Incidenti e malanni cui si può andare incontro nella gestione di un acquario Esistono manuali che suggeriscono i comportamenti più appropriati per prevenire danni nell’uso della cucina, del bagno e fiumi di inchiostro sono stati versati anche per stabilire norme di comportamento atte a prevenire i danni provocati dagli usuali animali domestici (cani, gatti), ma, a mia conoscenza, non esiste ad oggi una trattazione dei rischi connessi all’acquariofilia. Per questo ho cercato di analizzare brevemente i principali rischi per la nostra salute che corriamo nel mantenimento di un acquario. Per rendere piu agevole la lettura ho diviso questa breve trattazione in sei parti dando maggiore spazio ai danni peculiari dell’acquario, come gli avvelenamenti e le infezioni, e dando maggiore risalto in particolare a queste ultime perche poco note anche agli specialisti del settore. Danni tossici da sostanze usate in acquariofilia Danni infettivi dovuti all’ingestione di acqua Avvelenamenti da animali marini Danni meccanici Accenno solamente ai danni fisici di tipo meccanico causati da apparecchiature, arredi o animali. Infatti ferite, ustioni, abrasioni, punture, folgorazioni, pur essendo rischi estremamente gravi, possono essere prevenute applicando le precauzioni generali basate sul buon senso e sui consigli di uno dei tanti manuali di prevenzione degli incidenti domestici [1]: ponendo attenzione nel maneggiare le rocce, staccando la luce prima di sostituire i neon o usando il retino e non le mani per pescare alcuni pesci potenzialmente dannosi (ricordo al tal proposito il dolore provocato dai raggi dalla pinna del mio plecostomus che non volevano uscire dal palmo della mano con cui impropriamente cercavo di catturarlo) etc… Danni tossici da sostanze usate in acquariofilia Fertilizzanti e integratori contengono sostanze potenzialmente tossiche è norma generale non metterli mai in contenitori destinati alle bevande o ad altri prodotti alimentari, specie se si tengono in frigo o in scaffali in cui ci sono anche prodotti commestibili. Nell’infortunistica generale un alto numero di intossicazioni deriva dall’ingestione accidentale di sostanze tossiche contenute in bottiglie che dovrebbero contenere delle bevande e molto spesso le sostanze vengono ingerite anche se l’etichetta indica che il contenuto è dannoso. Quindi se mettete il fitoplancton in frigo (cito un fatto avvenuto) e volete usare una normale bottiglia di acqua, almeno chiudete il tappo con più giri di nastro adesivo (o inseritela in una busta di plastica chiusa) in modo che prima di assaggiarlo vi chiediate come mai quella interessante bevanda è così tanto protetta. Alcuni integratori sono potenzialmente tossici: probabilmente i più pericolosi sono il fluoro e lo iodio che danno intossicazioni anche mortali se assunti in larghe dosi. Tuttavia accorgimenti che possono sembrare banali, come quello citato sopra, vanno applicati anche a sostanze meno pericolose per evitare sgradevoli inconvenienti, che possono diventare molto pericolosi in caso di ingestione ad esempio di larghe quantità di stronzio o di boro da parte di bambini. I fertilizzanti possono contenere sostanze tossiche: conservare sempre il contenitore originale per mostrarlo al medico in caso di ingestione, ciò vale anche per ogni tipo di integratore e in caso di ingestione è sempre opportuno il parere del medico. Fra i danni tossici cito l’inalazione dell’idrossido di calcio, forse uno degli integratori più pericolosi. Agitare il contenitore e poi inalare o far venire a contatto con gli occhi la polvere che esce all’apertura del tappo può causare irritazioni anche importanti. Se la polvere o la soluzione fresca (caustiche e irritanti) vengono a contatto con gli occhi, lavate subito abbondantemente con acqua e, se necessario chiedete l’intervento del medico. Danni infettivi dovuti all’ingestione di acqua Negli acquari di acqua dolce non è inusuale la presenza di batteri potenzialmente dannosi per ingestione è da tempo segnalata la persistenza in questi acquari di salmonella (ma anche di altri microbi che provocano enteriti, cioè malattie infettive dell’intestino); per approfondimenti si veda questo articolo [2]. I germi possono essere portati in acquario dai pesci tropicali (lo studio è effettuato su acquari tropicali di acqua dolce), oltre che da rane e tartarughe. Questi microbi alla lunga non sopravvivono in un ambiente pulito ed equilibrato, ma possono sopravvivere a lungo nei sedimenti (al fondo dei filtri etc..). In tali casi l’ingestione accidentale di acqua dell’acquario (ad esempio quando si aspira l’acqua per i cambi) può produrre una gastroenterite simile a quella che si contrae mangiando frutti di mare contaminati. A mia conoscenza la segnalazione di salmonelle in acquari marini è sporadica e non documentata, ma non consiglierei di berla Segnalo da ultimo che i batteri prosperano sulle membrane degli impianti di deionizzazione, per questo bere acqua deionizzata (se non sterilizzata) può comportare infezioni intestinali, anche importanti (se conservata in bottiglie applicare le precauzioni di cui sopra) Danni di tipo allergico L’allergia è una reazione esagerata dell’organismo verso sostanze innocue o addirittura buone (ad esempio la cioccolata!). A secondo della zona dove avviene la reazione allergica si avranno orticaria (se la reazione è sulla pelle), asma (nei bronchi), rinite (nel naso) etc.. il meccanismo è sempre simile e prevede la produzione di una sostanza chiamata istamina responsabile di tutti i diversi sintomi. L’acquariofilo presenta spesso reazioni tipo eczema o orticaria (arrossamento, puntini, prurito, bruciore a volte vescichette piene di siero che si rompono facilmente ovvero fissurazione della pelle) nelle parti esposte all’acqua (il più spesso acqua di mare). Non mi è noto (e credo non sia mai stato studiato) se la sostanza causa dell’allergia (detto allergene) sia un componente dell’acqua (ad esempio qualche chelante contenuto nei sali marini artificiali), sostanze rilasciate dagli abitanti dell’acquario (ad esempio il muco dei coralli) o componenti del cibo per i pesci o integratori. Non conoscendo la causa non si può rimuoverla. Quindi posso suggerire solo norme generali di prevenzione e terapia: lavare rapidamente e a lungo le zone esposte con abbondante acqua (o acqua e bicarbonato): ciò riduce il tempo di contatto della pelle con l’allergene e quindi i sintomi. In casi più gravi è indispensabile la prevenzione con l’uso di guanti o la terapia con pomate al cortisone o antistaminici (i farmaci che bloccano appunto l’istamina) presi per bocca. è molto importante segnalare che è clinicamente documentato (molti casi!) che il cibo per i pesci anche in minime dosi (quelle piccolissime scaglie che potremmo aspirare quando lo prendiamo dalla scatolina) può dare crisi asmatiche [3]. I responsabili dell’allergia sono i crostacei ed altri componenti stessi del cibo. Sapere questo può in alcuni casi consentire una adeguata prevenzione specie nei bambini che più spesso sono esposti alle crisi asmatiche da inalazione di sostanze. Avvelenamenti da animali marini Una trattazione a parte meriterebbe l’intossicazione da ingestione di animali, in particolare marini. Mi limito ad accennare a questo problema perchè questo evento (seppur segnalato) è da considerarsi eccezionale nella gestione di un acquario (non è da trattare in questa sede l’intossicazione da animali marini a scopo alimentare). Alcuni coralli molli contengono una delle più temibili miscele di veleni naturali:è la Palitossina. Essa è contenuto in particolare nella palitoatoxica e in altri zoantidi (non tutte le specie). Questo argomento richiederebbe una trattazione a parte, per questo si rimanda a questo link [4] per maggiori approfondimenti è segnalato anche un caso di intossicazione dopo contatto di una ferita con tale organismo. L’argomento è trattato, insieme ad altre intossicazioni da ingestione di organismi marini (ma a scopo alimentare e non casuale!) in questo sito [5,] questo [6]è per chi volesse conoscere anche la leggenda della creazione di questa sostanza di cui bastano 4 microgrammi(!) per uccidere un uomo.
Fra i pesci potenzialmente pericolosi gli appartenenti alla famiglia degli scorpenidi sono quelli che si incontrano più frequentemente negli acquari. Mi sembra inutile in tal caso segnalare la necessità di particolari precauzioni. Un elenco più completo delle specie di pesci potenzialmente dannose si trova a questo link [7] .
Per quanto non graditi anche i vermocani (HeromdiceCarunculata) possono essere presenti nei nostri acquari. In realtà più facile imbattersi in questi sgradevoli predatori in mare. In tutti i casi la tossina contenuta nei loro aculei (come in quelle degli scorpenidi, a cui somiglia molto) da danni importanti penetrando fino ai muscoli (gli esami di sangue possono evidenziare le stesse alterazioni che si verificano dopo danni ai muscoli: un aumento degli enzimi LDH e CPK) e provocando sintomi locali di tipo nervoso (paralisi, alterata sensibilità etc, che possono durare anche mesi se il veleno penetra in profondità (osservazione personale).
è interessante osservare che le spine dei ricci di mare sono ricoperte da una tossina simile a queste, anche se meno dannosa e meno concentrata, per questo la puntura da aculeo di riccio è ben più dolorosa di quanto ci si aspetterebbe.
Molti degli animali che teniamo in acquario marino appartengono al phylum del celenterati, detti anche cnidari, (in greco knide significa ortica), proprio perchè pungono Gli appartenenti a questo gruppo spesso hanno sulla loro superficie degli organuli microscopici (cnidociti o cnidoblasti) che contengono un particolare corpicciolo, detto nematociste. Quando l’animale viene a contatto con un corpo estraneo, gli cnidociti espellono con violenza, come un microproiettile le nematocisti che penetrano come proiettili nel corpo della preda iniettando le tossine. Gli anemoni, le meduse e altri organismi simili si difendono in questo modo.
Una segnalazione a parte per la maggiore aggressività va fatta per i così detti Coralli di fuoco (millepora dicotoma o platyphyliaalcicornis, etc.) che in realtà appartengono alla sottoclasse Hydrozoa, e che da diverse segnalazioni vedo allevati in vasche tropicali. Millepora dicotoma. Le reazioni prodotte dai diversi celenterati sono più o meno gravi a secondo la loro aggressività (massima per i coralli di fuoco), dal fatto se il contatto è stato più o meno stretto e da quanto è durato. Le nematocisti (i proiettili carichi di veleno) provocano una reazione cutanea locale che prevede la liberazione di istamina (quindi una reazione molto simile a quella allergica) che secondo il tempo di contatto può essere più o meno grave (orticaria, bolle, gonfiore e a volte cicatrici). In casi più gravi si formano delle ulcerazioni.
Alcune tossine possono entrare nella circolazione del sangue e provocare sintomi generali anche gravi (solo in rari casi di soggetti ipersensibili o quando il contatto è stato molto stretto, ad es. quando a mare ci si siede su un anemone) con nausea, vomito, spasmi muscolari, shock etc… In rari casi di contatto con coralli di fuoco le lesioni persistono molto a lungo assumendo le caratteristiche di una vera e propria malattia [8] Sono state segnalate reazioni cutanee (prurito, arrossamento, bolle) quando in mare si nuota in un campo di attinie, per questo arrossamento, prurito, bollicine etc, che compaiono sulle mani quando le mettiamo in vasca (marina ovviamente) possono non essere dovute ad allergia, ma a queste tossine che in un ambiente confinato come la vasca sono ben concentrate. Quindi coralli ed altri celenterati possono provocare una irritazione (piu propriamente eczema) delle mani immerse nella vasca con due meccanismi molto diversi: allergia e contatto (tossine). Purtroppo non sempre è possibile differenziare le due cose perchè il meccanismo è sempre lo stesso: liberazione di istamina.
Segnalo come molto importanti due accorgimenti in caso di contatto con tutti questi veleni (compresi quelli degli scorpenidi, vermocani e ricci) 1) in caso di contatto con celenterati (vale anche per le meduse a mare) è bene sapere che le nematocisti scoppiano se immerse in acqua dolce, quindi per non aggravare il danni la prima cosa è sciacquare con acqua di mare per rimuovere eventuali frammenti di tentacoli (di norma basta sciacquare per un paio di minuti) 2) tutti questi veleni si distruggono col calore. Quindi giova subito dopo il contatto riscaldare la parte con acqua calda (vale per tutti i veleni, anche quelli del riccio) lavando molto abbondantemente per rimuovere al massimo le tossine. L’uso di cortisone locale, nella maggior parte dei casi è più che sufficiente, raramente sono necessari antistaminici e cortisone per bocca. Infezioni da acquario La presenza di batteri in acquario è normale, ma fra questi batteri possono esservene alcuni fonte per noi di malattie. Di norma tuttavia quando mettiamo le mani in acquario non sviluppiamo una malattia e questo avviene per tre motivi 1) la pelle è integra e ci protegge come un guanto 2) il nostro organismo si difende dalle infezioni con le così dette difese immunitarie 3) i batteri non sono molto aggressivi e/o quelli aggressivi sono quantitativamente pochi Analizziamo i problemi che possono alterare questo equilibrio fra difese e aggressività dei batteri. 1) La nostra pelle ci protegge come un robusto guanto, ma quando è lacerata, o si lacera al contatto con arredi o animali in vasca, da libero accesso alle infezioni. Per questo i tagli provocati da coralli, ed in generale ogni taglio che sia avvenuto dentro la vasca (dolce o marina che sia) si considera ad alto rischio di infezione. Lavare abbondantemente, disinfettare bene le ferite, non mettere le mani in vasca se vi sono ferite o abrasioni è una norma di igiene generale da seguire sempre. Anche lavarsi le mani bene dopo averle immerse in vasca (specie dopo aver cambiato i materiali filtranti) è molto importante (vedi anche il paragrafo sui danni infettivi da acqua). Molti consigliano l’uso continuo di guanti e i più salutisti arrivano a dire prima i guanti e poi l’acquario, io personalmente non credo bisogna essere così drastici (salvo nei casi sotto riportati) tuttavia una corretta igiene è indispensabile sempre, specie se in casa vi sono bambini o persone suscettibili alle infezioni (vedi sotto) 2) esistono malattie o più in generale situazioni, che riducono le difese immunitarie. I soggetti che ne sono affetti vengono detti immunodepressi. La più frequente di queste è il diabete (quando grave), ma anche lo stato di gravidanza, le malattie del fegato (gravi), fino a situazioni più gravi come i tumori, le leucemie e le terapie che si fanno per questi etc.. Le persone in tali situazioni non dovrebbero mai mettere le mani in acquario, ovvero proteggerle con guanti fino al gomito. Vale per loro ancor di più la raccomandazione di lavare bene le mani (almeno 2-3 minuti) dopo averle messe in acquario.
3) Oltre i comuni batteri che possono essere presenti anche su qualsiasi superficie sporca (terra, polvere etc..) esistono delle specie batteriche più frequenti o peculiari degli acquari (vedi tabella). Questi si trasmettono sempre attraverso ferite.
Le prime quattro sono infezioni delle ferite che si creano rapidamente dopo che essa è stata esposta all’acqua dell’acquario, sono evidenti in quanto si crea arrossamento, bolle, dolore etc.. attorno alla ferita già nelle prime ore dopo che si è creata. Si curano con antibiotici (diversi secondo il tipo di microbo e la gravità) e si prevengono con la disinfezione oltre che con le norme su dette. L’infezione da MycobacteriumMarinum assolutamente peculiare, viene indicata come sempre più frequente (3 casi per milione di abitanti ogni anno negli USA) e la sua terapia è tanto più efficace quanto più precoce. La tratto più in dettaglio per questo e perchè, nonostante aumenti di giorno in giorno il numero di articoli che se ne occupano sui giornali specialistici, molti ancora non la conoscono e ritardano la diagnosi. Il MycobacteriumMarinum viene portato nella vasca da pesci malati. Nei pesci sono stati isolati due tipi di M.Marinum uno dà una malattia rapidamente mortale che non si trasmette all’uomo, l’altro nei pesci dà una malattia lenta e progressiva e nell’uomo il quadro clinico riportato sotto. I pesci malati dimagriscono, hanno colorazione inusuale (foto), deformità dell’addome /(addome rigonfio) e della spina dorsale e spesso gli occhi particolarmente prominenti (esoftalmo). Purtroppo i sintomi visibili descritti non sono sempre presenti e il pesce può morire senza presentarli. In tal caso la diagnosi è possibile solo con l’esame post mortem. Con questo si rilevano dei noduli (si chiamano granulomi) in molti organi interni. Tale esame può tuttavia essere difficoltoso.
Il batterio è particolarmente resistente (è descritta perfino l’infezione di una coppia di lucertole ornamentali tenute in una vasca che prima era servita per acquario ed era stata ben asciugata [9]), e sopravvive anche nelle piscine non sufficientemente clorate (la malattia si chiama anche granuloma da piscina oltre che granuloma da acquario). Da notare che la malattia non si propaga mai da uomo ad uomo, ma solo da pesce o materiale infetto a uomo. Il microbo entra sempre attraverso una ferita provocata in acquario o durante la pesca con ami o spine, ovvero da crostacei e l’infezione inizia sempre nella zona di ingresso. Per questo nel 90% dei casi l’infezione colpisce le mani o gli avambracci: perchè da li che entra il microbo. Ciò che trae più speso in inganno nella diagnosi è che la malattia si manifesta 2-3 (fino a 6) settimane dopo che il germe è penetrato. La ferita tende a guarire, ma si forma nelle vicinanze un piccolo nodulo di 1-2 centimetri, o , a volte, più noduli in una zona adiacente (vedi figura). I noduli sono modestamente dolenti, arrossati o bluastri, a volte la pelle che li copre è squamata o con piccole ferite che non guariscono.
L’infezione non tende alla guarigione, anzi al contrario i noduli possono aumentare di volume, aumentare di numero e diffondersi ai tessuti profondi (anche all’osso). Cò ovviamente avviene più spesso nei soggetti immunodepressi in cui la malattia è ovviamente grave. Dal punto di vista medico il pericolo è quello di pensare ad una malattia reumatica (che da noduli simili) e trattarla con cortisone anzichè con antibiotici. La diagnosi si pone soprattutto vedendo le lesioni e sapendo che il paziente ha avuto contatti con acquari (o altro materiale infetto), sono possibili anche altri esami (la colorazione del tessuto prelevato per la ricerca del batterio e la coltura) tuttavia si tratta di esami lunghi ed è importante l’inizio rapido della terapia per cui spesso si preferisce iniziare la cura prima di aver ottenuto i risultati. Il trattamento antibiotico (con antibiotici specifici) dura generalmente almeno tre mesi o più in relazione alla diffusione, alla gravità della malattia ed alla tempestività della cura. In rari casi è necessario asportare i noduli chirurgicamente. La guarigione è completa nella maggior parte dei casi. In pochi casi la malattia ricompare dopo alcuni mesi dall’interruzione della cura ed è necessario ricominciare, Ulteriori informazioni su questa malattia si possono trovare in questi siti [10, 1112] Nota: La finalità di questo articolo è puramente divulgativa e non medica, esso è finalizzato solo alla segnalazione di alcuni dei danni e rischi connessi all’acquariofilia e alla loro possibile prevenzione. Ritengo sempre pericoloso volersi sostituire al medico e per questo ho volutamente omesso indicazioni specifiche sulla terapia (specie delle malattie infettive). I lavori ed i siti internet citati provengono da periodici medici o da siti governativi che ritengo affidabili. Ho volutamente evitato di citare articoli prelevati da siti personali o che riportano esperienze singole. Ho ritenuto importante segnalare come dubbia (o come osservazione personale) ogni notizia che non provenisse da siti di provata affidabilità. Per ogni commento potete scrivermi a Mauro56@tin.it |
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