone (usando un po’ di giudizio di fronte ad acque troppo “verdognole” e/o ferme, non molto frequenti nel lago stesso ma un po’ più nelle zone immediatamente limitrofe) i rischi di contrarre infezioni da parassiti (in specie la Bilharzia) in acqua erano modeste, usammo alcune accortezze e (forse con un po’ di fortuna) tutto si concluse per il meglio, in entrambe le occasioni. |