L’apparato respiratorio
La respirazione si verifica con l’ausilio di fenditure branchiali che non sboccano verso l’esterno, ma all’interno di una camera branchiale a contatto con la cavità orale e caratterizzata da un rivestimento cutaneo detto opercolo.
Schema metà sinistra delle branchie:
A) Lampreda
B) Squalo
C) Pesce osseo
1-orifici branchiali esterni
2-orifici branchiali interni
3-sacche branchiali
4-archi branchiali
5-setti branchiali
6-lamelle
7-spiracolo
8-arco mascellare
9-arco ioide
Quest’ultimo non è costituito soltanto dalla massa cutanea, ma da una struttura interna basata su lamine ossee.
Per respirare i pesci inalano dalla cavità orale una corrente d’acqua con l’ausilio della muscolatura boccale, del faringe e degli opercoli, e viene fatta passare nelle camere peribranchiali mediante le fessure ricavate nella faringe.
L’esalazione si verifica tramite fenditure opercolari, che a seconda della specie possono essere piuttosto ampie, o viceversa piccolissime.
Le lamelle branchiali, attraverso cui avviene il processo di respirazione, posizionate nella parte esterna dell’arco branchiale, sono altresì denominate olobranchie; tali lamelle, abbondantemente irrorate dal sangue, svolgono anche una funzione osmoregolatrice.
Alcuni nuotatori (tonni, maccarelli) respirano in modo diverso: grazie alla loro propulsione rapida, l’acqua penetra con flusso continuo nella bocca aperta, apportando continuamente ossigeno fresco.
La respirazione può avvenire in modo alternativo, qualora le branchie non fossero presenti (o fossero abbozzate) nella morfologia interna dell’animale: in tal caso mediante epiteli o diverticoli localizzati nel faringe; oppure mediante una particolare vescica di natura incerta e derivante da un’evaginazione ventrale della faringe.
Alcuni pesci non si avvalgono solamente della respirazione subacquea, in quanto necessitano di assimilare ossigeno parzialmente fuori dall’acqua: questo accade, ad esempio per le specie che vivono in acque dolci, salmastre, e costiere, soggette a forte ristagno, evaporazione, riscaldamento, o caratterizzate da una forte presenza di vegetali in stato avanzato di decomposizione (come ad esempio Betta splendens).
Molte specie hanno saputo adattarsi alla frequente carenza d’ossigeno nelle acque stagnanti grazie alla formazione di vari organi respiratori ausiliari.
Questi ultimi si sviluppano già allo stato embrionale, quando le larve crescono in punti che presentano sensibili variazioni del livello d’ossigeno, o denotano un considerevole deficit d’ossigeno; tali organi corrispondono ai vasi del sacco embrionale e degli sbocchi delle pinne.
I neoceratodi utilizzano, per respirare, la vescica gassosa trasformata in un polmone semplificato, mentre i pesci d’acqua dolce appartenenti all’ordine degli anabattoidi respirano mediante un organo sottobranchiale ausiliario, denominato labirinto, la cui cavità è provvista di capillari, in modo da rendere possibili gli scambi gassosi, riconducibili all’assorbimento dell’ossigeno e all’espulsione del gas carbonico.
Certe specie utilizzano l’ossigeno dell’aria, come nel caso delle anguille, la cui pelle è un organo respiratorio annesso, grazie al quale l’animale, nel corso della notte, può scivolare nell’erba umida e trasferirsi da un vivaio all’altro.
Il cavedano di stagno fagocita aria e in tal modo assimila ossigeno a livello dell’intestino, abbondantemente munito di capillari sanguigni, inoltre tale specie, analogamente ad altre (ad esempio, dipneusti) presenta escrescenze filamentose appositamente per respirare.
L’apparato circolatorio
Il cuore consta di un seno venoso, un atrio, un ventricolo (caratterizzato da una parete di notevole spessore) ed un cono arterioso.
Quest’ ultimo può essere sensibilmente ridotto (come nel caso degli Attinopterigi più evoluti); in tal caso tale mancanza è sopperita dal punto iniziale del tronco arterioso, caratterizzato da una parete di notevole spessore, da cui ha origine un bulbo arterioso provvisto, differentemente dalla parte rimanente del cuore, di muscolatura liscia.
Tale bulbo è munito di una serie di valvole ed è contraddistinto da una fibra alquanto robusta.
Altri Osteitti (ad esempio Latimeria chalumnae) presentano, invece, un cono arterioso alquanto sviluppato, ma recante un aspetto, globalmente embrionale, poco definito.
La circolazione sanguigna è in stretto rapporto con la respirazione, e segue un determinato procedimento a seconda che l’animale viva o meno in acque ben ossigenate.
Qualora l’habitat sia contraddistinto da acque debitamente ossigenate, l’ossigenazione del sangue, introdotto allo stato venoso nell’aorta ventrale (il sangue venoso accede nel cuore mediante le vene epatiche), avviene nelle arterie branchiali e da qui viene fatto circolare in tutto il corpo mediante l’apparato radicale dell’aorta dorsale (le cui branchie irrorano le pinne pettorali, gli organi digerenti, l’apparato sessuale, i reni, la muscolatura, e gli altri organi), le arterie carotidi e relative diramazioni.
Nel caso di soggiorno in acque ristagnanti (o addirittura in pozze fangose), e quindi in presenza di un’ossigenazione scarsa o problematica, il sangue fluisce nelle arterie polmonari, poichè le branchie non giocano un ruolo rilevante nel processo di respirazione, e, attraversate diverse arterie polmonari, approda nelle sacche polmonari e viene ossigenato.
Mediante una vena polmonare, il sangue ossigenato ritorna al cuore, e quindi viene fatto circolare in tutte le zone del corpo.
La distribuzione di ossigeno all’intero corpo avviene tramite i globuli rossi e i pigmenti in essi contenuti (l’emoglobina); la quantità di ossigeno trasportata dal sangue dipende dal numero di globuli rossi, che determina la proporzione di ferro contenuta nel sangue.
Nei nuotatori veloci (maccarelli e tonni), tale quantità è più abbondante, mentre è scarsa nei nuotatori più lenti e nelle specie di motilità minima (rana pescatrice, ghiozzo, ecc).
Il sistema linfatico consta di una fitta maglia di vasi linfatici sottocutanei, muscolari, che non presentano valvole, inoltre sono assenti gruppi cellulari di natura ovoidale.
La linfa drenata dai capillari linfatici viene fatta fluire, mediante particolari organi, nel sistema venoso.
L’apparato urogenitale e organi sessuali
Grazie a tale apparato l’animale elimina tutte quelle sostanze metaboliche non necessarie dal sangue, inoltre viene garantita la regolazione equilibrata dell’osmosi in relazione all’ambiente acquatico, e il contenuto idrico e salino non è soggetto a valori irregolari.
Quest’ultima caratteristica è ravvisabile nella funzione renale di alcuni generi , che non provvede all’espulsione delle scorie ma al mantenimento dei valori idrici e salini succitati.
Si segnala la presenza di 2 reni di forma allungata, ubicati nella cavità celomatica, che trovano sbocco esternamente confluendo nel dotto mesonefrico, a suo volta congiunto (in un determinato punto) all’uretere; entrambi i canali confluiscono nella papilla urogenitale: la condivisione di tale percorso rappresenta una prerogativa dell’individuo maschile, poichè nella femmina i 2 canali si dipanano indipendentemente, trovando sbocco all’esterno rispettivamente tramite il poro urinario e il poro genitale.
Nei pesci ossei le molecole di ammoniaca (derivante dalla digestione delle proteine) sono abbastanza piccole in modo da poter essere evacuate attraverso la superficie delle branchie, quindi tali animali eliminano gran parte dei loro residui azotati al livello dell’apparato respiratorio (circa 5-10 volte di più che dai reni).
I pesci cartilaginei non eliminano ammoniaca, ma urina, della quale trattengono attivamente una parte nel corpo, fattore che provoca un aumento della concentrazione di sali nei liquidi metabolici (pressione osmotica) in rapporto a quella dell’acqua marina.
Oltre che dalle branchie, l’espulsione dei residui metabolici è assicurata da un rene primitivo, detto mesonefro (di colore rosso scuro, e di forma allungata), situato nella regione superiore della cavità generale, lungo la colonna vertebrale.
Le gonadi (gli organi riproduttivi) sono costituiti da 2 pieghe, appese alla volta della cavità addominale, ubicate in posizione sottostante rispetto ai reni.
Gli spermadotti (assenti nei salmonidi e nei ciclostomi) consentono l’evacuazione delle cellule sessuali maschili giunte alla maturità.
Nei ciclostomi, le uova passano direttamente dalle ovaie nella cavità generale, poi, attraverso pori ventrali, nell’ambiente acquatico; nei Condritti, esistono degli ovidotti, che dirigono le uova nella matrice, da cui poi esse passano nell’acqua attraverso la cloaca.
In alcuni osteitti (salmonidi) tali ovidotti sono assenti e quindi le uova passano direttamente nell’acqua; lo stesso avviene per i ciclostomi.
Nella maggior parte dei casi, però, esistono almeno degli ovidotti di forma ridotta.
L’assenza dei gonodotti, in genere riconducibile agli esemplari femminili, è compensata dai pori genitali che consentono la regolare fuoriuscita di uova e sperma.
La fecondazione avviene esternamente, anche se alcuni generi attuano tale processo internamente producendo cambiamenti della propria morfologia: durante la riproduzione, ad esempio, la pinna anale, trasformata in organo copulatore (detto gonopodio) adempie al trasporto dello sperma.
Con poche eccezioni, tutti i pesci hanno il sesso distinto; delle forme ermafrodite, dotate di ovaie e testicoli, appaiono nella famiglia dei Serranidae, Lutianidae, Soaridae.
Talvolta, le cellule sessuali giungono allo stato maturo simultaneamente e si ha autofecondazione, mentre in altri casi la maturità è in tempi diversi, e l’autofecondazione non può verificarsi.
In certi xitofori, si manifesta perfino un cambiamento di sesso nel corso dello sviluppo, e spesso avviene che delle femmine che hanno già partorito si trasformino in maschi, in taluni casi, fertili.
La regolazione osmotica
La regolazione osmotica consente il mantenimento costante dell’equilibrio fra ambiente interno ed esterno.
Date le differenze di pressione osmotica tra i 2 ambienti (dovute perlopiù alla concentrazione delle sostanze in soluzione), i pesci hanno dovuto attuare una serie di adattamenti fisiologici: ad esempio, le missine sono rimaste fino ai giorni nostri senza alcun dispositivo regolatore, e la pressione osmotica dei loro liquidi interni corrisponde a quella dell’acqua marina in cui vivono.
Gli squali, le chimere, e le razze (condritti) mantengono la loro pressione osmotica interna in modo del tutto particolare; siccome la concentrazione dei sali nei loro liquidi fisiologici equivale più o meno ad un terzo di quella dei sali nell’acqua marina, essi sono in continuo pericolo di disidratazione a causa dell’acqua marina, che ha una pressione osmotica più forte e combattono questo deficit di sali trattenendo attivamente l’urina nel corpo.
Grazie a tale procedimento, la loro pressione osmotica riesce ad essere lievemente superiore a quella dell’acqua circostante.
I pesci ossei marini combattono la loro bassa pressione osmotica assorbendo di continuo acqua di mare ed eliminando attivamente l’eccesso di sali a livello delle branchie.
Tuttavia, l’escrezione dei sali eccedenti attraverso le branchie deve essere sempre più rapida rispetto al loro assorbimento.
I pesci d’acqua dolce si trovano a dover affrontare la situazione inversa: i loro liquidi fisiologici sono più concentrati dell’ambiente circostante.
Per eliminare l’acqua eccedente che affluisce al loro organismo, essi espellono una grande quantità di urina diluita (fino ad un terzo del loro peso al giorno).
L’apparato nervoso
Tale apparato si basa su 2 parti distinte, una centrale comprendente encefalo e midollo spinale, e quella periferica a cui fanno riferimento la nervatura cranica e quella spinale nonché il sistema nervoso autonomo.
Il midollo spinale ha termine nell’urostilo, ed è caratterizzato da una struttura , la cui forma è simile a quella di una y ribaltata.
Si registra la presenza di 2 corna dorsali, unite ai lati del setto dorsale, e 2 corna ventrali, in posizione divaricata rispetto alle estremità del solco ventrale.
Mentre nei vertebrati terrestri sono gli emisferi del cervello anteriore che acquisiscono gradualmente la funzione di centro dirigente, nei pesci le diverse zone del cervello rimangono ancora in evidente relazione con gli organi sensoriali.
Il complesso del cervello è posto in una capsula cartilaginosa od ossea, denominata neurocranio.
Il cervello anteriore, il telencefalo, è interamente al servizio dell’organo olfattivo, ed è assai sviluppato nei pesci dall’odorato fino, come ad esempio, gli squali; esso porta il primo paio di nervi cefalici, i nervi olfattivi.
Oltre all’odorato, il telencefalo influenza e dirige il comportamento dei pesci durante il periodo della fregola e delle cure dedicate alle uova ed ai piccoli.
L’encefalo è costituito dal mesencefalo e dal diencefalo (costituito da talamo dorsale e talamo ventrale): il primo è caratterizzato dal tetto ottico, suddiviso in 2 lobi ottici, questi ultimi connotano uno sviluppo maggiormente pronunciato rispetto a quelli olfattivi, consentendo all’animale una percezione visiva piuttosto sviluppata.
Il tetto ottico non rappresenta soltanto il punto d’arrivo delle fibre nervose sensoriali provenienti dalla retina, poichè in tale parte affluiscono altri stimoli sensoriali originarie da diversi punti olfattivi, gustativi, ecc.
Inoltre, grazie alla sua attività motoria, regola l’efficiente regolazione del movimento natatorio del pesce.
Grazie al mesencefalo, deputato alla registrazione e decodificazione delle impressioni visuali, il pesce reagisce a diverse stimolazioni ambientali, come alla comparsa di una preda od un ostacolo, e di conseguenza che tipo di movimento adottare per raggiungerla od aggirarlo.
I pesci che si orientano per mezzo della vista, sono dotati di lobi ottici sensibilmente sviluppati.
Il diencefalo rappresenta un importante centro di mantenimento dell’equilibrio interno, e sede del gusto; esso è collegato a tutto il sistema endocrino per mezzo dell’ipofisi.
Le sue pareti danno, per evaginazione,le vescicole ottiche che sono all’origine della retina, inoltre il diencefalo dà origine al secondo nervo cefalico pari, il nervo ottico.
I 10 nervi cranici adempiono a diversi funzioni,: 3 di essi garantiscono l’attività olfattiva, ottica e altre; un altro terzetto di nervi contribuisce ad innervare la muscolatura del globo oculare; i rimanenti effettuano la medesima funzione dei 3 precedenti, ma limitatamente all’arcata mandibolare e agli archi branchiali.
I nervi spinali constano di una radica dorsale e una ventrale, le cui diramazioni sono coese al fine di formare plessi differentemente organizzati.
L’innervatura della muscolatura cardiaca e delle ghiandole viene effettuata dal sistema nervoso autonomo.
Le ghiandole endocrine
Tali ghiandole congiuntamente al sistema nervoso rappresentano una sorta di sistema neuro umorale, che assicura le reazioni dell’animale di fronte alle variazioni dell’ambiente interno o esterno.
Le succitate ghiandole non comunicano con l’ambiente esterno e le loro secrezioni, gli ormoni, sono distribuiti dal sangue in tutto il corpo.
Le secrezioni della tiroide influiscono sullo sviluppo, mentre gli ormoni delle surrenali intervengono nella regolazione del metabolismo e della tensione, e nello sviluppo delle ghiandole sessuali.
Anche queste ultime sono deputate alla produzione di una serie di ormoni che regolano il comportamento sessuale, ma anche il livello delle cure materne, e perfino il funzionamento delle stesse gonadi.
Un’importante ghiandola endocrina è l’ipofisi, situata alla base del diencefalo, e che coordina l’attività delle altre ghiandole a secrezione interna.
Come funziona l’olfatto dei pesci
Tramite tale senso i pesci percepiscono le sostanze diluite nell’acqua; nella quasi totalità delle specie l’olfatto viene garantito da 2 sacche olfattorie che si sviluppano ai parietali, anteriormente rispetto ai bulbi oculari, ciascuna munita di una narice anteriore e una posteriore che consentono all’acqua di penetrare e fuoriuscire dall’ambiente esterno.
Organo olfattivo
1-senso scorrimento dell’acqua
2-epidermide
3-nervo olfattivo
4-cellule sensoriali
L’uscita e l’entrata di acqua sono facilitate dall’erezione di un lembo cutaneo ubicato tra i 2 orifici summenzionati, e da diverticoli posizionati in diversi punti della testa.
Nella sacca olfattoria sono presenti delle lamelle a mo’ di rosetta, il cui numero è proporzionale alla capacità olfattiva del pesce.
In tali lamelle sono racchiuse le cellule neurosensoriali primarie, necessarie alla costituzione del nervo olfattorio.
L’odorato dei pesci è molto sensibile: spesso bastano poche molecole di una sostanza concentrata in un litro d’acqua, affinché il pesce reagisca.
La vista dei pesci
Gli occhi sono sprovvisti di palpebre: solo alcuni gruppi come, per esempio, gli squali, hanno una palpebra nictitante.
La messa a fuoco avviene grazie al movimento del cristallino nella camera visiva, e non per variazioni della sua forma, come avviene per i mammiferi.
L’occhio è mobile, per l’azione di 3 paia di muscoli motori.
2 -legamento di sospensione del cristallino
3 -cornea
4 -cristallino
5-muscolo motore
6-corpo vitreo
7-sclerotica
8-tesuto connettivo
9-nervo ottico
10-epidermide
La maggior parte dei pesci non vede che ad una distanza di 5-10 m, tuttavia, essi percepiscono quello che si trova nell’acqua e quello che si trova fuori di essa: in tal caso, si tratta di oggetti situati entro l’angolo di: ±50° con la verticale che passa per il centro del corpo.
La retina comprende dei punti e dei bastoncini che consentono ai pesci di percepire insieme la forma ed il colore degli oggetti; la visione a colori è stata verificata in una ventina di specie.
Gusto
La percezione di tale senso è determinata da appositi bottoni gustativi che risiedono non soltanto nella cavità orale e sulla lingua ma sono anche distribuiti nell’epidermide delle labbra e dei barbigli situati nella testa.
Barbigli di Corydoras e Ancistrus.
In alcune specie, dedite al regime alimentare di fondo, tali bottoni sono dislocati lungo l’intera superficie del corpo.
E’ stato dimostrato che numerosi pesci hanno percezioni gustative analoghe a quelle dei mammiferi: la carpa, ad esempio, distingue i 4 gusti principali: dolce, acido, salato ed amaro.
Udito
L’organo auditivo è collegato a quello dell’equilibrio ed innervato con l’ottavo nervo cranico, che per tale ragione è denominato nervo stato-acustico.
L’insieme dell’organo è collegato sul retro del cranio in una capsula cartilaginosa od ossea e costituisce, insieme alla capsula olfattiva e visiva, una delle parti fondamentali del cranio dal punto di vista evolutivo.
L’orecchio interno è costituito dal labirinto, dal quale escono 3 canali semicircolari, perpendicolari gli uni agli altri.
Le estremità di questi canali si allargano in una sorta di ampolle, dove si trovano degli otoliti di carbonato di calcio, che posano su cellule sensoriali.
Il pesce percepisce il movimento degli otoliti su queste cellule come segnali di cambiamento di posizione.
La sede dell’udito è una vescicola dell’orecchio interno denominata lagena, che corrisponde alla chiocciola dei vertebrati terrestri.
Anche la vescica natatoria partecipa alla recezione dei suoni, fungendo da amplificatore.
La portata sonora dei pesci si attesta tra 16 e 5.600 Hz, e molte specie hanno anche la facoltà di produrre attivamente suoni, sia per frizione delle ossa, che per l’azione di muscoli sottili che entrano in vibrazione ed emettono un suono, amplificato dalla vicina vescica gassosa.
E’ per questo motivo che, durante la seconda Guerra Mondiale, spesso i rumori emessi da banchi di pesci venivano scambiati per ronzii di motori di sottomarini nemici.
Organi elettrici
Tramite tali organi i pesci percepiscono gli impulsi elettrici prodotti dal movimento di determinate prede nelle vicinanze.
Grazie ai ricettori neuromasti l’animale è quindi in grado di recepire leggerissime alterazioni relative alla conduttività dell’habitat circostante sopperendo in tal modo ad altre carenze sensoriali, ad esempio la cecità insita in alcune specie di Gobidi.
Tali organi sono presenti in molte specie ittiche, e si basano su un gran numero di masse muscolari a forma discoidale, che possono emettere virtualmente impulsi elettrici di ben 500 Volts, sebbene i valori Ampere non siano molto elevati.
Discorso a parte va fatto per il genere Malapterurus, cui tale facoltà è da ascrivere a ghiandole cutanee piuttosto che a masse muscolari.
Linea laterale
A seconda del genere, la linea laterale può assumere configurazioni diverse: quasi lineare, come nel caso della carpa; a forma d’arco per quanto concerne, ad esempio il pesce persico; interrotta (Pseudocromidi); caratterizzata da una suddivisione in 2 parti, come accade per i Ciclidi; irregolare (Balistidi); piuttosto frammentata e divisa con sviluppo variegato (cefali).
La linea laterale è innervata ad opera di un paio di nervi cranici, e presenta i neuromasti, particolari stimolatori sensoriali situati in canali sottocutanei, questi ultimi derivanti dalla porosi ravvisabile sulla superficie epidermica.
Di questi canali, il più grande, denominato canale laterale, percorre il tronco nella sua lunghezza globale e la coda in entrambi i fianchi; la linea laterale si articola in varie ramificazioni di canali, tra cui ricordiamo la linea mandibolare, infraorbitale e sopraorbitale.
Nei pesci ossei, il corpo dei quali è coperto di scaglie, quelle della linea laterale presentano delle aperture che permettono alle ondulazioni dell’acqua di pervenire alle cellule sensoriali situate sotto di esse tramite un canale speciale.
La linea laterale svolge un’importante funzione, in quanto consente all’animale (fermo o in movimento) di percepire lo scorrere dell’acqua a contatto con la sua epidermide; in tal modo il pesce può correggere comportamenti errati o controproducenti, come nel caso in cui nuota contro corrente nelle acque fluviali.
Inoltre, comunica all’animale la presenza di una preda, di un ostacolo, o anche di un essere umano che cammina sulla riva.
Vescica natatoria
Nei pesci ancestrali tale vescica rivestiva un ruolo primario per quanto concerne la respirazione, funzione che ha perso nel corso dei secoli.
Ciononostante alcuni pesci utilizzano la vescica natatoria anche per respirare, limitatamente alle acque dolci scarsamente ossigenate, grazie al fatto di possedere arterie polmonari già vascolarizzate; quindi non necessitano di assimilare gas, come sono soliti fare gli animali che vivono in habitat con forti concentrazioni di ossigeno.
Tale organo, derivato da un evaginazione dorsale o laterale dell’intestino (ma in alcuni ordini, come quello dei Perciformi, la comunicazione tra la vescica gassosa ed il tubo digerente scompare durante lo sviluppo), funge da regolatore idrostatico, consente quindi di secretare o assorbire selettivamente le quantità necessaria di gas (per questo motivo, tale vescica è denominata anche gassosa), con l’ausilio di un intreccio di capillari detti corpi rossi, al fine di galleggiare ad alta quota e di dosare compiutamente i movimenti natatori; comunque, l’animale può utilizzare altri mezzi per poter galleggiare vicino alla superficie, come, per esempio, l’immagazzinare grasso od olio nei tessuti.
La vescica natatoria è generalmente unica e posizionata posteriormente rispetto all’intestino, cui è collegato tramite il dotto pneumatico; ha la foggia di una sacca membranosa (in età adulta) il cui sviluppo ha origine dall’esofago per poi articolarsi in direzione caudale.
Nelle specie marine, il volume della vescica gassosa rappresenta circa il 5% del volume del corpo, e nei pesci d’acqua dolce il 7-14%, data la maggiore densità dell’acqua marina, che permette una riduzione della vescica.
La forma differisce da specie a specie: i salmoni hanno una vescica uniloculare, e i ciprinidi biloculare; alcune specie come gli scazzoni, ne sono, invece, sprovviste.
Nei ciprinidi, la sezione anteriore è unita all’apparato stato-acustico con una serie di ossicini, denominato ossicini di Weber.
Questo dispositivo consente ai pesci di registrare le variazioni di pressione atmosferica ed idrostatica.
Inoltre, lo spettro auditivo dei ciprinidi è molto più esteso di quello degli altri pesci: la loro vescica natatoria funziona, infatti, come un amplificatore delle onde sonore.
In determinate specie, ha anche la funzione di risuonatore, amplificando i suoni emessi.