Solamente nel 1852, per la prima volta ci fu qualcuno che parlò di questo pesce: era Pieter Bleeker.
“È bellissimo: se si facesse una gara per stabilire quale sia la sua popolarità fra gli acquariofili, forse si classificherebbe nella prima posizione.”
E, invero, è quasi impossibile ammirare un acquario dulciacquicolo misto senza la presenza di un Chromobotia macracanthus che grufola nel suolo per fare fuori il cibo rimasto in esubero o per sgranocchiare una chiocciolina acquatica, se ha la fortuna di incontrarla.
Appartiene all’Ordine dei Cypriniformi e alla Famiglia Cobitidae. II nome scientifico, così lungo e complicato, che grosso modo sta a significare che si tratta di un cavaliere colorato, munito di grandi spine, è superato dagli amatori che tranquillamente fanno sempre riferimento alla sua livrea e all’intensità dei suoi colori, giungendo senza difficoltà a chiamarlo Pesce Pagliaccio da noi, e analogamente nella loro lingua, fanno gli Inglesi, i Tedeschi, i Francesi e via via tutti gli altri paesi in cui l’acquariofilia vive e vegeta. C’è chi lo chiama Botia Tigre.
Il nome più comune è, Botia pagliaccio.
- 1 Il Botia pagliaccio è un pesce pulitore
- 2 Le origini del Botia pagliaccio
- 3 La riproduzione del Botia pagliaccio
- 4 Aspetto del Chromobotia Macracanthus
- 5 Il verso del Botia pagliaccio, caratteristiche fuori norma
- 6 Colorazione del Botia pagliaccio
- 7 Come preparare l’acquario per il Botia pagliaccio
- 8 Il comportamento e le abitudini del Botia pagliaccio
- 9 Cosa mangia il Botia pagliaccio
- 10 Malattie più comuni e come curarle
- 11 Conclusioni
Il Botia pagliaccio è un pesce pulitore
Il Botia pagliaccio è un pulitore o spazzino, se piace di più chiamarlo così, nel vero senso della parola, perché, come ho anticipato più sopra, provvede a eliminare dal fondo dell’acquario il cibo residuo del pasto degli altri ospiti e, nel contempo, se ci capita contro, fa piazza pulita delle chiocciole acquatiche che non di rado diventano infestanti, se non c’è qualcuno che ne limiti le nascite.
Le origini del Botia pagliaccio
Le sue origini sono in Indonesia, in particolare si trova nel Borneo e a Sumatra, dove è comune nelle pianure alluvionali, formate dalle inondazioni annuali, Quando giunge l’ora dell’accoppiamento, i PP si spostano in piccoli corsi d’acqua dove deporre le uova.
Il governo indonesiano ha vietata la cattura degli individui con una lunghezza superiore ai 15 centimetri e pertanto i pescatori si limitano a catturare quelli lunghi non più di 5 centimetri che, del resto sono i preferiti dagli acquariofili
Per catturare i pesci, vengono utilizzate canne di bambù lunghe fino a un paio di metri. Queste canne sono lasciate galleggiare sull’acqua o immerse verticalmente, sostenute da funi legate alla vegetazione. Le canne fungono da vere e proprie trappole, con una serie di fori distribuiti lungo la loro lunghezza, con un diametro che impedisce l’ingresso a pesci di dimensioni maggiori di quelle previste per la cattura.
I Botia pagliaccio, così come i Chaca bankanensis, entrano attraverso i fori per stare al sicuro all’interno delle canne. Non escono nemmeno quando i pescatori le ritirano per versarne il contenuto nelle loro vasche. I pesci, successivamente, passano nelle mani dei grossisti e sono esportati nei centri commerciali di Hong Kong, Jacartha e Singapore. Qui sono trattenuti in vasche di cemento fino a quando non raggiungono le dimensioni desiderate. Successivamente, vengono distribuiti in tutto il mondo degli acquariofili.
Per la cronaca, si stima che circa tre milioni di individui selvaggi vengano venduti ogni anno. La quasi totalità degli esemplari che giunge nei nostri acquari è di cattura, mentre il resto proviene da allevamenti, dove sono riusciti a farli riprodurre, un fenomeno finora non verificatosi altrove.
La riproduzione del Botia pagliaccio
La riproduzione è da ritenersi un fatto improbabile o casuale negli acquari domestici. Chi è interessato può provare con i seguenti parametri dell’acqua: temperatura 24-28°C, acidità 6-7,5 pH, durezza 5-15 dGH. Per la scelta della coppia, l’unico indizio è la distinzione fra femmina e maschio, basata sul ventre rigonfio quando le uova sono mature. La schiusa delle uova avviene dopo 18-20 ore dalla deposizione, e dopo un giorno gli avannotti abboccano volentieri l’Artemia salina, presto assumendo i colori dei genitori, caratterizzati da bande verticali scure che con il tempo tendono a schiarire.
Il vivere in aree diverse ha fatto sì che la colorazione dei Botia pagliaccio nati a Sumatra e nel Borneo sia diversa.
Mentre i pesci provenienti dal Borneo sono scuri, quelli di Sumatra tendono al rosso arancio, e per questo sono ritenuti più belli e perciò maggiormente apprezzati e preferiti.
È un pesce tranquillo, però è un divoratore di tutto ciò che si viene a trovare davanti alla sua bocca e per questo è opportuno che non gli siano lasciati a disposizione uova, avannotti e pesci di piccola taglia in genere.
Aspetto del Chromobotia Macracanthus
Il corpo allungato e compresso ha un dorso arcuato, mentre il ventre è piatto. Ha pinne tozze e coda bi lobata. Il capo è relativamente grande e la bocca, con labbra carnose e rivolta al basso, è circondata da quattro paia barbigli, di cui quelli della mandibola sono difficili da vedere.
A proposito dei barbigli, bisogna stare attenti affinché il fondo dell’acquario sia morbido, perché se il substrato è ruvido, come per esempio quando si usa della ghiaia, questi possono essere facilmente danneggiati. Una spina mobile, che può essere estesa e servire come arma di difesa, si trova in un solco posto sotto l’occhio.
Il verso del Botia pagliaccio, caratteristiche fuori norma
Il Botia pagliaccio, digrignando i suoi denti faringei, può attivare un suono tipo il “clic” di una macchina fotografica quando esegue lo scatto; pare che avvenga quando il pesce è contento oppure durante l’accoppiamento. Altra chicca che lo riguarda è la sua abitudine di nuotare con la pancia in alto o sul fianco, oppure restare immoto come se fosse morto.
Colorazione del Botia pagliaccio
Il corpo è colorato dal biancastro al rosso arancio, attraversato da tre strisce nere a forma triangolare e disposte verticalmente con il vertice in basso: quella anteriore passa attraverso l’occhio, la mediana occupa il centro, mentre la terza copre interamente la pinna dorsale e quasi il peduncolo caudale.
Come preparare l’acquario per il Botia pagliaccio
L’acquario, lungo almeno 100 centimetri, deve avere il fondo coperto di sabbia con tante piante a formare una densa vegetazione, con qualche pianta galleggiante, perché non ama esageratamente la luce, e con l’arredamento formato da rocce, pezzi di legno, cortecce si sughero, canne di bambù, mezzi gusci di noci di cocco, piccole anfore, il tutto a piacere, facendo molti rifugi.
Parametri dell’acqua
Temperatura 25-27°C, acidità 5-7 pH, durezza 10-15 dGH.
Dimensioni e speranza di vita
Il PP in libertà può crescere fino a 30 centimetri, in acquario ne raggiunge al massimo 20. Speranza di vita fino a 20 anni, in un ambiente senza pecche.
Il comportamento e le abitudini del Botia pagliaccio
È un pesce che non ama stare solo, diventando triste, perciò la compagnia di 5 o 6 suoi consanguinei lo tira su di morale, diventando vivace e attivo e, poiché è di costume diurno, si può godere della sua presenza per tutta la giornata. Si presenta come elemento tranquillo, però non sopporta l’inserimento di elementi di altre specie nel suo territorio. Però, attenzione, perché è un divoratore di tutto ciò che si viene a trovare davanti alla sua bocca e per questo è opportuno che non gli siano lasciati a disposizione uova, avannotti e pesci di piccola taglia in genere.
Cosa mangia il Botia pagliaccio
Ama mangiare di tutto, oltre al cibo residuo e ai detriti vegetali sul fondo; così, possono entrar nella sua dieta vermi, crostacei, enchitrei, Tubifex, Chironomus, Artemia salina, ma gradisce pure zucchine e spinaci lessati, banane, cibi liofilizzati, oltreché mangimi secchi in granuli o compresse. Qualora l’acquario fosse infestato dalle chiocciole acquatiche e indugiasse a eliminarle, preferendo altro cibo, basta ridurne il quantitativo per indurlo a interessarsene.
Malattie più comuni e come curarle
Il pesce, che è fisicamente abbastanza robusto, ha un tallone di Achille nella sua cute giacché, essendo senza scaglie, è molto delicato ed è esposto ai cambiamenti delle caratteristiche dell’acquario e uno sbalzo di temperatura verso il basso può attivare la cosiddetta “malattia dei puntini bianchi”, l’ictioftiriasi (comunemente detta “ictio”); essa si deve all’incistamento sotto la pelle del pesce di un piccolo protozoo ciliato, l’ichthyophthirius multifiliis, seguito dalla formazione di piccole cisti bianche.
La malattia è guaribile, ma dopo una lunga cura con l’uso del sale marino, metodo da ritenere infallibile, oppure ricorrendo ad altri medicinali. Per non combinare guai agli altri pesci, considerato che l’ictio è contagiosa, non sarebbe male curare l’infestato in un acquario tutto per sé.
Conclusioni
Il Botia pagliaccio è un pesce consigliabile a chi di acquariologia si nutre, un po’ meno ai neofiti, perché necessita di certe attenzioni; ma con calma e buon senso si può arrivare a tutto.
Però mi sento di fare una raccomandazione a chi, per la prima volta, intende mettere nel suo acquario un Botia pagliaccio, cioè che deve stare ben attento a due cose:
- La prima è quella che l’acquario deve essere grande per consentire a un pesce sui 20 o 25 centimetri di muoversi senza sbattere continuamente contro i vetri.
- La seconda, altrettanto valida, insegna che non si deve acquistare un Botia pagliaccio solo per fargli mangiare le lumache. Pur essendo un pulitore, non si deve nutrirlo o, meglio, farlo nutrire con le chiocciole invadenti, perché per lui sono solo uno stuzzichino, un boccone che gradisce ma non tanto da sostituire il cibo normale.
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