Le CernieCara vecchia cernia, timida e sorniona? Ai tempi del liceo si era soliti imbrattare i banchi disegnandoci sopra le cose più strane. La superficie del banco ben si prestava al contatto con le penne a sfera: scriverci sopra era un vero divertimento. Ricordo il disegno che avevo fatto con la penna nera, curato nel dettaglio: ritraeva proprio una cernia, pesce di cui già all’epoca conoscevo a memoria l’aspetto. A scuola sognavo, appoggiato coi gomiti al banco, tuffandomi con la fantasia in quei magici istanti di mare che potevo concedermi da studente liceale, fissando la mia cernia disegnata e ritoccandola un po’ tutti i giorni.
Praticando il mare in apnea e raccogliendo gli articoli delle riviste che parlavano di tecniche di pesca subacquea, simultaneamente studiavo su carta e osservavo in natura il comportamento dei serranidi, la famiglia a cui appartengono le cernie, più che altro per sferrare l’insidia più adatta una volta sott’acqua. Il mio primo approccio con le cernie è legato difatti alla pesca.
La cernia ha subito per anni una pesca eccessiva, senza criteri, ed ha mutato radicalmente le sue abitudini nel tempo. Basta guardare le immagini dei libri degli anni 60 o 70, e vedere che a volte si riusciva a fotografare tranquillamente cacciatore e preda, con la cernia che si lasciava ingenuamente puntare l’arpione in mezzo agli occhi da distanza ravvicinata. Cose d’altri tempi, si potrebbe dire. Oggi è ancora possibile avvicinarsi alle cernie e persino toccarle in diversi luoghi del Mediterraneo, come accade presso i famosi siti di Lavezzi, in Corsica, e le Isole Medas, in Spagna. Alcuni dicono che trattasi di situazioni innaturali, vista la confidenza dei pesci con i subacquei. Io sono d’accordo soltanto in parte: non approvo che si dia loro del cibo, pena l’instaurarsi di cattive abitudini alimentari da parte dei pesci e l’assunzione di comportamenti eccessivamente fiduciosi e talvolta aggressivi verso l’uomo. Ma non concordo col fatto che una cernia che si lascia avvicinare sia innaturale; lo è forse di più quando scappa. Un tempo le cernie non fuggivano al cospetto dei sub: pesci di indole curiosa, si lasciavano osservare nella posizione a candela e all’interno delle loro tane, fuggendo con relativa calma ….
Tralasciando le considerazioni personali, frutto di esperienze vissute sulle quali ognuno di noi costruisce le proprie idee, e volendo descrivere questo bel serranide, lo si potrebbe presentare come specie eccezionalmente robusta e possente, con corpo ovale compresso ai lati e testa imponente, quasi un terzo dell’intera corporatura.
La cernia bruna può raramente superare il metro di lunghezza e a una sessantina di chilogrammi di peso. Si riproduce in estate, quando abbandona le acque profonde per risalire verso la costa, e a fine stagione è possibile vedere i piccoli in pochissimi metri d’acqua. Prettamente carnivora, si nutre di molluschi, crostacei e pesci. Il suo boccone prediletto ? comunque rappresentato dal polpo, che cerca e cattura con ferocia e accanimento. Individuata la preda, la cernia attacca e a morsicate tenta di strappare uno ad uno i tentacoli, fino a quando il malcapitato polpo non può più aggrapparsi alle rocce e viene inghiottito in un solo boccone. Per catturare i pesci, invece, la cernia usa un sistema abbastanza singolare, ma molto comodo per un pesce pigro e sornione qual’è.
Una volta scelto un anfratto, affacciato magari su uno strapiombo frequentato da piccoli pesci di passo, si sofferma e aspetta acquattata nell’ombra. Quando un pesce sprovveduto le passa nelle vicinanze, ignaro del pericolo, spalanca le fauci ed aspira l’acqua come un’idrovora, succhiando letteralmente la preda che non ha scampo.
Per quel che mi riguarda, avrei bisogno di molto, moltissimo tempo per raccontare o spazio per scrivere, qualora dovessi raccontare di cernie in esperienze vissute. Anche se alcuni momenti ritornano in mente più spesso di altri, sono più impressi e quasi indelebili. Come la cernia che per sei o sette anni si fece osservare tantissime volte poco sotto ‘la montagna’ di Scilla. Conoscendo ‘la bestia’, ogni volta che tornavo sul posto mi avvicinavo pian piano e iniziavo l’immersione osservando la cernia da dietro uno scoglio, per quei pochi secondi che mi concedeva mantenendo le distanze. Lei era spesso poggiata sul fondo con la sua gonfia pancia, magari per digerire l’ultimo pasto, e lentamente si girava e si ritirava nel suo maniero di roccia inespugnabile non appena lo riteneva opportuno. Diversi furono gli incontri ravvicinati e una volta, indimenticabile, mi ci ritrovai per caso faccia a faccia, poco sotto i 50 metri di profondità. Naturalmente non riuscii mai a fotografarla! Azzarderei persino a definire questa specie come ‘cernia dei relitti’, forse perchè molto spesso la trovo nei relitti affondati su fondali sabbiosi o fangosi, all’ombra di tettoie di ferro contorte o infilate negli angoli più angusti. Ma anche la cernia rossa e la cernia bruna prediligono i relitti, per non parlare dei giovani di cernia nera, che ho incontrato, anche se raramente, proprio nelle zone più buie all’interno di queste intriganti strutture di ferro che riposano in mare. A tal proposito, è facile concludere che le cernie si trovano un po’ ovunque, purchè ci siano validi rifugi e qualcosa di interessante da mangiare. L’esperienza insegna e solo immergendosi di continuo si riescono a capire le abitudini di questi pesci giganti, drasticamente cambiate nel tempo ma anche diverse in funzione dei luoghi. |