Tale genere è presente in Nord America, e precisamente nel bacino del Mississippi, dal North Carolina alla all’Alabama, e poi giù fino in Florida, nella zona delle Everglades. E proprio in quest’ultima zona ritroviamo Elassoma evergladei, da cui prende appunto il nome specifico. La IUCN (International Union for Conservation of Nature and Natural Resources) non ha ancora redatto un assessment su questa specie, ma si sa per certo che la sua diffusione si sta contraendo, a causa del peggiorare delle condizioni ambientali nell’habitat di diffusione e per la presenza di specie alloctone che vanno ad occupare la loro nicchia ecologica o li predano in maniera massiccia. L’habitat in questione è formato da stagni, paludi e piccoli fiumi a lenta corrente, con substrati fangosi e abbondante vegetazione (comprese molte alghe). Le condizioni ambientali sono molto eterogenee, con presenza di forte illuminazione, temperature tra i 10 e 30°C (ma in inverno sopportano anche i 5°C), pH tra 7.0 e 7.5 e KH tra 6 e 12. La loro alimentazione è basata su piccoli animali, quali vermi, larve e piccoli crostacei, integrati da un consumo regolare di alghe. Alghe (verdi) che quindi non dovrebbero mai mancare in una vasca a loro dedicata. Ovviamente la vasca dovrà essere monospecifica, se si vorrà allevare e riprodurre al meglio questi fantastici pesciolini. Elassoma evergladei è una specie ovipara, che depone le uova in mezzo alla vegetazione, tra alghe e steli/foglie di piante filiformi. Io personalmente ho utilizzato con successo dei MOP in lana sintetica, utilissimi allo scopo. Il dimorfismo sessuale negli adulti è molto evidente: il maschio (in tutto il periodo riproduttivo) è di un bellissimo nero, pigmentato finemente su tutte le pinne di un blu-azzurro elettrico. Quando invece è nella pausa invernale, il nero viene sostituito da un grigio-azzurrino. La femmina invece rimane più anonima, con un colore tra il beige ed il grigio e con pigmentazioni marroni tali da facilitarne la mimetizzazione tra il fondo e la vegetazione. La femmina, con le tipiche picchiettature marroni sul corpo beige Il maschio invita la femmina nel sito di deposizione, con danze rituali bellissime e particolari: ad intervalli regolari apre tutte le sue pinne, le “sfarfalla” davanti alla compagna come per incantarla e scatta veloce nel futuro nido per invitarla a deporre. Una volta che la femmina ha deposto (fino a 60 uova), il maschio sorveglia il nido, senza comunque attaccare in maniera particolare la femmina. Dopo qualche giorno (da 2 a 4) le uova si schiudono ed i piccoli (delle microscopiche schegge di vetro) rimangono per qualche giorno all’interno del nido per poi sparpagliarsi lungo i bordi dei vetri della vasca. Non ci sono cure parentali, ma ho notato che i genitori non prestano molta attenzione alla prole nemmeno in termini di predazione. La loro prima alimentazione deve essere composta da infusori (ma se il filtraggio è ad aria, se l’acqua è “vecchia” e se sono presenti alghe in quantità, la presenza di infusori in vasca è molto probabile) ed organismi più piccoli di un nauplo. Io ho utilizzato anguillole dell’aceto e “banana worms”. Dopo un paio di settimane si può passare ai naupli. Importante, comunque, anche in questo caso la presenza di alghe verdi. Il maschio “corteggia” la femmina e la invita nel sito di deposizione Gli avannotti ad un mesetto dalla nascita:
La vasca ottimale per questi pesci (intendo per la coppia in riproduzione e i piccoli nelle prime fasi di accrescimento) deve essere non troppo grande (sopra i 30 litri e sotto ai 60), per monitorarli quotidianamente ed alimentarli al meglio. L’ideale sarebbe predisporre tre vasche: una da 30 – 40 litri per la riproduzione (una coppia per vasca), una seconda da 20 – 30 litri per la schiusa delle uova e le prime fasi di crescita ed una terza (più grande, direi sopra i 60 litri) per l’accrescimento e l’allevamento. Io ho optato proprio per questa soluzione. L’arredamento deve essere semplice e spartano: presenza di vegetazione (sommersa e/o galleggiante) e/o di alghe verdi, un piccolo legno che offra dei rifugi e uno o due MOP affondanti, che servano da sito di riproduzione per la coppia o da rifugio e alimentazione per i piccoli. Volendo si può allestire un acquario più naturale ed esteticamente valido, utilizzando un fondo fertilizzato, della Sagittaria subulata piantata nel substrato (è una specie presente nei loro habitat) e cespugli di muschi per la deposizione. Io all’inizio, per la coppia riproduttrice, allestii proprio così la vasca per ospitarli, ma successivamente ho optato per un arredamento molto più “povero” ma più gestibile, al fine di ottimizzare al meglio la riproduzione. Solo nel 60 litri, attrezzato con un filtro d’Amburgo, è presente un fondo fertilizzato con della Sagittaria subulata (e tante alghe), in modo da dare ai pesci un riparo ideale e da favorire al massimo la presenza di microfauna. L’iniziale vasca interna, più curata a livello estetico, ma meno funzionale per una riproduzione che tenda al massimo della fitness La vasca utilizzata per la riproduzione La vasca utilizzata per la schiusa e le prime fasi di accrescimento degli avannotti La vasca utilizzata per l’accrescimento e l’allevamento degli avannotti La tecnica della vasca potrà essere ridotta all’osso. Per il filtraggio e la movimentazione dell’acqua, consiglio vivamente un semplice filtro ad aria (anche un filtro d’Amburgo va bene), ideali per avere un buon movimento dell’acqua ma non eccessivo (come detto non amano le forti correnti, né eccessive bolle d’aria), per mantenere una buona microfauna in vasca e per non mettere in pericolo la vita dei minuscoli avannotti. La luce non deve essere troppo bassa, ma se la vasca (come nel mio caso) la posizionate fuori, il sole sarà perfetto (e farà benissimo al metabolismo e alla crescita di questi pesci). In tal caso, occhio soltanto a non far illuminare la vasca dai raggi solari diretti nelle ore più calde estive. Ovviamente il termoriscaldatore non serve. Nel mio caso in realtà, c’è stata un’eccezione, in quanto ho preso la coppia a fine ottobre. E visto che ho posizionato la vasca all’esterno (dentro casa sono ormai pieno) e visto che nella mia zona le temperature in inverno (di notte) scendono sotto lo zero, per paura di nuocere alla loro salute, ho montato in vasca un termoriscaldatore fissato a 18°C e collegato ad un timer, che lo ha fatto accendere (nel periodo da dicembre a marzo) solo di notte. Giusto il tempo per non far scendere la temperatura sotto i 5 – 8°C, visto che il termoriscaldatore in quel lasso di tempo e con temperature sotto lo zero non riusciva ad arrivare comunque a 18°C. In ogni caso è stata una situazione singolare e contingente, visto che il prossimo inverno ricovererò tutti i piccoli (ormai cresciuti) nell’acquario esterno da 60 litri, ben coibentato da lastre di polistirolo e posizionato sotto il portico nel lato a sud della casa. La coppia riproduttrice invece ho deciso di inserirla in una vasca autosufficiente (un’autovasca da 45 litri senza filtro, né riscaldatore) dentro casa. Le altre due piccole vasche, per l’inverno, rimarranno vuote. Sia che stiano dentro casa che fuori, l’importante comunque, è che ci sia una consistente differenza di temperatura nella vasca a livello stagionale, fondamentale per un buon sviluppo dei pesci e per il loro successo riproduttivo (la pausa invernale serve per recuperare le forze). Personalmente ho assistito alla loro prima riproduzione nel mese di marzo (con temperature medie massime sopra i 15°C), quando ho notato 3 – 4 piccole schegge aggirarsi per l’acquario. Ho iniziato così ad aumentare il dosaggio quotidiano di anguillole dell’aceto e banana worms, oltre ai naupli e al congelato dati alla coppia adulta. È importante considerare infatti che è difficilissimo accorgersi subito della avvenuta riproduzione. Quindi è necessario dosare sempre infusori anguillole dell’aceto e/o banana worms per nutrire gli eventuali invisibili avannotti. Passato un altro mese ho osservato un aumento considerevole dei piccoli in vasca, cosicché ho deciso di spostare la coppia in un’altra vasca di circa 30 litri, appositamente allestita con un filtro ad aria, un MOP, un piccolo legno e piante galleggianti. Da qui ho sostituito ad intervalli settimanali il MOP, spostandolo nella vasca di schiusa ed accrescimento dei piccoli, in modo da ottimizzare la riproduzione di questa bellissima specie. Dopo circa un paio di mesi mi sono ritrovato con una cinquantina di piccoli di https://www.acquaportal.it/_archivio/articoli_2013/elassoma. E qui viene il bello. E sì, perché il problema con questa specie è la sex-ratio molto sbilanciata: tanti maschi e poche, pochissime femmine. Questo perché in natura i maschi rischiano di morire più facilmente, sia per i combattimenti “sfiancanti” alla conquista della femmina, sia perché le loro parate e la loro livrea così accesa li pone maggiormente in vista ai predatori. Fino ai primi di settembre (quindi sei mesi di età della F1) ancora non avevo idea di quanti maschi e quante femmine avevo in vasca. Anche perché può capitare spesso che molti maschi sottomessi simulino la livrea delle femmine per evitare gli scontri con i dominanti. Però, alla fine di settembre, ho potuto constatare con mia grande felicità, che all’interno dei cinque vetri sembravano esserci (apparentemente) parecchie femmine. La definitiva risposta l’avrò la prossima primavera, all’inizio cioè delle riproduzioni. Un consiglio finale che mi sento di dare è di non cambiare troppo frequentemente l’acqua nella vasche e di non esagerare con la quantità cambiata, in quanto questi pesci amano un’acqua “matura”. Quindi l’ideale è fare dei piccoli cambi (5 – 10%) ogni 3 – 4 settimane, ovviamente regolandosi in base alla qualità dell’acqua e al numero di pesci (e di piante/alghe) presenti in vasca. A ltro punto da sottolineare (e parlo per esperienza personale) è che non amano cambi dell’acqua turbolenti e “frettolosi”, soprattutto in fase di schiusa e accrescimento, pena uno sviluppo non ottimale e problemi alla vescica natatoria e alla spina dorsale (paragonabile ai “belly sliders” nei killifish). Anche per questo è meglio regolare al minimo l’aeratore dell’eventuale filtro ad aria. Detto questo, mi sento pienamente di consigliare questa fantastica specie, ecologicamente (nel senso di parametri di allevamento) ideale a chi vuole avvicinarsi ad un’acquariofilia semplice e poco dispendiosa, ma che abbia, badate bene, come obiettivo finale e fulcro di interesse il benessere degli individui ospitati, il rispetto delle loro esigenze ed il mantenimento, nel futuro, del loro genoma. I piccoli ad un paio di mesi di vita:
La generazione F1 a 6 mesi di età:
Una probabile piccola femmina: |
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