Ho deciso di scrivere questo breve articolo riassuntivo consultando materiale scientifico usufruibile in rete per chiarire alcuni punti sull’utilizzo del carbone attivo in acquariologia e per rispondere ad alcune domande frequenti.
Per far ciò mi sono avvalso della sperimentazione scientifica pubblicata dal prof. Giovanni Camera Roda dell’università di Bologna.
- 1 Cos’è il carbone attivo?
- 2 A cosa serve il carbone attivo?
- 3 Quali sono le sostanze che vengono assorbite dal carbone attivo?
- 4 Quando va utilizzato il carbone attivo in vasca?
- 5 Quanto carbone attivo si deve utilizzare?
- 6 Dove posizionare il carbone in vasca?
- 7 Quanto tempo deve essere tenuto in vasca il carbone attivo?
Cos’è il carbone attivo?
Il carbone attivo origina da materiali di origine vegetale o minerale che vengono sottoposti a 2 differenti tipi di trattamento.
Il primo viene definito carbonization e permette la carbonizzazione dei materiali utilizzati. Nel secondo questo carbone viene sottoposto ad una serie di trattamenti chimici o gassosi ad alta temperatura (tra i 400°C e i 1000°C) atti a modificarne la struttura interna.
E’attraverso questa seconda lavorazione che avviene la vera a propria “attivazione”.
Si forma così all’interno del carbone un numero elevatissimo di pori dalle forme e dalle dimensioni più svariate e che, come vedremo, svolgono un ruolo fondamentale nei processi di adsorbimento.
A cosa serve il carbone attivo?
A questa domanda la maggior parte degli acquariofili sa già rispondere, ma vediamo di dare un’inquadratura più scientifica possibile alle nostre conoscenze.
Dunque, il carbone attivo è il principale se non l’unico materiale in ambito acquariofilo in grado di adsorbire un’infinità di sostanze differenti e di liberare la soluzione in cui si trova dalla possibile tossicità di quest’ultime.
Occorre ricordare che l’adsorbimento non è selettivo,ma segue delle regole che vedremo in seguito, e ciò fa si che vi siano delle sostanze utili adsorbite dal carbone,e quindi private all’acqua, e altre dannose per le quali il carbone può fare ben poco.
Come avrete notato non si parla ne di semplice filtrazione dell’acqua ne di assorbimento, bensì parliamo di adsorbimento.
Con il termine adsorbimento si intende una procedura che permette di legare le sostanze inquinanti in maniere ANCHE chimica. E’ infatti assodato che all’interno delle microporosità del carbone attivo si possano ritrovare alcuni gruppi funzionali capaci di instaurare un legame chimico con le sostanze con cui vengono a contatto.
I meccanismi di adsorbimento del carbone attivo sono triplici: chimici,fisici e elettrostatici e spesso una sostanza che si lega al carbone attivo utilizza contemporaneamente tutti e tre questi meccanismi.
In molti casi si è visto che il legame che si instaura è un legame ad idrogeno, cioè un legame con un’energia molto superiore ai semplici «legami» di van der Waals tra le molecole, che sono in pratica i «legami» che si hanno nell’adsorbimento puramente fisico. Tuttavia questi legami non sono legami covalenti (cioè i più stabili),e sono quindi soggetti a rompersi.
Per quanto riguarda l’adsorbimento “fisico” occorre analizzare la struttura del carbone attivo;questo possiede una seri altissima di macropori (con diametri superiori a 500 Å), mesopori (con diametri compresi tra 20 e 500) e micropori (con dimensioni inferiori a 20 Å) i quali conferiscono al carbone attivo nel complesso una superficie teorica che varia tra i 400 e i 1500 m2/g; (Teorica poiché non tutti questi pori sono utilizzabili per sviluppare legami). E’ soprattutto all’interno dei micropori che avviene “l’intrappolamento” delle molecole” nel processo di adsorbimento fisico.
Infine forze elettrostatiche si possono sviluppare quando la molecola che viene adsorbita possiede una carica netta elettrostatica (vi è da notare che molecole polari in generale non possiedono una carica netta elettrostatica). In genere, i siti sulla superficie del carbone attivo sono carichi negativamente.
Le caratteristiche fisiche sino a qui riportate determinano che all’interno dei mesopori e micropori il flusso di liquido sia talmente lento da far si che gli scambi avvengano solo per diffusione. Un semplice risciacquo può così, anche se ripetuto, non essere sufficiente a rimuovere completamente le sostanze che, seppur non adsorbite, sono presenti all’interno dei mesopori dopo un processo di adsorbimento.
Per quanto riguarda i macropori,date le loro dimensioni, è verosimile che vengano rapidamente colonizzate dai batteri (che tuttavia non riescono ad entrare nei meso e micropori) e che possano fungere da base per una sorta di filtro biologico.
A questo riguardo occorre fare alcune considerazioni; per quanto si possa in linea teorico utilizzare il carbone attivo come base per la colonizzazione batterica questo non è da consigliarsi perché gli inconvenienti nel lasciare il carbone in vasca,come vedremo, fanno si che questa non sia una metodica auspicabile.
Quali sono le sostanze che vengono assorbite dal carbone attivo?
Le principali sostanze che possono essere rimosse dal carbone sono medicinali,pesticidi,metalli pesanti, la nicotina,che può entrare in soluzione dall’aria inquinata da fumo di sigaretta, ed altri composti organici chiamati DOC (Dissolved Organic Compounds) che o non vengono quasi per nulla degradati per azione batterica o sono prodotti per effetto appunto dell’attività batterica, ma non vengono ulteriormente trasformati.
In linea generale possiamo dire che il carbone attivo assorbe facilmente composti poco solubili in acqua (come molti idrocarburi) e composti non polari. I composti polari invece (e tra questi troviamo nitriti e nitrati) non sono facilmente adsorbibili dal carbone in quanto fortemente trattenuti dall’acqua (anch’essa composto polare!)
L’azione adsorbente del carbone attivo non è però mirata alle sole sostanze nocive,ad esempio è forte la sua capacità adsorbente nei confronti dello iodio;è inutile quindi dosarlo in una vasca che abbia del carbone attivo.
Occorre sottolineare inoltre che la rimozione delle sostanze inquinanti migliora di molto anche l’attività biologica del filtro. Infatti alcuni inquinanti hanno un effetto inibente sell’attività dei batteri in vasca.
Quando va utilizzato il carbone attivo in vasca?
Il carbone andrebbe inserito quando la concentrazione degli inquinanti ha raggiunto un valore critico; quindi in maniera occasionale, non continuativa. Il suo utilizzo è consigliato ad esempio dopo un trattamento antibiotico o medicinale in generale o empiricamente possiamo decidere di utilizzare il carbone attivo quando l’acqua assume una colorazione giallastra in quanto alcuni DOC (come i fenoli) possiedono proprio una forte tendenza colorante.
Dal grafico è possibile osservare lo spettro di assorbimento del fenolo da parte del carbone attivo
Si osserva che la curva sale rapidamente per basse concentrazioni di fenolo per poi diminuire di pendenza. È un comportamento che si ripete per molte sostanze, ma non per tutte, in quanto ci possono essere composti che hanno isoterme di forma qualitativamente anche molto diversa.
(Si parla di isoterma in quanto l’adsorbimento è influenzato anche dalla temperature,quindi per valutare il reale andamento della concentrazione di fenolo occorre mantenere constante la temperature,nella fattispecie la temperatura era mantenuta a 25°C)
Una volta introdotta una certa quantità di carbone attivo in vasca, questo inizierà ad adsorbire alcuni composti, le cui concentrazioni inizieranno a calare in vasca. I valori che raggiungeranno a regime, cioè dopo il tempo necessario ad arrivare ad una situazione in cui le variazioni di concentrazione sono trascurabili, saranno quelli di equilibrio descritti appunto dalle isoterme di adsorbimento.
Quanto carbone attivo si deve utilizzare?
Utilizzando le isometriche di adsorbimento e misurando la concentrazione di fenolo in vasca è possibile calcolare la quantità di carbone da utilizzare e il residuo dei composti a regime. Ad esempio: in una vasca da 100L con una concentrazione iniziale di fenolo di 10 mg/L; quanto carbone attivo si deve introdurre per fare scendere la concentrazione di fenolo in vasca ad 1 mg/L?
Se l’isoterma di adsorbimento è quella prima riportata ed a regime si raggiunge l’equilibrio,allora si può calcolare che occorrono poco meno di 33 g di carbone attivo e nel carbone attivo il fenolo è adsorbito in misura di circa 0,028mg/(mg di carbone attivo).
Se invece di 33 g di carbone attivo, venissero introdotti 100 g di carbone attivo, allora la concentrazione all’equilibrio di fenolo nell’acqua sarebbe di circa 0,02 mg/L e quella nel carbone attivo di 0,01 mg/(mg di carbone attivo).
Naturalmente, aumentando la quantità di carbone attivo calerebbe anche la concentrazione residua in soluzione (in quanto la quantità adsorbita aumenta), come è evidente nella figura qui sotto.
È interessante osservare nella figura che un aumento della quantità di carbone attivo porta a significativi benefici solo se le quantità utilizzate non sono rilevanti. Infatti, oltre una certa quantità di carbone attivo la curva nel grafico è molto poco pendente, indicando che la concentrazione residua di fenolo in soluzione cala poco anche aumentando di molto il carbone attivo utilizzato.
Questo indica che è praticamente inutile utilizzare quantità rilevanti di carboni attivi. Si può stimare quindi che con 100g di carbone attivo si raggiunga un adsorbimento adeguato per 100L d’acqua e che l’introduzione di quantità superiori non garantista miglioramenti rilevanti.
Modalità di utilizzo.
È sempre opportuno lavare il carbone attivo prima di introdurlo in vasca o nel filtro con acqua dolce pulita a temperatura ambiente al fine di:
1) rimuovere le particelle più fini di carbone che altrimenti potrebbero poi diffondersi in vasca ed essere rimosse solo difficilmente;
2) rimuovere residui di lavorazione, che possono creare problemi alterando il pH o rilasciando in vasca composti indesiderati. Ad esempio, fosfati potrebbero essere rilasciati da quei carboni attivi che vengono attivati utilizzando anche acido fosforico.
Un semplice lavaggio può essere in tal caso insufficiente ad eliminare tutti i fosfati e perciò tali carboni andrebbero evitati quando possibile. Una metodologia per verificare che i carboni non rilascino fosfati è descritta ad esempio da Thiel all’indirizzo: http://www.athiel.com/lib2/pguide/carbon.html
3) bagnare la superficie del carbone attivo ed i pori in modo da rendere subito pronto il materiale per l’adsorbimento.
Dove posizionare il carbone in vasca?
“Il posizionamento in vasca del carbone è anch’esso argomento di discussione. La scelta è tra disporre il carbone attivo in modo che esso venga forzatamente attraversato da una corrente di acqua di una certa entità (utilizzo attivo) oppure in una zona con poca corrente in modo che venga soltanto lambito dall’acqua da trattare (utilizzo passivo).
È evidente che con un utilizzo “attivo” si riducono i tempi necessari per adsorbire una certa quantità di inquinante, perché in tal caso gli inquinanti vengono trasportati dalla corrente verso la superficie dei grani di carbone attivo, mentre nell’utilizzo passivo gli inquinanti raggiungono questa superficie prevalentemente per diffusione, cioè con un meccanismo lento.
Alcuni sostenitori del metodo passivo fanno rilevare però che, visto che le sostanze che vengono adsorbite sono diverse ed alcune di esse possono essere composti utili, come alcuni oligoelementi, nella “competizione” che si instaura nell’adsorbimento si osserva che con il metodo passivo si hanno minori perdite di questi elementi utili, probabilmente perché questi “diffondono” con maggiori difficoltà.
Alla luce di queste osservazioni la scelta migliore è porsi in condizioni intermedie utilizzando il carbone in maniera “attiva”, ma con una corrente piuttosto debole, oppure in maniera “passiva” evitando però in questo caso zone completamente stagnanti.
Un ulteriore aspetto del problema riguarda il possibile rilascio con l’utilizzo attivo di parte dei composti adsorbiti. Il sistema si comporta in maniera piuttosto complessa e la fluidodinamica riveste un ruolo importante.
Si può dimostrare, attraverso un modello complesso, che il comportamento del sistema dipende da diversi parametri, tra cui il rapporto tra volume della vasca e volume della zona occupata dal carbone attivo (cioè quantità di carbone attivo utilizzata).
Dal momento dell’introduzione del carbone attivo si possono verificare in vasca delle oscillazioni nella concentrazione dei composti soggetti ad adsorbimento.
L’aspetto importante è che tali oscillazioni, comunque, si smorzano nel tempo e la concentrazione tende ancora verso il valore di equilibrio. Altro risultato importante è che tali oscillazioni sono tanto meno accentuate, od addirittura assenti, quanto più piccolo è il volume occupato dai carboni attivi, cioè la quantità utilizzata di carbone attivo.
Queste oscillazioni sono assenti se il carbone attivo viene semplicemente lambito dalla corrente d’acqua e non completamente attraversato.
Da queste osservazioni ci sentiamo di indicare come posizione migliore (quando possibile) quella in cui l’acqua passa senza essere forzata direttamente ad attraversare il carbone.
Quanto tempo deve essere tenuto in vasca il carbone attivo?
In questo caso occorre valutare la qualità del carbone ed effettuare un “bilancio” tra aspetti positivi e negativi del suo utilizzo.
Il processo di adsorbimento si può ritenere concluso già un circa 5-6 giorni.
Diciamo che se non sono stati effettuati trattamenti antibiotici-medici-chimici particolarmente impegnativi il carbone attivo può’ già essere rimosso dopo una settimana,viceversa la sua permanenza può essere protratta per una decina di giorni.
Tempi più lunghi potrebbero privare le piante e gli esseri viventi ospitati in vasca di alcune importanti sostanze nutritive.
In conclusione rispettando le condizioni sperimentali suggerite nell’articolo si garantiscono i migliori risultati dall’utilizzo del carbone attivo in vasca.
In poche parole in un acquario in cui il cambio dell acqua viene fatto ogni 3 settimane viene usato nei primi dieci giorni ogni volta che si cambia parzialmente l acqua?