Dischi d’acqua, ovvero La mia esperienza con le razze d’acqua dolce. Premessa: E’ stata un’esperienza iniziata così, un po’ per caso, nata da una scelta (che con i pesci da tenere in acquario non è mai il massimo !) emozionale: vederla e pensarla nella mia vasca è stata una sola cosa. Certo, se non altro la vasca era adatta se non per tutta la prevedibile (nella realtà le cose sono andate in modo diverso) vita della razza per lo meno per un bel periodo con la possibilità nel mentre di pianificare bene il passo futuro. E così per farla breve il pomeriggio del giorno di San Valentino di un po’ di anni fa (come reciproco regalo, siamo BEN matti ?) mi ritrovai con il mio primo pesce non-osseo?? tutte le razze come gli squali e le mante sono pesci cartilaginei in vasca … Era, per la giovane età, un esemplare NON sessato cui fu dato il nome di Valentin-X (con la x destinata a sparire al palesarsi delle cose), L’esperienza fu oltre che intensa breve: mentre ero in Messico, con Juan Miguel Antigas Azaz, a caccia di ciclidi la razza morì. Comunque qualcosa ho imparato, ed ecco cosa: Le razze d’acqua dolce, loro origini, evoluzione e biotopo originali: sull’argomento si potrebbe parlare per sempre. Vediamo quindi di sintetizzare: Le razze (amazzoniche) sono più vicine dal punto di vista dell’evoluzione, sebbene possa sembrare strano, alle razze (marine) dell’Oceano Pacifico piuttosto che a quelle atlantiche. L’origine di tutto ciò è da ricercarsi nella genesi stessa agli albori del tempo del bacino del Rio delle Amazzoni: quando, a seguito di un immane terremoto, le Ande crebbero il fiume muoveva verso il versante opposto all’attuale. Come conseguenza del movimento tellurico il flusso si interruppe ed il tasso di salinità (le razze frequentavano la zona salmastra dell’estuario alla ricerca di cibo) iniziò a decrescere, col passare del tempo le razze che vi si erano trovate intrappolate quelle che sopravvissero alla selezione causata dalle mutate condizioni, ovviamente si trasformarono in pesci d’acqua dolce.
Il mantenimento in acquario (arredamento, necessità specifiche, compagni di vasca): Le razze da mantenere in acquario andrebbero sempre scelte tra esemplari già quarantenati (assumo che il concetto sia chiaro a tutti) e mangianti (ovvero che si nutrono autonomamente ed in modo naturale) in quanto il confrontarsi con esemplari freschi di cattura può risultare una faccenda, come dire, complessa. Non va, infatti, dimenticato che le razze sono pesci senza scaglie e la loro trattazione in caso di patologie ? o appunto per semplice quarantena – non è semplice n? facile. Sotto determinate circostanze le razze potrebbero avere la necessità di vedersi somministrate degli antibiotici (e/o altri medicinali) tramite iniezione, con tutte le conseguenze del caso in merito ad una possibile reazione ‘alterata’ (solo come esempio ma pensate anche ai dosaggi!) da parte di un pesce che dispone di un pungiglione che rappresenta, in natura, un incubo che va per i nativi ben oltre la paura dei piranha (essendo quest’ultima tra l’altro stata gonfiata a dismisura da un certo tipo di filmografia deteriore e catastrofista). Il secondo ma parimenti importante punto da tenere ben presente quando si approccia l’allevamento di questi pesci può essere riassunto, semplicemente, in: PENSATE GRANDE e, se possibile, un po’ di più!
Quando si gestiscono razze di piccola/media taglia è senz’altro possibile arredare il proprio acquario nel così detto (benchè sovente poco corrispondente alla realtà) stile amazzonico ma confrontandosi con esemplari adulti/di grossa taglia la loro dimensione e forza andranno prese, per forza di cose, in considerazione. Se rifiuteremo di farlo saranno le razze stesse e le condizioni in cui ridurranno la vasca che abbiamo minuziosamente arredato a rammentarcelo …
I compagni di vasca (eventuali) sono un altro punto da considerare con attenzione, potranno essere: altre razze (anche con differenze di taglia avendo cura però di non giungere ai limiti più radicali), dei pesi massimi come gli Oscar (Astronotus ocellatus) od anche Arowana (con qualche precauzione). Esistono report circostanziati di (felici) convivenze con grossi Discus e/o scalari come pure con grossi caracidi ma le cautele in questi casi non sono mai troppe. Infine un’altra buona opzione possono essere i loricaridi (che, tra l’altro, provengono dagli stessi areali di distribuzione) con qualche attenzione per la brutta abitudine di alcuni di loro di succhiare il muco cutaneo dal disco delle razze. La mancata attenzione a questo comportamento dei loricaridi è da considerare comunque, in certo qual modo, aberrante può sfociare tardando ad intervenire in brutte escoriazioni cutanee ed addirittura ferite che sono di non facile gestione/cura: i principali indiziati di questo brutto comportamento sono i Pleco (Hypostomus sp. nelle varie accezioni) ed i Royal Panaque (come ad esempio – ma non solo è il comunissimo Panaque nigrolineatus). L’allevamento di più razze consentirà al fortunato allevatore che potrà permetterselo! l’osservazione del curioso metodo che le razze (caratterizzate da un livello di aggressività in generale modesta) hanno per definire (e rimarcare) le loro gerarchie: il topping, l’esemplare dominate è semplicemente e prosaicamente si posizionerà sopra quello inferiore in grado per rimarcare il suo status. Difficilmente si verificheranno veri combattimenti Trovo superfluo aggiungere che nei sopraelencati casi la dimensione complessiva della vasca deve essere estremamente significativa (e credo, ragionevolmente, oltre le dimensioni della maggior parte delle vasche tipo’ ad uso domestico).
Il mantenimento in acquario (dotazioni tecniche, chimica dell’acqua, alimentazione): nel gestire questi pesci, poco importa la dimensione, i filtri saranno sempre sotto dimensionati o quasi, inoltre l’uso di unità filtranti multiple nel seguito ne vedremo le ragioni! – è quasi un must. Nell’arredare l’acquario (meglio nel disporre i servizi tecnici del medesimo) sarà di estrema importanza posizionare il/i riscaldatori in modo da evitare il contatto (anche fortuito) con la delicata cute delle razze, infatti l’uso unità (scaldanti) di potenza elevata ha spesso, come sgradevole corollario, l’insorgere di scottature, la cui cura ? ancora una volta ? ? tutto meno che semplice! Filtri multipli dicevo , ed ecco perchè Queste splendide creature sono sensibili (già a livelli minimi, del tutto tollerati da quasi tutti i pesci d’acquario) al crescere dei nitriti/nitrati il cui aumentare con una soglia di pericolo, mi ripeto, estremamente bassa può ingenerare usa sorta di irreversibile intossicazione dell’animale (c.d. death curl’ nella terminologia anglosassone). I filtri multipli hanno quindi e direi ovviamente la funzione di minimizzare/ammortizzare eventuali problemi derivanti da malfunzionamenti, guasti e/o fermi improvvisi dei filtri stessi. La frequenza e la quantità dei cambi d’acqua suggerita varia tra il 20% ed il (anche) 50% della capacità totale della vasca a cadenza settimanale: la marcata differenza negli estremi sta ad indicare la discrezionalità di intervento da parte dell’allevatore in funzione dei soggettivi parametri di allevamento. L’acqua stessa dal canto suo sarà tenuta in un intervallo di temperatura oscillante tra i 22° ed i 30° C avendo altresì cura di evitare le chimiche più estreme in specie verso il limite alcalino. Nella pratica qualsiasi cosa – quale che ne siano le ragioni – vada male nella gestione dell’acquario e segnatamente chimica dell’acqua e/o ciclo dell’azoto avrà immediatamente come riscontro l’arresto dell’assunzione del cibo da parte della nostra razza e l’insorgere di un comportamento ‘letargico’ entrambe abbastanza in contrasto con il comportamento naturale. Le razze sono tra i pesci per i quali l’uso di cibo vivo è consigliato/raccomandato (attenzione all’introduzione di compagni di vasca di taglia eccessivamente minuta, ad evitare, da parte della nostra protetta, comportamenti self-service!), da menzionare infine che, come regola generale, le razze rifiutano il cibo preconfezionato (i mangimi industriali, per capirci )
Il mantenimento in acquario (razze che richiedono speciali attenzioni): sono, ad esempio, quelle conosciute come “Antenna Ray” in ragione della loro lunga, delicata, coda che richiedono vasche dedicate (anche al singolo esemplare) a meno che l’obiettivo non sia cimentarsi (auguri!) nella loro riproduzione. Stesso comportamento (vasca dedicata, ma per motivi opposti) terremo con quegli esemplari e ce ne sono la cui dimensioni da adulti (in dimensione disco) eccedono il metro Il mantenimento in acquario: la gestione di animali velenosi (tipo di rischio: pungiglione): Le razze (anche quelle marine) SONO velenose o meglio lo è il loro pungiglione nascosto lungo la loro coda. Si tratta di una tossina proteica almeno su questo tutti gli studiosi sono d’accordo! ?di cui si sa ben poco se non che come tutte le tossine animali tremolabile. Questa caratteristica, introduce un ottimo, sebbene rozzo, mezzo di primo soccorso (non dimenticatelo): l’applicazione sulla zona colpita di acqua calda (sino al limite dell’ustione ) diminuirà grandemente la virulenza del veleno la cui gestione (meglio della puntura) andr? poi COMUNQUE destinata a personale medico specializzato. Il recupero non sarà facile e neppure semplice, la regressione completa di tutti i sintomi può richieder anche molti mesi. I rischi reali di esito fatale sono minimi, ma ricordate cosa è accaduto a Steve °Crocodile Man Irwin, e sono limitati a punture ricevute da soggetti debilitati e/o colpi ricevuti in zone particolarmente vulnerabili (ad esempio addome o grosse vene). Le punture secondo quanto è riportato dalla letteratura specifica sono estremamente dolorose e la loro cura è complicata del frantumarsi del pungiglione (all’interno della ferita): una simile situazione comporta rischi per la salute del soggetto colpito derivanti dal (possibile) rimanere all’interno della zona colpita di residui di sostanza organica con tutte le conseguenze del caso.
Accoppiamento e riproduzione (cenni): Questi pesci che sono come detto degli elasmobranchi, (ovvero: pesci cartilaginei) come gli squali, le razze marine e le mante, mostrano un dimorfismo sessuale estremamente accentuato caratterizzato (nei maschi) dal pene bifido (che posto per capirci ai due lati della coda). La gravidanza non comune in vasca – interna (come in molti di questi pesci), dura tre mesi ed i nuovi nati (rilasciati in numeri da uno a quattro) sono già al momento del parto assolutamente autosufficienti. L’importazione di femmine fecondate in natura (prima della cattura) si conclude, spesso, con esito felice. L’abitudine di molti appassionati di tenere razze diverse (per genere e specie) nella stessa vasca crea (bench? le riproduzioni in cattività non siano comunissime, come detto) il rischio di possibili ibridazioni incontrollate: non ho riscontri sicuri ma la cosa ? plausibile che possa accadere tra esponenti dello stesso genere come ad esempio il diffusissimo, in acquario, Potamotrygon. La mia razza era una Potamotrygon leopoldi (conosciuta, in ambiente anglosassone, col nome di Polka Dot Sting-Ray), e quello che segue il report della mia esperienza.
La mia breve esperienza, nel dettaglio. La disponibilità di questi pesci sul mercato (anche se le cose stanno cambiando, ma lentamente) non è elevata, a suo tempo ebbi la mia razza (direttamente ed a titolo di amicizia) da un grossista (che mi ha chiesto di rimanere anonimo). Era, come detto, una Potamotrygon leopoldi che assieme a Potamotrygon henlei fa parte del gruppo delle così dette Black Ray. Sono entrambe ritenute facili (nel campo specifico) da allevare e sono da considerarsi un approccio ragionevole a questo tipo di allevamento. Mostrano un corpo scuro/nero con molteplici ocelli più chiari che, in Potamotrygon henlei, sono presenti anche sulla faccia inferiore del disco. Si dice siano entrambe le specie – buone mangiatrici: la mia gradiva molto i gamberi (freschi), il pesce surgelato e sfilettato e ultimo ma non ultimo – i grossi lombrichi vivi specie se tagliati in pezzi e sanguinanti Un piccolo inciso: vi ricordate del già menzionato iper-filtraggio Beh, se a tutto quanto sopra aggiungete una dimensione (disco) di 45 cm per un esemplare adulto avrete subito un’idea di quello con cui occorre confrontarsi … La mia razza fu alloggiata in una vasca da 360 litri (assieme ai pesci parliamo di alcuni anni fa! portati a casa dal Perù ed era servita da due filtri (appunto):
Non usavo (per scelta e per necessità logistica) acqua di osmosi ma abbondavo con estratti di ?acque scure?, che preparavo (secondo una ricetta personale) partendo da foglie di quercia. I futuri almeno allora progetti: purtroppo in parte sono rimasti tali (come sempre fra dire e fare ) ma puntavano ad una vasca da 750/800 litri destinata inizialmente alla razza e ad un ristrettissimo (e selezionato) numero di altri grossi calibri amazzonici, ambivo ad un’altra razza, un Sorubim lima (un catfish, notturno e predatore, della famiglia dei pimelodidi) ed un paio di Oscar da far muovere in un ambiente che immaginavo di acque brune e luce soffusa: almeno nel mio immaginario un gran bello spettacolo Per tanti e troppi motivi (in questa fase ininfluenti) il progetto non si è mai sviluppato completamente, ma questo è un altro discorso: l’esperienza con la razza rimane. Libri (per documentarsi) sull’argomento. Manco a dirlo sono pochi, difficili (ma non impossibili) da rinvenire e rigorosamente in lingua inglese:
Una (mia) recensione più approfondita degli stessi disponibile QUI. La breve fotostoria dell’arrivo (e permanenza) della mia razza in vasca. Foto (sopra e sotto) della scatola misteriosa, all’arrivo nella foto sotto qualcosa già si immagina! Ancora sotto ecco come il pesce appariva immediatamente dopo l’estrazione (con tutte le cautele del caso) dal sacchetto, tutto sommato in buona forma La razza era stata (affidabilmente) sottoposta a quarantena in precedenza e dopo un lungo ambientamento con cambio/aggiunta d’acqua ad evitare stress inutili è andata direttamente nella vasca principale: chi osa vince, e tutto andò alla perfezione!
Ed ora un primo piano: il pattern cromatico la identifica con facilità come un (da me supposto maschio, anche se non saprei bene dire perchè) componente del già citato gruppo delle “Black Ray”, il temuto pungiglione è guardando bene in vista sul margine destro della coda. Non vi scordate mai di lui, quando vi prendete cura del vostro amorevole cuccioletto acquatico e per finire sotto – due immagini scattate in vasca, la creaturina sta attivamente ispezionando la vasca per comprenderne i segreti (anche i pesci devono capire come funziona l’ambiente in cui si muovono per poter, poi, interagire bene con lo stesso), ovviamente se nell’esplorazione ci scappa un buon boccone In questa fase la mia razza si è guadagnata per la sua attitudine allo sterro anche il soprannome, alternativo (e meno gentile) di “Bulldozer” o “Caterpillar” ? Credetemi fu un meraviglioso, reciproco, indimenticabile (come indimenticabile fu l’esperienza di accudirla) regalo di San Valentino!!! La vasca utilizzata (per completare il quadro), in generale ? L’ambiente molto scuro (vedi foto) per l’uso dei menzionati acidi tannici, per la presenza di molte radici e per l’illuminazione modesta. Il fondo (con granulometria forse esagerata ma frutto di precedenti esperienze) ha uno spessore assai modesto. La bestia si intravede (si, d’accordo, più o meno ?) sotto la filiforme, contorta, radice biancastra in primo piano aguzzate la vista!!!
E, per finire: dalla ?Photo Gallery? di Malawi Cichlid Homepage Immagini di Potamotrygon motoro (foto archivio MCH), come si vede allevata in condizioni bare bottom (ovvero con fondo nudo); un’opzione per me opinabile ma che semplifica grandemente la gestione ed i mantenimento di un ambiente salubre per questi soggetti senzaltro impegnativi.
Conclusioni: Questo è davvero tutto e giunto alla fine – non posso che invitarvi se appena ne avrete la possibilità a cimentarvi in una simile esperienza: il confronto con animali così enigmatici, dalle peculiari necessità di vita, saprà certamente gratificavi non poco e vi troverete, col tempo, a rendervi conto di quanto una simile avventura abbia incrementato il vostro bagaglio di cultura ed esperienze acquariofile. Provare per credere |
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