C.I.T.E.S. è l’acronimo di “The Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora” che tradotto in italiano significa “La Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione”. Per comodità da ora in poi scriverò cites. Quante volte abbiamo sentito, noi appassionati di acquari ed in particolare di acquario marino, parlare di cites? Sicuramente moltissime volte e ogni volta che si è affrontato il discorso, ognuno diceva la sua sull’argomento, riportando di volta in volta quanto sentito dire dalla forestale di zona, dall’amico esperto, dal negoziante ecc. ecc.. Strano ma vero, nessuna delle spiegazioni portate sull’argomento cites era identica e bene o male tutte differivano almeno in qualcosa. Riuscirò io a togliere ogni dubbio sulla questione? Purtroppo penso proprio di no, ma sicuramente possiamo fare chiarezza su alcune cose. Sono ormai diversi anni che frequento per lavoro delle mostre di rettili, dove la forestale è sempre presente per effettuare controlli sugli animali esposti. Non di rado fioccano multe e sequestri di varia natura. A volte perché alcuni allevatori stranieri portano con se animali proibiti (vedi ad esempio tartarughe in via di estinzione in allegato A) e a volte perché semplicemente un allevatore amatoriale si è dimenticato di trascrivere un qualcosa nel suo registro cites di carico/scarico. Ma tutto questo ci può stare, anche perché almeno il 99% di chi espone rettili in queste mostre, risulta poi in regola. Il settore dei rettili, quindi, si è adeguato alle normative cites, ma prima che avvenisse questo, diversi anni fa scoppiò un putiferio con multe salatissime a destra e a manca a negozianti e soprattutto semplici allevatori o possessori di rettili che non si adeguarono alle nuove normative… ignorantia iuris non excusat e così fu! Vi racconto un aneddoto di un’ anziana signora che aveva nel suo giardino una tartaruga (In allegato A, quindi in via d’estinzione) da non si sa quanto tempo e alla quale era affezionatissima. Un giorno questa tartaruga riuscì a fuggire dal giardino dove era ospitata. La povera signora, preoccupata, avvisa la forestale di zona nel caso in cui ricevesse qualche segnalazione al riguardo, descrivendo per bene la tartaruga. Dopo alcuni giorni la tartaruga viene ritrovata da qualcuno e portata proprio alla forestale. Questa riconosce subito che si tratta della tartaruga della signora e la chiamano immediatamente. La signora va a ritirare la tartaruga dalla forestale, la quale, chiede gentilmente alla signora il documento cites del quale dovrebbe essere in possesso la tartaruga, altrimenti non potevano restituirla. La signora, stupita, dice di non avere nessun documento, che la tartaruga è nel giardino da decenni ecc. ecc…. Morale della favola? La forestale ha fatto una multa molto salata alla povera signora. Questa è una storia che sento spesso durante le mostre di rettili. Potrebbe anche essere una sorta di leggenda… potrebbe anche essere che la “povera signora” fosse in realtà un trafficante di animali esotici, ma tanto sta che le multe per chi non è in regola con quello che stabilisce il cites e le varie normative che da esso derivano variano da 7.500 a 75.000 euro e in caso di recidività è previsto anche l’arresto da 3 mesi a un anno (D.lgs 275/01 http://www.parlamento.it/parlam/leggi/deleghe/01275dl.htm ). Siete rimasti a bocca aperta? State già buttando nella pattumiera i coralli che avete in vasca? (cosa che purtroppo successe all’epoca con tartarughe e serpenti vari, ma in questo caso più che “cestinarli” li liberarono nelle campagne… con le conseguenze che potete immaginare). FERMI! Non fasciamoci la testa prima di sbattere. Andiamo per gradi, spiegando prima di tutto com’è strutturato il cites. Qui www.cites.org possiamo trovare di tutto e di più! Il sito è in inglese, quindi ammetto di aver fatto un po’ di fatica a trovare tutto. Qui http://www.cites.org/eng/disc/text.shtml trovate il testo della convenzione. Si può leggere anche in altre lingue, ma non in italiano. Qui http://www.cites.org/eng/app/appendices.shtml trovate invece la lista di tutte le specie di flora e fauna protette che vengono suddivise in appendice I, II e III. Ci sono quindi tre diverse categorie: Categoria a) specie gravemente minacciate di estinzione, iscritte all’ Appendice I della Convenzione, per le quali è rigorosamente vietato il commercio; Categoria b) specie iscritte all’ Appendice II, il cui commercio è regolamentato per evitare eccessivi sfruttamenti incompatibili con la loro sopravvivenza; Categoria c) specie protette da singoli Stati, iscritte all’ Appendice III, per regolamentare le esportazioni dai loro territori. Tutto quanto riportato sopra, non è quindi una legge, ma, appunto, una convenzione tra 175 stati che dovranno poi a loro volta trasformare quanto sopra in legge. Nel caso dell’Italia è stato recepito il regolamento della comunità europea CE 338/97 che si può leggere qui http://www.mincomes.it/cites/normativa/Reg338_97.pdf , ma, da quello che ho potuto capire (non sono un avvocato) questo regolamento http://www.mincomes.it/cites/normativa/Reg407_09_it.pdf completa il precedente ed è anche di più facile lettura per quanto riguarda le specie protette e quindi teniamo questo come buono. Per chi ha avuto voglia di sfogliarsi la lista degli animali, avrà notato che la parte che riguarda gli appassionati di acquario marino sono a pagina 41, 45 e 46 e qui troviamo tutti i cavallucci marini, tutte le tridacne e tutti i coralli duri! Infatti, se leggiamo nella pagina 5 al punto 2, troviamo scritto: “ L’abbreviazione “spp.” designa tutte le specie di un taxon superiore. ” e come possiamo notare troviamo scritto Hippocampus spp. , Tridacnidae spp. (II) – SCLERACTINIA spp. (II) – Milleporidae spp. (II) . Non essendo un appassionato di marino, faccio fatica a capire se anche i coralli molli rientrano nella convenzione cites o anche altri animali di interesse acquariofilo. Magari qualcuno mi correggerà e volentieri aggiornerò quanto sopra. A prescindere da questo, possiamo comunque andare avanti ugualmente con la spiegazione del cites. Tutti gli animali citati sopra fanno parte dell’appendice II, quindi rientrano in quella categoria di animali il cui commercio non è vietato, ma regolamentato sì. Come si fa a regolamentarlo? Assegnando ad ogni animale un certificato cites che ne riporta essenzialmente la provenienza. Nel caso specifico dei coralli la questione non è per niente semplice, tanto che la stessa cites ha dovuto precisare diverse cose. In primis, qui http://www.cites.org/eng/cop/11/doc/37.pdf si evince che l’identificazione delle diverse tipologie di coralli è molto complessa per i non specializzati e che quindi tutti sono considerati scleractinia, compreso le rocce vive (anche qui se qualcuno vuole aggiungere qualcosa di interessante che non ho notato, me lo comunichi!). Si specifica poi che la sabbia corallina con un diametro inferiore ai 2mm, nonché pezzi di corallo morto compresi tra i 2 e 30 mm di diametro non sono soggetti al regolamento CITES. Stesso discorso viene ribadito qui http://www.cites.org/eng/res/all/11/E11-10R14.pdf aggiungendo un invito ai paesi esportatori di coralli a far si che la propria autorità scientifica verifichi che i coralli esportati siano in quantità tale da non causare problemi all’ecosistema, dando maggiore importanza all’articolo IV della convenzione che regola l’esportazione degli animali in appendice II di cui fanno parte appunto i coralli come li intendiamo noi. Da qui si evince che ogni paese esportatore stabilisce quanti coralli e che tipo di coralli esportare, compilando delle liste ben precise che, da quello che ho capito, vengono poi consegnate al Cites. Ma passiamo ora all’atto pratico, cioè ai vari documenti che uno deve possedere o rilasciare nel caso in cui acquista, vende, regala o scambia gli animali di cui sopra. Partiamo prima dalle cose certe, dalle cose che cioè non lasciano nessun dubbio sulla questione cites per i coralli. Vediamo prima di tutto chi deve tenere un registro cites di detenzione ovvero di carico/scarico. Questa norma http://www.eu-wildlifetrade.org/pdf/natleg/Decree8January2002it.pdf parla chiaro e nell’Art. 2 dice: Sono tenuti alla compilazione del registro di cui al comma 1 i seguenti soggetti: a) le imprese commerciali in qualsiasi forma costituite e le strutture che esercitanoattività circense, con l’esclusione del soggetti di cui all’articolo 3,comma 1, lettera d)del presente decreto; b) i giardini zoologici, gli orti botanici, gli acquari, le mostre faunistiche permanenti eitineranti, le istituzioni scientifiche e di ricerca pubbliche e private che detengonoesemplari da museo, e da erbario con esclusione di quelle di cui all’articolo 3 comma 1, lettera b) del presente decreto; c) chiunque utilizzi, detenga o esponga esemplari a scopo di lucro o ponga in essere atti di disposizione finalizzati allo scambio, alla locazione, alla permuta o alla cessione a fini commerciali di qualsiasi natura e titolo, ivi compreso chiunque ottenga esemplari provenienti da sequestro, confisca, affidamento, fatte salve le disposizioni della legge 11 febbraio 1992 n. 157. Rileggendo attentamente questa norma, non c’è nessun riferimento al fatto che se uno ha coralli per se e basta e quindi non li vende o non li scambia non ha l’obbligo del registro, ma al contempo questa situazione non viene nemmeno contemplata tra coloro che hanno l’obbligo di tenere un registro, quindi, ricapitolando, questo registro non deve essere tenuto solo ed esclusivamente se non si vende, scambia o permuta nessun corallo o parti di esso, ovvero se l’animale viene regalato. In tutti gli altri casi c’è l’obbligo di tenere un proprio registro che si può richiedere alla forestale. A specificare meglio il discorso ci pensa una circolare che trovate qui: “i detentori di animali e piante che esercitano una forma di allevamento non finalizzata allo sfruttamento commerciale degli esemplari ottenuti, sono esentati dalla compilazione del registro. Qualsiasi forma di alienazione a titolo oneroso, ivi comprese la locazione, la permuta o lo scambio di esemplari, deve essere sottoposta a registrazione. Sono pertanto tenuti alla compilazione del registro tutti gli allevatori o detentori di animali e piante che abbiano finalità commerciali o che vendono, scambiano, permutano o affittano esemplari;” Sempre nella stessa circolare ci sono altre cose interessanti che vedremo in seguito. Qui http://www.foi.it/CITES/PDF/richiesta_registro_detenzione.pdf c’è un modulo di richiesta riferito agli uccelli, ma penso sia identico per tutti gli animali. Vediamo ora cosa dobbiamo avere in mano ogni volta che acquistiamo o scambiamo un corallo o un altro animale che si trova in Appendice II del cites ovvero nell’Allegato B del Regolamento (CE) 338/97. Ogni volta che ci troviamo in questa situazione dobbiamo farci rilasciare un “documento di cessione ai fini cites” dove si attesta la provenienza dell’animale. Un esempio, riferito sempre agli uccelli, lo troviamo qui : Stesso discorso deve avvenire anche per lo scambio e vendita tra privati e in questo caso anche il privato avrà l’obbligo di procurarsi un registro di carico/scarico degli animali, registro che logicamente dovrà procurarsi prima di effettuare qualsiasi operazione. RIBADISCO CHE NON C’E’ L’OBBLIGO, INVECE, DI TENERE UN REGISTRO DI CARICO/SCARICO, NEL CASO IN CUI L’ANIMALE VIENE REGALATO! STIAMO PARLANDO DI ANIMALI IN ALLEGATO B! PER QUELLI IN ALLEGATO A, CHE A NOI PER IL MOMENTO NON INTERESSANO, IL DISCORSO E’ DIVERSO. Dico per il momento, perché le liste delle varie specie possono tranquillamente passare dall’allegato A all’allegato B (o C) e viceversa, a seconda del loro rischio di estinzione. C’è da precisare ancora una cosa… visto che siamo in Italia è giusto complicarsi ancora un po’ la vita e da quello che ho letto e sentito in giro, in alcuni comuni/provincie/regioni, anche nel caso di cessione gratuita è obbligatorio avere un registro di carico/scarico, quindi, informatevi eventualmente prima dalla forestale di zona. Fino a qui abbiamo detto le cose certe e sicure, dalle quali non ci si può esimere e con le quali chi è autorizzato a fare controlli (cioè la Forestale) può metterci seriamente nei guai. Vediamo ora i dubbi ai quali purtroppo la stessa Forestale, interpellata più volte nelle vari manifestazioni di rettili a cui ho partecipato, nonchè contattata direttamente e diverse volte tramite e-mail e telefonicamente dal sottoscritto non ha saputo rispondere. Parliamo di talee di coralli. Cosa è una talea?? Un figlio di un corallo? Da quello che so io no e se sbaglio vi invito anche qui a correggermi. La talea di un corallo è semplicemente una parte di esso. Per spiegarlo in parole povere, la talea è un “ramo” o una parte del corallo che viene staccato e appoggiato in un’altra parte dell’acquario e da qui inizierà a crescere fino a diventare un corallo identico a quello da cui proviene. Se vogliamo essere ancora più pignoli, un corallo duro è in realtà una sorta di “involucro”composto da una colonia di singoli animali, cioè i polipi che si trovano al suo interno. Sembra assurdo, ma teoricamente per ogni singolo polipo ci vorrebbe un numero di cites diverso. Ma evitiamo di complicarci la vita e parliamo a questo punto del corallo come un singolo animale. In questo caso la normativa anche qui parla chiaro e dice in diversi passaggi: “Gli esemplari vivi o morti di specie animali e vegetali e le parti di specie animali e Vegetali ecc. ecc.” . Io suppongo che in questo passaggio, quando si fa riferimento a “parti di specie animali” si faccia riferimento a parti di animali morti, come ad esempio una pelle, zanne, denti, scheletri (anche di coralli morti appunto) e non a parti vive di animali, perché non credo che qualcuno venda una zampa viva di orso o una testa viva di rinoceronte, tanto per capirci. Il discorso, invece, resta valido per le piante e in questo caso bene o male tutti, anche i non addetti ai lavori, sanno che se taleo una pianta grassa, spesso e volentieri da quella talea si formerà poi un’altra pianta grassa. Ma quanti sanno che se taleo un corallo, che è un animale, da questa talea si formerà poi un altro corallo identico? A tal riguardo, non avendo trovato assolutamente nulla in Italia, ho provato a fare delle ricerche negli Stati Uniti, ma anche qui non ho trovato niente che mi potesse togliere dei dubbi. Ho provato a vedere come, ad esempio, gli americani affrontassero questo problema del cites, ma a quanto pare il discorso negli Stati Uniti è differente e non vengono mai citati registri o documenti cites e il nulla più assoluto riguardante i frags, cioè le talee. Anche qui potrei sbagliarmi e quindi sono sempre benvenute segnalazioni e precisazioni al riguardo. A questo punto mi nasce spontaneo pensare che la moltiplicazione per talea di un animale non sia proprio stata contemplata da nessuno in questi anni e probabilmente nessuno lo ha fatto presente per far si che restasse questo “buco legislativo”. Ma anche qui il legislatore italiano, vuoi o non vuoi, non lascia scampo. Vi ricordate la famosa circolare di cui sopra e cioè questa http://www.soccorsofauna.com/Pdf/registri%20di%20detenzione.pdf ? Questa circolare è stata fatta per chiarire chi era obbligato a tenere un registro di carico/scarico e come tale registro deve essere compilato. Vuoi per caso, vuoi per fortuna, in un passaggio recita: “quando la acquisizione di esemplari vivi di animali o piante avviene a seguito di nascita in cattività o propagazione artificiale, alle colonne 3 e 5 del carico andrà segnato il codice “F” e “E” (altro) ed andranno compilate le colonne relative alla nascita o all’impianto (semina, propagazione da talea etc);”. Qui è scontato che la “propagazione da talea” è riferita alle piante, ma… ne siamo sicuri? Perché secondo me, se uno vuole, può essere riferita anche agli animali, così come le nascite in cattività possono essere riferite alle piante. Quindi alla fine, anche la talea di corallo può essere contemplata in tutto questo ginepraio. Sempre in questa circolare troviamo riportato “gli esemplari di coralli devono essere iscritti nel registro di tipo EB (esemplari vivi o morti);”. Questo penso tolga ogni dubbio sul fatto che i coralli vanno sempre accompagnati da un documento di cessione ai fini cites e sempre registrati nel proprio registro di carico/scarico, anche quando parliamo di talee, nel caso di vendita, scambio o permuta. Ma qui ora sorge un altro dubbio… che riferimento cites avrebbero poi queste talee? Lo stesso del “corallo madre”? Boh… Io non sono riuscito a capirlo, ma proviamo a fare delle ipotesi. Se proviamo a paragonare una talea di corallo ad una talea di pianta grassa, anch’essa in Allegato B, qui il discorso si complica ancora di più, perché per le piante sembra esserci, almeno da quello che ho capito, la necessità di richiedere dei certificati “fitosanitari” destinate alle aziende che importano o riproducono appunto piante e la talea di pianta va considerata come un “figlio” di questa e quindi bisogna poi denunciare la “nascita” alla forestale per ottenere un nuovo numero di protocollo cites per i nuovi nati. Questo viene specificato nella Legge n. 150 del 07/02/1992, modificata con legge n. 59 del 13/02/1993, all’art. 8 bis, la quale impone che ” tutte le nascite o riproduzioni in cattività degli esemplari appartenenti a specie incluse nelle appendici I e II della C.I.T.E.S. devono essere denunciate al Servizio Certificazione C.I.T.E.S. La cosa curiosa è che questa legge parla di “nascite e riproduzioni”… il che mi fa pensare che per riproduzioni non siano intese appunto delle nascite, ma delle riproduzioni di stessi individui aventi lo stesso DNA e quindi per taleazione. Se così fosse e se la mia interpretazione fosse giusta ogni talea che uno riproduce deve essere denunciata! Qui http://www.foi.it/CITES/PDF/dichiarazione_nascite.pdf si può vedere un fac simile di dichiarazione di nascita riferito agli uccelli sempre in allegato B. Parlando con un esperto di tartarughe estremamente ferrato sull’argomento Cites, a suo avviso la talea di corallo va registrata con il numero cites del corallo da cui proviene e addirittura va riportato anche il peso della talea… mah… non so se sto farneticando di più io o questo mio amico 😉 Avrei anche altri dubbi, ma evito di esporli perché si articolerebbero troppo se prima non si riesce a dare una risposta a quanto scritto sopra, quindi per ora mi fermo qui. In conclusione, siamo però giunti sicuramente ad evidenziare alcuni punti fermi, che riepilogo di seguito:
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