Effetto della profondità sulla luce
La luce emessa dalla lampada, caratterizzata principalmente da intensità e spettro, si modifica all’aumentare della profondità essenzialmente per due motivi:
- assorbimento;
- allargamento del fascio di luce emesso all’aumentare della distanza dalla lampada.
L’assorbimento può avvenire da parte di materiali opachi, come rocce, piante, alghe, materiali d’arredamento, che schermano completamente la luce eventualmente riflettendo in parte solo alcune lunghezze d’onda, oppure da parte dell’acqua, che assorbe parzialmente la radiazione luminosa.
Mentre l’allargamento del fascio di luce emesso interessa soltanto l’intensità della luce, l’assorbimento può anche modificare lo spettro della radiazione in quanto l’acqua assorbe in misura diversa le radiazioni a seconda della loro lunghezza d’onda.
Si partirà considerando un caso ideale, e via via si passerà a vedere quali sono gli effetti che ci si può attendere dai diversi fattori che entrano in gioco.
Effetto dell’assorbimento
L’assorbimento porta ad un calo esponenziale dell’intensità all’aumentare della profondità. Normalmente l’equazione che descrive tale diminuzione lungo un raggio di luce è la cosiddetta legge di Lambert-Beer che si può scrivere come: I=I0 exp(-kl d) dove I0 è l’intensità ad un certo punto (ad esempio in superficie), I è l’intensità alla distanza d da questo punto e kl è il coefficiente di assorbimento. Quest’ultimo è funzione della lunghezza d’onda per cui, come detto, la frazione assorbita non è la stessa per tutte le radiazioni che compongono lo spettro.
Nella figura seguente è riportato l’andamento del coefficiente di assorbimento in funzione della lunghezza d’onda per acqua pura.
Con questi valori dei coefficienti di assorbimento, lo spettro a diverse profondità risultante dall’assorbimento della luce emessa da una lampada fluorescente a “spettro completo” (una Philips TLD 940) diventa quello riportato nella seguente figura.
L’osservazione di questo grafico induce a qualche considerazione.
La radiazione a lunghezze d’onda minori (nel blu e nell’UVA) rimane praticamente inalterata anche fino a 10 m.
La radiazione a lunghezze d’onda più lunghe (nel rosso principalmente) viene invece assorbita per una frazione anche rilevante, tuttavia per le profondità tipiche di un acquario (fino a 50 cm) l’assorbimento non è trascurabile, ma non è neppure tale da comportare una modifica sostanziale dello spettro. Anche fino ad 1 m di “cammino ottico” del raggio nell’acqua la variazione dello spettro non è accentuata.
Questo significa dunque che l’attenuazione dell’intensità della luce e le modifiche allo spettro derivanti dall’assorbimento nell’acqua in un acquario domestico non sono tutto sommato tali da determinare sostanziali variazioni della luce fornita al variare della profondità.
La situazione si potrebbe modificare abbastanza nel caso di acque non pure o pulite, con la presenza di particelle in sospensione o di sostanze disciolte in grado di assorbire anch’esse la radiazione. Spesso ad esempio composti organici, come quelli che si formano nei processi di decomposizione del cibo non consumato e dei rifiuti degli organismi presenti in vasca, danno picchi di assorbimento nel campo dei blu e degli UVA tendendo a fornire all’acqua una colorazione ambrata o giallina. In tale evenienza l’assorbimento aumenta, in quantità difficilmente prevedibile, ma con un aumento che interessa principalmente le lunghezze d’onda più corte (blu ed UVA), che sono quelle maggiormente assorbite da queste classi di composti, mentre nel campo della radiazione rossa le variazioni rispetto all’acqua pulita sono relativamente contenute.
Allargamento del fascio luminoso.
Il fascio di luce che parte da una sorgente luminosa si può allargare e pertanto l’intensità cala allontanandosi semplicemente dal punto di emissione a prescindere dall’assorbimento da parte dell’acqua precedentemente discusso. Anche se è opinione diffusa che tale diminuzione sia proporzionale alla distanza al quadrato, tuttavia questo non è vero in generale per tutte le sorgenti luminose. Anzi per le lampade fluorescenti il calo (tranne che nelle zone più vicine alle estremità della lampada, che però hanno relativamente poca importanza) risulta proporzionale alla distanza dalla lampada e non al suo quadrato. Per sorgenti puntiformi o quasi (ed a queste possono essere assimilate le lampade ad alogenuri metallici e quelle a vapori di mercurio con i propri riflettori) invece il calo è effettivamente in pratica proporzionale alla distanza al quadrato. Parrebbe pertanto più opportuno utilizzare lampade fluorescenti per illuminare acquari più profondi, visto che con l’aumentare della distanza con queste si ha un calo di intensità in proporzione meno pronunciato. In realtà occorre considerare alcune particolarità dell’utilizzo delle lampade nelle vasche che alla fine possono pesare parecchio sulla funzionalità.
In teoria le pareti dell’acquario possono riflettere gran parte delle radiazioni che incidono meno perpendicolarmente alla superficie dei vetri. Dunque soltanto una certa parte di raggi che partono dalla lampada escono attraverso i vetri laterali, mentre gli altri subiscono anche più di una riflessione rimanendo all’interno della vasca finché non incontrano una superficie opaca. Infatti se si prova a guardare attraverso i vetri laterali della vasca verso l’alto in direzione della lampada, ci si potrà accorgere che soltanto in certe posizioni si riesce a vedere direttamente la “luce emessa dalla lampada”, costituita dai raggi che escono direttamente attraverso i vetri proprio perché gran parte dei raggi emessi vengono invece riflessi e rimangono all’interno dell’acquario. In un certo senso l’acquario si comporta come un’enorme fibra ottica di grande sezione. In alcune vasche di acquari pubblici (come ad esempio nella vasca delle meduse all’acquario di Genova ed in quella di alcuni pesci di mare aperto mediterranei all’acquario del Museo oceanografico di Monaco) si sfrutta infatti questo fenomeno per illuminare vasche alte alcuni metri fornendo luce soltanto dall’alto, con un effetto piuttosto scenografico. Nell’acquario domestico tuttavia è bene non fare troppo affidamento su questo fenomeno sia perché i vetri possono essere ricoperti da un sottile strato di alghe che riduce sensibilmente la riflessione sia perché comunque la luce viene in gran parte assorbita sui materiali di arredamento.
Inoltre vi è anche da considerare come i riflettori possono modificare il fascio luminoso emesso dalle lampade. In effetti i riflettori per lampade puntiformi forniscono fasci molto più concentrati e direzionati di quelli (quando sono utilizzati) forniti da lampade fluorescenti, per le quali, visto che l’emissione è diffusa dalla superficie esterna della lampada, è progettualmente molto più difficile concentrare il fascio di luce. Il risultato è che con lampade puntiformi risulta più semplice illuminare la zona desiderata alla profondità a cui si trova ed a tal fine in genere è sufficiente regolare solo la distanza del gruppo lampada-riflettore dalla superficie dell’acqua. Viceversa con lampade fluorescenti, pur se dotate di riflettore, il posizionamento è quanto più vicino alla superficie dell’acqua (compatibilmente con la protezione dagli spruzzi) per ridurre le dispersioni laterali al di sopra dell’acqua. Di regola pertanto le fluorescenti si trovano a circa 10-15 cm al di sopra della superficie, mentre le lampade ad alogenuri metallici od a vapori di mercurio a 60-80 cm . Quindi, anche se il calo dell’intensità in relazione alla distanza segue le leggi prima citate, all’interno dell’acqua la distribuzione dell’intensità con una lampada ad alogenuri metallici od a vapori di mercurio (posta più lontano dalla superficie) può risultare più uniforme che con una lampada fluorescente.
La situazione che si realizza è schematizzata nel seguente grafico dove viene riportato il calo dell’intensità della radiazione rispetto a quella entrante alla superficie dell’acqua, che si determina per effetto dell’allargamento del fascio luminoso.
È evidente che la distribuzione fornita dalla lampada ad alogenuri metallici è più uniforme di quella risultante con una lampada fluorescente. Quest’ultima d’altra parte non può essere disposta molto lontano dalla superficie dell’acqua in quanto anche con gli eventuali riflettori o plafoniere disponibili sul mercato gran parte della radiazione emessa verrebbe indirizzata verso l’esterno senza entrare in vasca. In altre parole con lampade ad alogenuri metallici fornite di riflettori risulta più facile (o meglio più efficiente) la copertura delle zone che si desidera illuminare da parte del cono di luce prodotto. In definitiva le lampade fluorescenti sono penalizzate dalla mancanza di riflettori della stessa efficienza di quelli per lampade ad alogenuri metallici quando si tratta di illuminare in profondità e non tanto dall’assorbimento da parte dell’acqua, che come visto è comunque piuttosto modesto. Purtroppo non è possibile realizzare riflettori di elevata efficienza per lampade fluorescenti a causa dell’emissione diffusa dalla superficie interna dove sono disposti i fosfori, anche se i riflettori presenti sul mercato non funzionano probabilmente in modo ottimale e sarebbe possibile in molti casi fare di meglio.