Prefazione La lettura di questo articolo mi ha “illuminato”; il mio studio è basato in gran parte su questo e si sviluppa sulle considerazioni tratte dall’articolo stesso. L’articolo di cui parlo è Light in the Reef Aquaria di Dmitry Karpenko e Vahe Ganapetyan (AdvancedAcquarist Volume XI – Ottobre 2012). In seguito ho anche tradotto questo articolo in italiano, per renderlo disponibile sul forum nella sezione Illuminazione Marino, nel topic: Traduzione – Light in the Reef Aquaria Introduzione La luce è una delle principali risorse per il supporto della vita sul nostro pianeta. Molti invertebrati marini, in quanto fotosintetici, necessitano di luce per vivere; le loro zooxantelle simbionti hanno bisogno di luce per la fotosintesi, per produrre nutrimento sufficiente sia per loro che per il loro corallo ospite. Probabilmente ogni acquariofilo è disposto a fornire la luce “giusta” per i suoi coralli. Sia la correttezza dello spettro sia una sufficiente intensità sono importanti. Prima di considerare come implementare questa “luce giusta”, si deve cercare di capire che tipo di luce gli organismi marini ricevono nel loro ambiente naturale. Cos’è la luce e come si misura; alcuni cenni fondamentali. Il termine Luce (dal latino lux) si riferisce alla porzione dello spettro elettromagnetico visibile dall’occhio umano, ed è approssimativamente compresa tra 400 e 700 nanometri di lunghezza d’onda, ovvero tra 790 e 435 THz di frequenza. Questo intervallo coincide con il centro della regione spettrale della luce emessa dal sole, che riesce ad arrivare al suolo attraverso l’atmosfera. Essenzialmente non è altro che un insieme di onde di pacchetti di energia chiamati “fotoni’ che impacchettati e spediti dal sole arrivano a noi. Per lunghezza d’onda si intende letteralmente quanto è lunga l’onda formata da questi pacchetti (lunghezza di un periodo da una gobba all’altra) e si misura in nanometri [nm] che equivalgono alla miliardesima parte di un metro. Parlando di spettri si usa anche il termine frequenza che è l’inverso della lunghezza d’onda La luce si può misurare in diversi modi, o meglio, diverse grandezze relative alla luce possono essere misurate. Il più semplice da comprendere è contare proprio il numero di fotoni che ci giungono. In maniera analoga vengono misurati i PAR (radiazioni fotosinteticamente attive), con la differenza che in questa grandezza si considerano solo le radiazioni (luce) utili alla fotosintesi, ovvero i fotoni con una lunghezza d’onda compresa tra 400 nm e 700 nm. Lo Spettro della luce non è altro che un grafico in cui si riporta questa ‘potenza’ luminosa suddivindendola per tutte le varie lunghezze d’onda. Fate molta attenzione a non confondere il Watt di irradianza con i soliti Watt che siamo abituati a conoscere e cioè della potenza elettrica, che con questa faccenda della luce non c’entrano niente. L’illuminamento è un’altro concetto. Come i PAR tengono conto delle sole radiazioni utili alla fotosintesi, l’illuminamento considera solo le radiazioni che l’occhio umano riesce a vedere (detto anche flusso luminoso). Il flusso luminoso o potenza luminosa si misura in Lumen in valore assoluto, mentre si esprime in Lux intendendo la quantità di Lumen che colpiscono la superficie di un metro quadrato ( 1 Lux = 1 Lumen al metro quadrato). Le figure sottostanti riportano gli spettri espressi sia in Watt che in PAR (a sinistra), oltre che lo spettro espresso in Lux (in alto a destra). Vorrei porre in evidenza il fatto che lo spettro dei Lux equivale a quella parte di spettro dei Watt/PAR che l’occhio riesce a percepire. In sostanza, la quantità di luce che noi riusciamo a vedere (Lux) non è che una minima parte di tutta la luce che è utile alla fotosintesi (PAR). In viaggio con la Luce La luce, entrando nella nostra atmosfera, viene in parte assorbita o riflessa dai vari elementi dell’aria. La figura sotto riporta la differenza tra lo spettro luminoso solare al di fuori dell’atmosfera con quello che si misura sul livello del mare. La differenza è appunto l’attenuazione di cui abbiamo appena parlato. Nello stesso modo, la luce, entrando in acqua e percorrendo i primi metri fino ad arrivare sul reef, continua ad essere attenuata dall’acqua e dagli elementi in essa contenuti. Come si può vedere, l’acqua di mare filtra maggiormente la componente calda della luce, ossia dal giallo al rosso, lasciando pressochè invariata la componente attinica che arriva fino in profondità. La Luce, le Zooxanthellae e la Fotosintesi Le Zooxanthellae, essendo alghe, utilizzano lo stesso processo per svilupparsi, ed è molto importante ricordare che la maggior parte dei coralli si cibano degli scarti del processo di fotosintesi delle proprie zooxanthelle simbionti. Passato il concetto di collegamento tra luce e zooxanthelle, indico qui di seguito tre figure che riportano lo spettro (o le lunghezze d’onda) di assorbimento delle varie molecole coinvolte nel processo di fotosintesi, ossia: – Clorofilla A
L’ultima interessantissima figura riporta un’ulteriore molecola: la Phycocianina. Tale molecola è coinvolta nella fotosintesi dei cianobatteri. Dunque, da quanto detto e visto sopra, si evincono le seguenti conclusioni: – La luce necessaria alla fotosintesi è compresa tra i 400 e i 520 nm. Proseguo citando quasi letteralmente l’articolo ispiratore. Durante centinaia di milioni di anni di evoluzione, gli organismi marini fotosintetici si sono adattati al tipo di luce disponibile nel loro ambiente. Essenzialmente hanno imparato a sfruttare per la fotosintesi le componenti di luce tendenti al viola perchè più abbondanti, contrariamente ai vegetali terrestri che utilizzano più la luce verso il rosso. La figura sotto mostra lo spettro di assorbimento delle Zooxanthellae.
Quindi a questo punto, verrebbe spontanea una domanda: La prima opzione non sarebbe ottimale, dato che faremmo della luce che non servirebbe a nessuno. Nella tabella che segue, estrapolata dall’articolo di Dmitry Karpenko, è riportata la quantità di luce misurata sul reef a diverse profondità, suddivisa in 4 bande di frequenze diverse. Questa tabella sarà una linea guida nella realizzazione della plafoniera ottimale, che dovrà riprodurre più o meno il sole, andando anche incontro allo spettro di assorbimento delle zooxanthellae. I dati importanti riportati sono: – Tra i 5 e i 10 metri di profondità si misurano circa 300 Watt (di radiazione luminosa) al metro quadro. Concludo la prima parte di questo articolo invitandovi a proseguire la discussione su questo topic, in quanto, solo confrontando e scambiando le nostre conoscenze ed esperienze, potremo capire di più su un argomento tutt’altro che definito e in continua evoluzione. Nella seconda parte, ci occuperemo delle più diffuse plafoniere LED in commercio, ma anche dell’applicazione di questi concetti nella costruzione di una plafoniera artigianale.
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