- 1 Introduzione
- 2 Il bilancio energetico e la rete alimentare in acquario
- 3 Come funziona il DSB a livello batterico
- 4 Superficie colonizzabile
- 5 Quantità di nutrienti a disposizione
- 6 Ruolo degli organismi bentonici (infauna)
- 7 Come funziona il DSB a livello bentonico
- 8 Allestimento del DSB
- 9 Presunti problemi legati al DSB
- 10 Sfatiamo le leggende metropolitane
Introduzione
Perché si inserisce uno spesso letto di sabbia (che da qui in poi chiameremo semplicemente DSB che sta appunto per Deep Sand Bed) in un acquario marino tropicale?
Lo si fa inizialmente per motivi di ordine economico ed estetico, ovvero per:
- ridurre il costo di allestimento dovuto in primo luogo alle costose rocce vive
- migliorare esteticamente il layout, che diventa più arioso ed aggraziato
- consentire l’introduzione di animali tipici della sabbia
- aumentare la luminosità della vasca dovuta alla maggior luce riflessa dalla sabbia
Quando però si approfondisce l’argomento, ci si rende conto che il DSB è molto più di una scelta estetica e che contribuisce in modo sostanziale ad aumentare il benessere degli animali ospitati e a ridurre le ore dedicate a pulire e curare l’acquario a tutto vantaggio del tempo dedicato a goderselo.
Il letto di sabbia, usato congiuntamente ad un metodo di esportazione dei nutrienti non solubili, è un metodo semplice, poco costoso e molto facile da gestire per controllare il flusso dei nutrienti nel moderno acquario di barriera.
Il sistema è quanto di più affidabile possa esistere, è infatti testato e garantito da Madre Natura sin da quando in mare hanno cominciato ad apparire i primi organismi pluricellulari, ovvero da circa un miliardo di anni.
Come acquariofili possiamo sbagliare in molti modi diversi, ma imitando i processi osservabili in natura abbiamo le migliori probabilità di successo.
I nostri acquari tentano infatti di imitare l’ambiente naturale della barriera corallina che, anche se roccioso in sé, è circondato da vastissime distese di sabbia che sono indissolubilmente legate agli organismi sessili della barriera in quanto:
- costituiscono l’habitat per gli organismi che processano e sequestrano i nutrienti disciolti
- sono il substrato in cui avviene il riciclaggio dei detriti, delle feci, dei residui organici e la loro trasformazione in forme riutilizzabili
- albergano migliaia di differenti forme di vita che crescendo e riproducendosi diventano una continua ed insostituibile fonte di cibo per gli organismi della barriera
Anche se i nostri acquari sono di dimensioni infinitamente inferiori all’ambiente naturale, straordinariamente il flusso di energia e di materia che li attraversa percorre le stesse tappe e subisce le medesime trasformazioni che possiamo osservare su vasta scala in mare.
Una volta che i presupposti essenziali a sostenere la vita (riscaldamento, illuminazione, corretti valori e movimento dell’acqua) sono stabiliti e mantenuti, il conduttore non deve fare molto altro e si può dedicare al godimento dell’acquario.
Sia nell’ambiente naturale che nei nostri piccoli ecosistemi domestici sotto vetro, la maggior parte del lavoro è svolta dagli esseri viventi che abitano l’acquario e che instaurano relazioni di “mutualismo”, ovvero legami di interdipendenza in cui ognuno beneficia della presenza e dell’attività degli altri.
Il mutualismo fa funzionare l’acquario a livello biochimico, lasciando all’acquariofilo l’incombenza di provvedere al mantenimento dei valori fisici, ovvero assicurare il calore, l’illuminazione, le eventuali aggiunte di composti chimici.
L’unico ulteriore sforzo richiesto al conduttore è l’aggiunta e la successiva rimozione dei nutrienti, ovvero la somministrazione di cibo e la rimozione dei rifiuti non solubili mediante l’uso dello schiumatoio e regolari cambi d’acqua.
La cosa più difficile che un acquariofilo deve imparare a fare è, nella maggior parte dei casi, NON FARE NIENTE!
Un acquario di barriera ben progettato ed allestito è un sistema semplice da condurre, in sostanza funziona quasi completamente da solo.
La maggior parte dei problemi negli acquari marini è causata dalla mano dell’acquariofilo, che interviene troppo spesso o a sproposito turbandone l’equilibrio.
Il nocciolo del problema è, ovviamente, progettare ed allestire il sistema nel modo corretto; nel seguito dell’articolo proponiamo un modo semplice ed intuitivo di procedere.
Il bilancio energetico e la rete alimentare in acquario
La differenza fondamentale fra una boccia per pesci ed un acquario propriamente detto non è data dalle dimensioni o dal costo. Volendo, possiamo allestire una vasca per pesci da migliaia di litri e migliaia di euro, realizzando un precario equilibrio senza però ottenere un acquario.
La composizione di un acquario, ovvero la biodiversità che esso contiene e sostiene nel lungo periodo, è ciò che lo differenzia da una boccia per pesci.
Pianificare ed allestire nel modo corretto un acquario di barriera significa predisporre l’ambiente in cui il maggior numero possibile di creature possa prosperare, instaurando così le relazioni mutualistiche cui si accennava poco fa, che ne sono il motore principale ed il principale motivo di successo.
L’adeguata pianificazione di un acquario trasforma un’attività che ingoia tempo e denaro in un hobby gratificante.
Il cuore della pianificazione risiede nella corretta instaurazione delle sequenze di utilizzo e riciclaggio di energia e nutrienti, detto in altre parole nell’applicazione di un corretto bilancio energetico.
Il principio cardine che regola la dinamica dell’acquario è che ogni cosa che viene aggiunta in un acquario vi rimane finchè in qualche modo non viene estratta, ovvero il cibo che somministriamo ai pesci rimane in acquario e subisce diverse trasformazioni fino a che non è convertito in qualcosa che può essere rimosso.
Il sistema può funzionare in diversi modi, estremizzando il concetto possiamo avere:
- un acquario high-tech, che funziona immettendo grandi quantità di nutrienti, che però dobbiamo essere in grado di esportare mediante attrezzature con elevati costi di acquisto e di gestione
- acquario low-tech, che funziona immettendo ed estraendo molti meno nutrienti, grazie al loro riutilizzo più e più volte all’interno del sistema mediante i cicli virtuosi della rete alimentare
In ogni caso è sempre necessario un sistema (ne esistono diversi tipi, tecnologici e non) per la rimozione dei nutrienti in eccesso, ma significa anche che se si vuole ottenere la crescita delle creature ospitate bisogna fornire dall’esterno i materiali costitutivi di cui esse abbisognano, ovvero bisogna nutrirle a sufficienza.
Un’altra regola fondamentale è che ogni volta che un organismo si nutre di qualcosa trasformandolo in qualcos’altro, il processo non è a costo zero, ma produce un rifiuto che solitamente è materiale di scarto di diversa natura.
Riassumendo:
- Materia ed energia si conservano attraverso la rete alimentare
- Le trasformazioni di materia ed energia all’interno della rete alimentare sono inefficienti e producono sempre rifiuti di qualche genere.
- Il flusso di materia ed energia sia in ingresso che in uscita può cambiare notevolmente a seconda del metodo di gestione che scegliamo di adottare
Un ecosistema, dal punto di vista biologico ed energetico, è un sistema per gestire in modo efficiente i trasferimenti di energia e materia.
In ingresso all’ecosistema di nostro interesse abbiamo energia termica, una fonte luminosa adeguata, somministrazioni di cibo, integrazioni di sostanze chimiche.
In uscita abbiamo i prodotti di scarto risultanti dall’elaborazione biologica del cibo somministrato, che escono dall’acquario sotto forma di anidride carbonica, azoto gassoso, rifiuti organici solidi e liquidi di diversa natura.
Concentriamo la nostra attenzione su questi ultimi, poiché la loro qualità e quantità può variare enormemente in base alla capacità del nostro ecosistema domestico di riutilizzarne una quantità estremamente variabile.
Quando il cibo immesso viene ingerito:
- una frazione di esso viene utilizzata dall’organismo per estrarne energia per il movimento e materiale organico per la propria crescita
- una frazione viene emessa sotto forma di anidride carbonica
- una frazione viene rilasciata in acqua come ammoniaca
- una frazione è espulsa come materiale fecale
Quanta energia e materiale utilizzabili sono contenute nel materiale fecale varia a seconda dell’animale e da quanto è efficiente il suo apparato digerente, e può arrivare fino al 90% del totale nel caso dei consumatori primari, gran parte dei pesci ad esempio.
Se la rete alimentare instaurata all’interno dell’acquario è elementare, il 90% del materiale organico introdotto sotto forma di cibo viene rilasciato nella colonna d’acqua e, per quanto possiamo esportarne mediante attrezzature tecniche, finirà per stimolare la crescita di organismi che nella maggior parte dei casi sono indesiderati, come alghe e cianobatteri.
Se invece il nostro acquario sarà popolato da un sufficiente numero di creature, le sostanze espulse dai pesci e aventi ancora alto valore nutritivo saranno riutilizzate più e più volte riducendo ad ogni passaggio la percentuale di nutrienti che finiscono disciolti in acqua.
Meno nutrienti disciolti significa meno nutrienti da estrarre, quindi minore investimento nell’acquisto e nella gestione dell’attrezzatura tecnica.
Il sistema DSB si inserisce perfettamente nel discorso fatto finora in quanto la maggior parte delle creature che costituiscono i consumatori secondari, ovvero che si nutrono di cibo già parzialmente processato, sono detritivori e scavatori e vivono nello strato di sedimenti che circonda il reef o, nelle nostre case, all’interno del letto di sabbia dell’acquario.
Risulta quindi chiaro come il DSB sia il metodo più semplice, diretto ed efficace per realizzare il ciclo virtuoso promosso da una efficiente rete alimentare.
Come funziona il DSB a livello batterico
Il DSB assolve anche alla funzione di filtraggio biologico; vediamo come ciò avviene, concentrando ora l’attenzione sulla popolazione batterica che ne permea l’intero spessore.
Come appena visto, una frazione del cibo ingerito dai pesci e dagli altri consumatori primari dell’acquario è rilasciata in acqua come ammoniaca, più precisamente come ione ammonio.
L’ammonio è tossico per gli organismi viventi anche a bassa concentrazione e quindi il requisito primario per il funzionamento dell’acquario è la sua rapida eliminazione o trasformazione in composti meno pericolosi.
Il processo di trasformazione dell’ammonio in innocuo azoto gassoso è ben noto dall’acquariofilo come “ciclo dell’azoto” e, fino a pochi anni orsono, era possibile realizzarlo in acquario solo in modo incompleto, poiché l’ultimo passaggio da ione nitrato NO3- ad azoto gassoso N2, ovvero la denitrificazione, era realizzabile solo mediante costosi reattori chimici.
L’introduzione del metodo berlinese (si chiama così perché formalizzato e diffuso dal club acquariofilo di Berlino, ma in realtà nasce in Indonesia da un’idea di Mr. Lee Chin Eng che per primo utilizzò in acquario rocce coralline vive) ha aperto la strada al completamento del ciclo e, una volta capita la dinamica biologica, è stato facile trasporla su un differente supporto biologico, che nel nostro caso è la sabbia, ma che potrebbe essere qualsiasi altro supporto con un elevato rapporto superficie/volume mantenuto nelle corrette condizioni.
La catena di reazioni che compongono il ciclo è interamente mediata da batteri appartenenti a ceppi diversi e operanti in presenza di ossigeno (aerobici), in condizioni di scarsa ossigenazione (anaerobici facoltativi) o in sua quasi assenza (anaerobici obbligati).
Per avvenire, la reazione di denitrificazione necessita di particolari condizioni ambientali riassumibili in:
- Concentrazione di ossigeno disciolto in soluzione compresa fra 1 e 2 mg/litro
(la concentrazione di ossigeno non deve essere ZERO, altrimenti al posto dei batteri anaerobi facoltativi, si sviluppano batteri chemiotrofi indesiderati)
- Afflusso di composti azotati lento, ma continuo e costante
- Persistenza di condizioni chimico-fisiche adeguate (temperatura, ph, salinità, alcalinità)
Le reazioni chimiche sono complesse e spesso avvengono in entrambe le direzioni, con reagenti e prodotti in equilibrio dinamico, ma in sequenza la trasformazione è:
ammonio NH4+ > nitrito NO2- > nitrato NO3- > azoto gassoso N2
I fattori che regolano lo sviluppo della una popolazione batterica in acquario sono principalmente tre:
- la superficie colonizzabile totale del substrato
- la quantità di nutrienti a disposizione
- il numero e l’efficacia degli organismi bentonici (infauna) presenti
Superficie colonizzabile
Come accennato, esistono differenti substrati adatti ad essere colonizzati dai batteri denitrificanti, ma la sabbia fine (per fine si intende con una granulometria inferiore a 0,2 mm) ha il vantaggio di avere il maggior rapporto superficie/volume senza il rischio di compattamento; un semplice calcolo algebrico può darci un’idea quantitativa.
- Un granello cubico di 1 mm di lato ha un volume di 1 mm3 ed una superficie colonizzabile di 6 mm2
- Un granello cubico di 0.2 mm di lato ha un volume di 0.008 mm3, quindi ne posso piazzare oltre 100 (teoricamente 125) nello stesso volume occupato dal precedente.
- La superficie colonizzabile di questi 100 granelli è di 24 mm2, cioè 4 volte il precedente.
Prendendo una vasca da 120×50 cm con un fondo spesso 10 cm, abbiamo un volume totale di 60 milioni di mm3, ovvero una superficie colonizzabile di 1.440 metri quadrati (circa 4 campi di calcetto); la superficie colonizzabile con granelli da 0,125mm raddoppia ancora, e via dicendo.
E’ evidente da questo calcolo che anche la superficie estremamente porosa delle migliori rocce vive è di gran lunga inferiore a quella offerta da un letto di sabbia adeguatamente strutturato.
Quantità di nutrienti a disposizione
Oltre all’immensa superficie colonizzabile dai batteri, la sabbia fine presenta il vantaggio di rallentare la diffusione attraverso il substrato degli elementi in soluzione, garantendo pertanto basse concentrazioni di ossigeno e lento ma costante afflusso di composti azotati.
La concentrazione dell’ossigeno diminuisce immediatamente man mano che ci si addentra nel substrato, in modo proporzionale alla velocità con cui procedono i processi mediati dai batteri.
Analisi chimiche mostrano come la denitrificazione inizi già a pochissima distanza dalla superficie, nell’ordine dei millimetri in sabbia fine, ma diventi quantitativamente rilevante solo a circa 10 cm di profondità.
Alla temperatura media riscontrabile in un acquario di barriera molte specie batteriche sono in grado di raddoppiare la propria popolazione in meno di 30 minuti, la flora batterica di un DSB ben insediato è cioè in grado di adattarsi molto velocemente al variare del carico organico, crescendo al punto da diventare un problema se non opportunamente controllata da una serie di piccoli organismi.
I batteri secernono attorno a sé una sostanza protettiva costituita da polisaccaridi e chiamata glicocalice, che ha la consistenza dello zucchero filato e che in grandi quantità porta al compattamento degli strati superficiali del fondo in modo talmente efficace che per rompere la crosta può essere necessario usare un martello.
La formazione della crosta decreta la morte del filtro sabbioso, in quanto impedisce la diffusione dei reagenti e dei prodotti dell’azione batterica ed intrappola il detrito causandone la marcescenza.
L’effetto misurabile è un’impennata repentina ed inarrestabile delle concentrazioni di nutrienti.
Il compattamento degli strati superficiali è spesso erroneamente attribuito alla precipitazione di carbonato di calcio o fosfato di calcio ma è semplice verificare che ciò non è vero immergendo una porzione di crosta in una soluzione diluita di acqua e candeggina.
In breve tempo la crosta si disgrega e torna ad essere sabbia, mentre se fosse realmente cementata dai sali di calcio ciò non avverrebbe.
Ruolo degli organismi bentonici (infauna)
La fauna bentonica, o infauna, espleta anche la funzione di manutenzione e mantenimento in efficienza del filtro biologico/batterico, ovvero mantiene il letto di sabbia soffice e in condizioni ottimali affinché esso operi la necessaria trasformazione dei composti azotati in innocuo gas di azoto che lascia l’acquario sotto forma di piccole bolle che si sollevano dal fondo.
Una varia e sana fauna bentonica composta da vermi, policheti, copepodi, minuti crostacei, piccole lumache e stelle provvede con la sua incessante attività a scavare chilometri di minuscoli cunicoli rimescolando la sabbia, rompendo i legami polisaccaridi e mantenendo costante la biomassa e la biodiversità batterica, impedendo attraverso la predazione che un ceppo si avvantaggi troppo rispetto agli altri e che finisca per diventare egemone, se non l’unico presente.
I movimenti degli organismi bentonici ed i cunicoli da loro scavati sono altresì necessari a mantenere il corretto apporto di nutrienti ed ossigeno ai batteri denitrificanti; complessivamente i movimenti dell’infauna pompano letteralmente acqua ed ossigeno all’interno del letto di sabbia e rimuovono, di converso, l’acqua già trattata e le bolle di azoto, stimolando notevolmente l’attività batterica con un costante rifornimento di cibo ed energia.
E’ stato osservato che in fondi sabbiosi adeguatamente dimensionati e inoculati possono convivere oltre 200 specie differenti di organismi bentonici.
Il numero di individui costituenti l’infauna può essere enorme, in una vasca di circa 200 litri possiamo contare dai 90.000 ai 150.000 organismi di dimensioni superiori al millimetro, a seconda dello stadio attraversato dalle diverse specie.
Come funziona il DSB a livello bentonico
Il DSB è però molto più di un semplice filtro biologico, in quanto svolge la fondamentale attività di riciclaggio delle sostanze nutritive affinché esse siano riutilizzate a beneficio dagli organismi che abitano l’acquario, riducendo la necessità di immissioni dall’esterno e la quantità di nutrienti inutilizzati da esportare.
I variegati organismi presenti nel letto sabbioso svolgono molteplici attività utili:
- alcuni si nutrono dei residui di cibo o di alghe espellendole poi in forma di composti organici edibili dai batteri,
- altri scavano cunicoli ingerendo la sabbia e smuovendola, e nel contempo rimuovendo da essa batteri e molecole organiche utili al loro metabolismo,
- altri ancora aggrediscono il detrito ed il sedimento scomponendoli e seppellendoli nella sabbia dove i batteri finiscono di decomporli, impedendo così fenomeni di marcescenza ed il relativo rilascio di inquinanti in colonna.
Si stima che ogni giorno ogni singolo organismo scavatore smuova dai 10 ai 100 mm3 di sedimento che, moltiplicati per il numero stimato di microorganismi nell’intero fondo, significa smuovere l’intero volume di sabbia in un periodo che varia dai 3 ai 30 giorni, rendendo impossibile l’eventualità della formazione di croste superficiali.
La conseguenza macroscopica di tutto questo movimento è che il cibo in eccesso, il detrito, le feci e tutte le sostanze di scarto prodotte in acquario vengono riciclati e restituiti al sistema sotto forma di azoto gassoso e di composti organici inoffensivi o riutilizzabili.
Parte delle molecole organiche ingerite dai piccoli organismi è espulsa e diventa cibo per i batteri, un’altra invece entra nel loro metabolismo e viene utilizzata per creare nuova biomassa, cioè nuovi piccoli organismi.
L’utilità dell’infauna e quindi del DSB per il sistema acquario non si ferma qui, ma riveste anche la valenza di preziosa e costante fonte di cibo.
Molti degli organismi che costituiscono l’infauna vivono meno di un anno e per compensare questa ridotta longevità iniziano a riprodursi già poche settimane dopo la nascita, dando origine ad una discendenza estremamente numerosa.
Il benthos produce in continuazione grandi quantità di spore, gameti, uova e larve che attraversano una fase planctonica e sono una continua, inestimabile fonte di cibo vivo per gli organismi filtratori ed i polipi corallini, specialmente per i coralli duri sps.
Questo tipo di alimentazione è prezioso poiché insostituibile per molti organismi filtratori specializzati impossibili da nutrire per via artificiale, ma anche perché prodotto all’interno del sistema, cioè senza apporti ulteriori di nutrienti dall’esterno e quindi senza la necessità di successiva loro rimozione mediante sistemi di esportazione artificiali.
Come se ciò non bastasse, altra caratteristica del cibo vivo prodotto dal DSB vantaggiosa per il sistema è che i nutrienti che lo costituiscono non sono ceduti alla colonna d’acqua, ma rimangono incorporati all’interno degli organismi fino al momento in cui essi vengono catturati dai consumatori primari o dai sistemi di esportazione; al contrario il mangime artificiale comincia a decomporsi nel momento stesso in cui viene somministrato.
Tutto ciò che dobbiamo fare per instaurare il ciclo virtuoso appena descritto è allestire un fondo sabbioso di adeguata composizione e stratigrafia, aggiungere gli organismi adatti mediante l’introduzione di rocce vive, oppure inoculi di sabbia matura da altri acquari, oppure ancora appositi kit commerciali e mantenere condizioni favorevoli alla loro crescita e moltiplicazione.
Allestimento del DSB
Prima di passare ad allestire il vostro prossimo acquario DSB è necessario capire che tipo di fondo garantisce i migliori risultati e perché; ritengo infatti indispensabile fornire una motivazione al “perché si fa così” poiché io per primo sono refrattario ad accettare istruzioni dogmatiche.
Granulometria
Abbiamo già accennato al motivo principale per cui è preferibile utilizzare una sabbia a granulometria fine e finissima, cioè l’ottenimento della maggior superficie possibile per la colonizzazione batterica, ma esistono anche altre indicazioni di diversa natura che ci portano al medesimo risultato; elenchiamole brevemente:
- La sabbia fine permette il passaggio attraverso il fondo (nei due sensi) dei gas e dei nutrienti disciolti in modo uniforme, graduale e costante e consente la stratificazione omogenea dei ceppi batterici
- La sabbia fine offre minore attrito agli organismi dell’infauna, consente cioè agli organismi scavatori di procedere velocemente e arrivare alla giusta profondità ed ai fagocitatori di sabbia di nutrirsi senza problemi
- La sabbia fine consente una rapida risalita alle bolle di azoto che si formano a qualche centimetro dalla superficie
- La sabbia fine consente che i detriti grossolani possano essere inglobati e demoliti dall’infauna e successivamente digeriti dai batteri senza che vengano rilasciati residui in colonna.
- La maggior parte degli organismi bentonici è adattata ad una dimensione dei granelli ben definita; gli organismi utili al nostro scopo semplicemente preferiscono la sabbia fine costituita da granuli tondeggianti, privi di spigoli taglienti
Composizione chimica ed aspetto fisico
La composizione fisica della sabbia (leggi il minerale di cui è fatta) è poco influente dal punto di vista biologico, mentre può esserlo dal punto di vista chimico e quindi va scelto un materiale che sia inerte.
I batteri non fanno differenza fra sabbia calcarea, sabbia di origine lavica o silicea, oppure fra sabbia proveniente dal mare o dal continente; se la granulometria e la forma sono quelle giuste, essi colonizzeranno indifferentemente ogni substrato.
Il migliore compromesso è una sabbia con granuli di dimensioni comprese fra 0,2 e 0,05 mm; granuli più grandi o più piccoli possono essere mescolati al fondo, ma non devono superare il 20% della massa totale.
In particolare le particelle più piccole, se presenti in quantità eccessiva, possono causare il “soffocamento” del sistema, ovvero impedire il corretto ricambio d’acqua e il conseguente movimento delle sostanze in essa disciolte.
Le particelle di maggiori dimensioni invece possono favorire l’accumulo di detrito e la sua conseguente marcescenza ed impedire il formarsi delle fondamentali zone anaerobiche ove avviene la denitrificazione; alcune particelle di grandi dimensioni possono essere aggiunte a pioggia sulla superficie del letto di sabbia in modo da offrire appiglio, nascondiglio e rifugio ad alcune specie bentoniche di dimensioni medio/grandi (qualche mm) che vivono perlopiù in superficie.
Sotto il profilo chimico alcuni materiali possono apportare beneficio, ad esempio le sabbie calcaree sono ottimi tamponi per calcio e durezza carbonatica (e quindi pH), mentre altre possono causare problemi, ad esempio la sabbia vulcanica può rilasciare indesiderati elementi in traccia.
E’ invece una falsa credenza il fatto che la sabbia silicea rilasci in acqua silicati che possono favorire la fioritura di diatomee; la silice che costituisce la sabbia è stabile e non solubile in acqua, è infatti solubile tanto quanto quella che costituisce i vetri dell’acquario.
Il materiale che si è dimostrato migliore nella sperimentazione di laboratorio e presso milioni di hobbisti è la cosiddetta sabbia aragonitica “oolitica” composta appunto da aragonite di granulometria mista e forma sferica.
Tipicamente le sabbie commerciali hanno la seguente composizione:
- Diametro > 6.35 mm – 1% in peso
- Diametro > 2.36 mm – 4% in peso
- Diametro > 2.00 mm – 2% in peso
- Diametro > 1.00 mm – 16% in peso
- Diametro > 0.6 mm – 31% in peso
- Diametro > 0.6 mm – 46% in peso
L’aragonite inoltre tampona in modo estremamente efficace il ph, che tende a diminuire nei differenti strati man mano che scendiamo in profondità, proporzionalmente alla diminuzione della concentrazione di ossigeno.
Spessore del fondo
Dopo aver determinato la granulometria, lo spessore del substrato è l’unico parametro che rimane da determinare per realizzare il nostro letto di sabbia.
Per individuare lo spessore più adatto è sufficiente pensare ai principi che governano la dinamica delle reazioni chimiche che avverranno nel fondo, in particolar modo al principio della diffusione molecolare, secondo cui le molecole disciolte in una soluzione tendono ad avere la medesima concentrazione in tutto il volume della soluzione stessa.
In pratica le molecole di una sostanza tendono ad espandersi laddove sono scarse e la loro tendenza a spostarsi è tanto maggiore quanto più le concentrazioni sono differenti da zona a zona.
Per fare un’analogia, se pensiamo a due vasche d’acqua collegate da un tubo in cui una delle due ha un livello superiore, intuiremo che l’acqua si sposta dall’una all’altra con maggiore energia quanto più i livelli sono distanti e lo fa fino a che essi non hanno raggiunto l’equilibrio.
Allo stesso modo le sostanze azotate si spostano dalla colonna d’acqua in cui sono maggiormente concentrate al fondo in cui sono più scarse e tale flusso è tanto più veloce quanto più la differenza di concentrazione aumenta.
Il nostro fondo aumenterà quindi di efficacia se riusciremo a mantenere stabilmente elevata la tendenza delle molecole azotate a trasferirvisi.
In molte applicazioni civili ed industriali (depuratori, piscine, acquari pubblici, etc.) sono stati sperimentati letti di sabbia dai 3 ai 40 cm e si è verificato che in acquario la profondità ottimale del substrato è tra i 10 ed i 15 cm.
Già con 3 cm di spessore si ha una denitrificazione apprezzabile ma, per sostenere il carico organico di un acquario fortemente popolato di invertebrati e pesci, bisogna averne almeno 8; se poi si osserva il diagramma della concentrazione di N2 che ha un andamento iperbolico, si comprende che due, quattro centimetri in più raddoppiano o quadruplicano la capacità denitrificante.
Deporre più di 15 cm di substrato è semplicemente inutile, poiché il peso della sabbia soprastante impedisce all’infauna di raggiungere una tale profondità e perché la concentrazione di ossigeno si azzera al di sotto dei 15 cm, comportando solo rischi e nessun beneficio.
In diverse occasioni, da parte di acquariofili possessori di vasche troppo basse per accogliere un “full size DSB” sono riportati successi con un metodo alternativo, che consiste nel realizzare un fondo di 3-5 cm in vasca una volta terminata la fase di spurgo delle rocce a cui affiancare un refugium di volume pari ad 1/5 circa della vasca principale in cui è deposto un DSB di 12 cm (tale refugium va tenuto al buio per massimizzare la resa dell’infauna, che è tipicamente notturna).
Personalmente ritengo che tale allestimento funga solo da filtro biologico o poco più, senza apportare i numerosi vantaggi di un DSB propriamente allestito.
Maturazione
La maturazione del DSB pone alcuni problemi all’acquariofilo, in quanto richiede un periodo di tempo variabile da uno a sei mesi, a seconda delle condizioni di partenza e dal carico organico che si richiede di sopportare ed elaborare al letto di sabbia.
Il procedimento migliore da seguire è inserire in acquario 10 cm d’acqua, alla giusta temperatura e possibilmente presa da una vasca già matura, aggiungere la sabbia in quantità sufficiente a formare un letto di circa 15 cm (con il tempo la sabbia si assesterà, diminuendo lo spessore del letto), riempire completamente di acqua alla temperatura ottimale ed avviare le pompe di risalita e di movimento.
Un paio di giorni dopo (durante questo periodo è bene filtrare le polveri sospese mediante skimmer e filtri fibrosi a maglia molto fine) si aggiungeranno le rocce vive, oppure l’inoculo di sabbia matura (un bicchiere ogni 200 litri circa è sufficiente), oppure uno starter kit commerciale che contiene organismi bentonici vivi.
Inoculare il DSB in uno dei modi indicati va bene, usarne almeno due differenti o addirittura tutti e tre è molto meglio poiché si stimola la biodiversità che è la chiave del successo.
Da questo momento gli organismi del DSB dovranno essere nutriti con piccole e frequenti somministrazioni di cibo, lasciando di preferenza le luci spente.
Dopo la prima settimana, attraverso i vetri si noterà la comparsa di numerosi sottili cunicoli scavati dai vermi e durante le ore notturne potremo scorgere una miriade di piccoli organismi indaffarati sulla superficie della sabbia
Dopo il primo mese si potrà accendere le luci e procedere all’allestimento definitivo, avendo cura di non inserire alcun animale predatore del benthos; saranno banditi i gobidi, le stelle insabbiatrici, i paguri, i gamberi, i pesci che si nutrono di benthos come Halichoeres, Synchiropus, Chelmon e simili.
Dal terzo mese le pareti interne dell’acquario a contatto con la sabbia inizieranno a colorarsi per lo sviluppo di colonie di alghe e batteri e i cunicoli si faranno più fitti e diversificati; a questo punto potremo inserire delle lumache come Nassarius o Strombus e anche (con moderazione) delle stelle come Archaster per impedire la formazione della crosta superficiale e per mantenere candido il letto sabbioso.
La piena popolazione dell’acquario andrebbe raggiunta gradualmente non prima di sei mesi dall’avvio.
Quello descritto è il processo di maturazione ideale, che concede agli organismi bentonici sufficiente tempo per crescere e moltiplicarsi e per reggere la predazione da parte degli animali che inseriremo successivamente.
E’ possibile ma non consigliabile accorciare i tempi di maturazione, poiché in tal modo aumenta il rischio che il DSB collassi, e con esso l’intero acquario; i problemi derivanti da un’errata manutenzione sono infatti molto difficili da correggere e spesso diventano un handicap cronico.
Presunti problemi legati al DSB
I problemi attribuiti all’impiego del sistema DSB sono legati più agli errori di applicazione ed alle erronee aspettative di chi lo impiega che non al metodo stesso.
Se andiamo infatti ad analizzare i motivi per cui un DSB collassa, individueremo certamente uno dei seguenti problemi:
- Si forma una crosta compatta dovuta ad insufficiente infauna, perché non correttamente inoculata, oppure perché decimata a causa di incauto/affrettato inserimento di animali predatori
- Il ciclo dell’azoto non si chiude, a causa di granulometria e/o spessore del fondo non adeguati
- I nutrienti vanno fuori controllo a causa di carico organico eccessivo o immesso troppo presto, all’inosservanza dei tempi di maturazione o alla falsa credenza che “tanto la sabbia digerisce tutto”
- Il DSB è collassato (in vasche avviate da anni), quasi sempre a causa del mancato mantenimento della biodiversità
A proposito dell’ultimo punto è fondamentale essere consapevoli che i nostri acquari sono sistemi chiusi e riproducono in scala infinitesimale l’ambiente marino; essi non hanno dimensioni nemmeno lontanamente sufficienti a garantire la stabilità di tutte le popolazioni che abitano il fondo, quindi inevitabilmente fra di esse viene operata una selezione con conseguente impoverimento della biodiversità.
Inserire periodicamente e regolarmente degli inoculi di fauna bentonica (appositi kit commerciali, sabbia da altre vasche o dal mare, detriti da rocce vive fresche, etc.) è indispensabile per mantenere efficiente nel lungo periodo il DSB; gli esperti raccomandano di rimpolpare l’infauna almeno una volta ogni due anni, possibilmente anche più spesso.
Sfatiamo le leggende metropolitane
Nello strato profondo del DSB si può formare idrogeno solforato H2S, estremamente tossico, che può uccidere invertebrati e/o pesci:
Niente di più falso!
L’idrogeno solforato si può formare in casi eccezionali (granulometria troppo fine e/o fondo troppo spesso), ma in concentrazioni talmente basse da non essere pericoloso.
In caso H2S fosse presente in concentrazioni anche minime, il suo odore pungente ci avvertirebbe con largo anticipo del problema, dandoci modo di reagire; esso infatti è un veleno molto potente ed il nostro olfatto si è evoluto in modo tale da captarne concentrazioni nell’ordine della parte per milione, ben lontane dall’essere pericolose per l’acquario.
Se in acquario fosse presente una concentrazione pericolosa, la puzza sarebbe talmente forte da impedirci di rimanere nella stessa stanza.
Il DSB in carbonato di calcio si compatta per precipitazione di carbonati:
E’ già stato spiegato in precedenza come ciò non sia vero, ma sia dovuto all’accumulo di glicocalice, evitabile se abbiamo una infauna in salute.
Il DSB è una bomba ad orologeria:
L’affermazione è vera solo nel caso in cui, una volta allestito il DSB, non lo curiamo come esso richiede e cioè mantenendo in salute l’infauna, apportando un corretto carico organico, rimpinguando adeguatamente la biodiversità del fondo.
Accumulo di metalli pesanti
Alcuni autori (Shimek fra gli altri) accennano alla precipitazione di metalli pesanti con conseguente tossicità del sedimento dovuta al consumo della sabbia nel lungo periodo (oltre 5 anni) in DSB molto sfruttati.
Personalmente non ho notizia di acquari DSB collassati a causa di questo problema, ma credo che possiamo associare il fenomeno alla cosiddetta OTS (sindrome da vasca troppo vecchia) che si verifica anche in vasche gestite con il berlinese dopo circa 10 anni di vita.