NATURA della LUCELa luce è un fenomeno fisico di natura energetica. Se, per esempio, riscaldiamo un corpo di materiale metallico, fino ad una certa temperatura, otteniamo un emissione luminosa. La propagazione avviene sotto forma di radiazioni nello spazio vuoto e nei materiali solidi, liquidi ed aeriformi, che consideriamo trasparenti alla luce. Una teoria scientifica – la teoria ondulatoria della luce – interpreta queste radiazioni come onde elettromagnetiche: un alternarsi ciclico di campi elettrici e magnetici concatenati, generati da rapidissime oscillazioni di cariche elettriche, variabili in intensità con legge sinusoidale e perpendicolari alla direzione in cui si muovono le radiazioni. Un fascio di luce è composto da un insieme di onde elettromagnetiche trasversali rispetto alla direzione di propagazione. Assunta come fenomeno di tipo ondulatorio, la radiazione elettromagnetica è caratterizzata da due grandezze fisiche: la lunghezza d’onda e la frequenza. La lunghezza d’onda, indicata solitamente con la lettera greca l, è la distanza, espressa in nanometri, percorsa dall’onda durante un ciclo completo di oscillazione. Il nanometro – unità di misura adottata dalla CIE – è un sottomultiplo del metro: un nanometro (nm) equivale a un miliardesimo di metro: 1 nm = 10 m-9. La frequenza, che ha per simbolo la lettera greca v, è il numero di cicli completi di oscillazione che avvengono in ogni secondo. Si esprime in hertz (Hz): 1 hertz equivale a 1 ciclo al secondo
Sia i materiali condensati, cioè i solidi e liquidi, che gli aeriformi, cioè i gas ed i vapori, mantenuti ad una temperatura superiore allo zero assoluto, generano radiazioni elettromagnetiche di diverse lunghezze d’onda e frequenze. L’insieme delle radiazioni conosciute è rappresentato nello spettro elettromagnetico. L’intervallo di lunghezza d’onda contenuto nello spettro è ampio: dai 10-5 nm ai 1016nm. Numerose sono le applicazioni delle microonde, radiazioni con dell’ordine dei millimetri e frequenze che si estendono da circa 1 gigahertz (1G Hz= 109 Hz). Sono adottate tra l’altro nelle telecomunicazioni via satellite, nelle ricerche di fisica delle particelle e di radioastronomia, nel telerilevamento, in medicina a fini diagnostici e nelle terapie antitumorali. Gli impieghi di tipo domestico riguardano i sistemi di allarme antintrusione e i forni per la cottura in profondità dei cibi. Per quest’ultima si sfrutta la singolare proprietà delle microonde di disperdere una parte della loro energia sotto forma di calore all’interno dei corpi intercettati. La proprietà di trasferire energia termica contraddistingue tutta la famiglia delle radiazioni infrarosse, che occupa lo spettro da = 1 mm a = 780 nm. Nella tab.1.1 sono indicate le radiazioni infrarosse con la simbologia (IR-A, IR-B, IR-C) e la ripartizione per intervalli di lunghezze d’onda stabilite convenzionalmente in sede CIE. Classificazione CIE delle radiazioni comprese nella banda spettrale infrarossa Radiazioni infrarosse Anche per le radiazioni ultraviolette si usa un pratico criterio di raggruppamento convenzionale basato sulle sigle UV-A, UV-B, UV-C, che serve, come meglio vedremo in seguito, a classificarle in funzione degli effetti prodotti sugli organismi viventi e sui materiali irraggiati. La banda dei raggi ultravioletti si sovrappone in parte a quella dei raggi X e questi, a loro volta, invadono il campo dei raggi gamma. I raggi X sono le note radiazioni a lunghezza d’onda cortissima e frequenza molto elevata prodotte da strumenti costruiti dall’uomo. Dalle esplosioni nucleari si sprigionano i raggi gamma. Dagli spazi siderali riceviamo sia i raggi gamma che i raggi cosmici. Insieme occupano l’area estrema dello spettro. Le radiazioni che l’organo visivo dell’uomo è in grado di ricevere e di tradurre in impulsi nervosi occupano una piccola porzione dello spettro: da 380 nm (limite dell’ultravioletto) a 780 nm (limite dell’infrarosso). Definiamo luce la sensazione prodotta dalle radiazioni comprese tra questi valori estremi. Solo all’interno di questo intervallo l’apparato visivo umano compie le proprie funzioni: ricevere, selezionare, strutturare le radiazioni provenienti dall’esterno e trasformarle in segnali nervosi da inviare ai lobi della corteccia cerebrale, dove sono codificati attraverso la complessa catena di reazioni fisico-chimiche che presiede al fenomeno della percezione visiva. In quella piccola regione dello spettro elettromagnetico è concentrata l’energia indispensabile alla vita di tutta la biosfera. L’intero mondo vegetale vive e si riproduce convertendo l’energia contenuta nelle radiazioni luminose in energia chimica, attraverso il noto processo della fotosintesi clorofilliana. Grazie alla luce, le sostanze organiche complesse, costituite da molecole di carboidrati, sono sintetizzate, con il rilascio di ossigeno nell’aria, a partire da sostanze inorganiche semplici. La riproduzione delle piante – primo anello della catena alimentare – fornisce i materiali di base per la vita degli animali e dell’uomo. Per meglio comprendere il concetto di lunghezza d’onda associato ad una radiazione luminosa consideriamo alcuni esempi (fig.1): gli aspetti da considerare sarebbero molti. Inoltre le problematiche costruttive delle lampade e le funzioni richieste all’illuminazione nelle diverse applicazioni sono molteplici, ma semplificando molto si possono fare le considerazioni che seguono. – La luce del sole ha uno spettro continuo (ossia contiene radiazioni d’ogni lunghezza d’onda); le lampade ad incandescenza o ad alogeni, in cui il principio di funzionamento si basa sull’emissione di luce da parte di un filamento incandescente (radiatori per temperatura, come il sole) hanno anch’esse uno spettro continuo, con una maggiore intensità nel campo degli infrarossi; nelle lampade a scarica (il cui principio di funzionamento si basa sul principio della scarica nei gas: la luce viene generata da un arco tra due elettrodi all’interno di un tubo di scarica contenente gas) i gas, al passaggio della corrente di scarica e in funzione delle condizioni di pressione presenti nella lampada, vengono eccitati e sono portati ad emettere energia sotto forma di radiazione, a diverse lunghezze d’onda. – Per esempio il sodio a bassa pressione emette nel giallo, ad alta pressione il mercurio a 365 nm, 405, 436, 546 e 578 nm che sono nel campo del viola, blu e verde ecc. Ne segue che lo spettro può essere composto da singole linee distinte (per esempio lampade ad alogenuri); tanto maggiore è il numero di sostanze contenute nel tubo di scarica tanto più lo spettro si avvicinerà allo spettro continuo (nelle lampade HMI per foto-ottica lo spettro quasi continuo è ottenuto tramite l’inserimento nel tubo di scarica di un elevato numero di sostanze tra cui le così dette terre rare, metalli quali disprosio, tullio, olmio. A questo punto, senza voler entrare nel dettaglio, forse vale la pena di ricordare in modo estremamente sintetico il meccanismo di funzionamento dell’occhio umano. L’occhio umano è in sostanza, un sistema ottico in cui il cristallino funge da obiettivo e la retina da rivelatore della luce mediante una serie di ricettori (coni e bastoncelli) collegati al cervello attraverso il nervo ottico. L’occhio umano adatta la sua sensibilità in parte tramite l’apertura e la chiusura dell’iride, in parte con un processo d’adattamento che include il passaggio dalla visione “fotopica”, cioè diurna (che interessa i coni) a quella “scotopica”, cioè notturna (che coinvolge i bastoncelli); la messa a fuoco avviene attraverso la variazione di curvatura del cristallino. L’occhio si adatta a grandi variazioni delle condizioni dell’ambiente (tra illuminazione diurna e notturna i livelli di luce possono essere differenti tra loro fino a 10.000.000 di volte). – Ciascuna lunghezza d’onda della radiazione visibile viene percepita dall’occhio umano sotto forma di un determinato colore dello spettro (per es. 555 nm giallo-verde, 400 nm violetto, 700 nm rosso). L’occhio però non è ugualmente sensibile a tutte le lunghezze d’onda da 380 a 780 nm e la sua sensibilità è diversa in condizioni d’illuminazione diurna e notturna. In base a numerose esperienze su molti osservatori. La CIE (Commission International Deml’Eclairage-Ente internazionale che pubblica rapporti e raccomandazioni sulle procedure di misura e sulle prestazioni di impianti nel settore dell’illuminazione) ha definito delle curve di sensibilità spettrale dell’occhio umano, normalmente indicate con il termine di V(I), in cui si riporta l’andamento della sensibilità dell’occhio umano (in valori relativi) in funzione della lunghezza d’onda in condizioni diurne e notturne. L’illuminazione ha proprio il compito di portare l’occhio umano a funzionare in visione fotopica anche di notte: la curva che è di nostro interesse è quindi quella in visione fotopica. In fig.2 si riporta la curva V(I) di fondamentale importanza in tutte le misure della luce. Come si può vedere, la massima sensibilità dell’occhio umano si ha in corrispondenza di 555 nm (giallo-verde); una radiazione di pari intensità ma di diversa lunghezza d’onda dà luogo a una sensazione visiva di minore intensità: per es., per le radiazioni di lunghezza d’onda di 490 nm, la sensibilità dell’occhio è pari al 20 per cento rispetto a quella per radiazioni con lunghezza d’onda di 555 nm. RADIAZIONE SOLARELa radiazione Solare può essere distinta in 3 componenti principali a seconda della lunghezza d’onda: ULTRAVIOLETTO (100-400 nanometri) Tanto minore è la lunghezza d’onda tanto maggiore è l’energia della radiazione. Gli UV, una radiazione fredda, invisibile e di elevata energia, rappresentano il 3 per cento. Per questo i più pericolosi per la salute sono in realtà: LA TRASMISSIONE DELLA LUCEQuando il flusso luminoso incontra una superficie opaca, traslucida o trasparente, una parte di luce viene riflessa, un’altra trasmessa e l’altra assorbita. Il fattore di riflessione di una superficie è il rapporto tra la quantità di luce riflessa e la quantità di luce incidente. RIFLESSIONEAvviene quando i raggi luminosi colpiscono una superficie. Si definisce: REGOLARE: quando la superficie è speculare e l’angolo di incidenza è uguale all’angolo di riflessione; TRASMISSIONE-RIFRAZIONEUn fascio di luce che incontra un prisma o un corpo trasparente, devia dal percorso iniziale. Nel caso del prisma, se la luce è policromatica, essa si scompone nei colori dell’iride. Il valore dell’angolo di deviazione dipende sostanzialmente da una proprietà del mezzo (indice di rifrazione) e dall’angolo di incidenza del raggio luminoso sulla superficie. Si definisce: DIRETTA: quando il mezzo (vetro, plastica) lascia passare gran parte del flusso luminoso; ASSORBIMENTOLa luce, a seconda del mezzo che incontra, viene in parte assorbita, in parte riflessa, trasmessa e rifratta. I raggi assorbiti si trasformano in energia termica. RESA CROMATICAPer descrivere le proprietà cromatiche di una sorgente luminosa sono di solito utilizzate due sistemi di misura: la “temperatura di colore”, che indica l’apparenza cromatica della luce stessa e ” l’indice di resa cromatica” (RA) che suggerisce come un oggetto illuminato da quella luce apparirà in relazione al modo in cui appare alla luce della sorgente luminosa di riferimento. Entrambi le caratteristiche possono essere estremamente utili nella valutazione e prescrizione di sorgenti luminose, ma è importante capirne anche i limiti. Temperatura di colore: l’apparenza della luce La temperatura di colore di una sorgente luminosa è una misura numerica della sua apparenza cromatica. Si basa sul principio che qualunque oggetto, se riscaldato ad una temperatura sufficientemente elevata, emette luce e il colore di quella luce varierà in modo prevedibile man mano che la temperatura aumenta. Il sistema si basa sui mutamenti di colore di un “corpo nero radiante” teorico, riscaldato e portato da una condizione di nero freddo a quello di bianco incandescente. Man mano che aumenta la temperatura, il corpo nero passa gradualmente dal rosso all’arancio, al giallo, al bianco e finalmente al bianco azzurrognolo. La temperatura di colore di una sorgente luminosa è appunto la temperatura, espressa in gradi kelvin (K), alla quale il colore del corpo nero corrisponderà esattamente a quello della sorgente luminosa. Per molte sorgenti luminose non è possibile ottenere una corrispondenza perfetta. In tali casi, si fa riferimento alla corrispondenza più vicina possibile e il colore viene descritto come temperatura di colore correlata. Ad esempio, un tubo fluorescente con una temperatura di colore di 4000 K ha un apparenza cromatica simile a quella di un corpo nero scaldato a 4000 K (3727°C). Caldo e freddo: psicologia della luce Alcuni restano confusi dal fatto che le sorgenti luminose con temperature di colore basse sono chiamate “calde”, mentre quelle con temperature più elevate sono chiamate “fredde”. In effetti queste descrizioni non hanno niente a che fare con la temperatura del corpo nero radiante, ma si riferiscono al modo in cui vengono percepite i gruppi di colore, ovvero l’impatto psicologico dell’illuminazione. I colori e le sorgenti luminose nella zona blu dello spettro sono indicati come freddi e quelli verso la zona rossa/arancione/gialla sono invece descritti come caldi. Effetto della luce sul colore degli oggetti L’indice di resa cromatica (RA) è un sistema derivato da esperimenti sulla visione per valutare l’impatto esercitato da differenti sorgenti luminose sul colore percepito di oggetti e superfici. Il primo passo è quello di individuare la temperatura di colore della sorgente luminosa in esame. La fase successiva prevede l’illuminazione di otto colori campione standard, prima alla luce della sorgente luminosa in esame, poi a quella di un corpo nero portato alla stessa temperatura di colore. Se nessuno dei campioni muta l’apparenza cromatica, alla sorgente luminosa viene assegnato un indice Ra di 100. Ogni altro cambiamento cromatico dà luogo ad un punteggio inferiore. Qualunque indice Ra pari o superiore a 80, viene normalmente considerato alto ed indica che la sorgente ha buone proprietà di resa cromatica. Temperatura di colore e indice Ra La temperatura di colore e l’indice Ra offrono valide informazioni sulla qualità cromatica della sorgente luminosa, ma non sono perfetti. La temperatura di colore, ad esempio, non fornisce indicazioni su come una determinata sorgente luminosa renderà i colori. Proviamo ad immaginare due sorgenti luminose di tipo “freddo” con temperature di colore e apparenze cromatiche simili. Immaginiamo che la sorgente A produca energia abbastanza uniforme attraverso lo spettro. Immaginiamo che la sorgente B produca uno spettro similare privo però di luce nel campo del rosso. Gli oggetti rossi, che appaiono naturali sotto la sorgente A avranno invece un aspetto neutro, incolore sotto la sorgente B anche se entrambi le luci hanno la stessa temperatura di colore. In generale, un indice Ra elevato significa che una sorgente luminosa renderà i colori bene. Dato comunque che gli indici Ra sono calcolati per le sorgenti luminose a una specifica temperatura di colore, non ha senso paragonare una sorgente luminosa da 2700 K con indice Ra 85 con una a 4000 K con indice Ra 85. Inoltre occorre ricordare che l’indice Ra è la media effettuata su otto differenti colori. Ciò significa che una sorgente luminosa con un indice Ra elevato avrà la tendenza a rendere bene un ampio spettro di colori, ma non garantisce l’apparenza naturale di un colore specifico. Usati insieme, comunque, questi indici costituiscono un eccellente riferimento per confrontare sorgenti luminose. |
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