Allevare l’anguillola dell’aceto come cibo vivo: una scelta vincente?Dr. Alessio Arbuatti Negli ultimi anni si è assistito ad una e vera esplosione dell’allevamento casalingo del cibo vivo e questo ha sicuramente favorito l’acquariofilo nella gestione di alcuni pesci anche particolarmente esigenti. A volte capita, però, che si allevi una specie senza conoscerla correttamente o saperne le caratteristiche biologiche, ciò può comportare un utilizzo errato dell’alimento nonostante tutti i buoni propositi che alimentano l’appassionato. Uno dei cibi vivi più allevati è senza dubbio l’anguillola dell’aceto (Turbatrix aceti), che si presta ottimamente alla coltura casalinga grazie alla facilità di gestione delle colonie.
Terreni di coltura L’allevamento dell’anguillola dell’aceto è estremamente semplice ed ogni singola colonia può sopravvivere diversi anni, purchè sia rabboccato il liquido di coltura che evapora nel tempo. Questa specie passa tutto il ciclo vitale nell’aceto o in altri liquidi idonei, nutrendosi dei batteri della fermentazione batterica. Tollera valori di pH tra 1 ed 11 e temperature dai -77° ai + 45°. Infatti nelle acetaie, qualora vi sia nelle botti un’infestazione da anguillole (circa 1000-2000 vermi per cc.), vengono applicati trattamenti di risanamento delle partite aumentando la temperatura per brevi periodi. In ambito sperimentale si è visto che riesce addirittura a sopravvivere per breve tempo anche in azoto liquido, nella stricnina e nell’alcool etilico al 15%. Tale specie ha uno scarso bisogno di ossigeno, infatti può vivere diversi giorni sia nell’olio d’oliva che nella paraffina liquida, mentre in atmosfere completamente prive di ossigeno muoiono entro 72 ore. La coltura standard prevede l’immissione, preferibilmente in una caraffa a collo stretto, di un substrato composto da 50% aceto bianco + 50% di acqua dolce ed una fetta di mela.
Dopo i primi giorni i pezzi di mela affonderanno formando una posa che persiste durante tutta la coltura.
Con il passare del tempi la coltura acquisterà un colore man mano piu intenso.
Come detto in precedenza, l’anguillola si nutre di batteri dell’aceto che si formano durante il processo produttivo. In origine questi si formano dal processo di fermentazione dell’aceto che si caratterizza per un elevato consumo di ossigeno. I batteri che fungono da alimento per l’anguillola sono principalmente quelli del Genere Acetobacter spp. Dunque, qualora si decida di partire con una coltura nuova, è necessario che questi microrganismi siano presenti in un numero sufficiente da permettere la sopravvivenza dell’inoculo starter di anguillole. In pratica quando si allestisce una coltura, si crea un piccolo ecosistema con un substrato (liquido + mela) per permettere la crescita numerica sia dei batteri, che, a loro volta, dei loro predatori: le anguillole. Nella mia esperienza personale è capitato qualche volta di perdere in pochi giorni abbondanti inoculi di anguillole inseriti all’interno di colture appena preparate. In pratica l’inoculo immesso, seppur abbondante, spariva completamente in pochi giorni lasciando la coltura completamente senza anguillole. Una possibile spiegazione di ciò può essere data dalla mancanza di una corretta concentrazione batterica, alla base dell’alimentazione delle anguillola stesse.
Infatti anche i batteri, come ogni essere vivente, hanno una dinamica di popolazione, dalla quale si evince che inizialmente (inoculo appena preparato) vi è una fase iniziale di stasi dei batteri, senza moltiplicazione, seguita da una periodo di crescita numerica, uno di stabilità (soggetti morti nello stesso numero di quelli nati), per poi terminare con una fase di diminuzione numerica qualora, a sua volta, la coltura non venga nel tempo fornita di “nuovo substrato/alimento” anche per i batteri. Ad oggi, quando allestisco una nuova coltura, preferisco preparare il contenitore nuovo, con acqua aceto e mela, circa una settimana prima di immettere le anguillole e fino ad ora il problema emerso in precedenza, non è più ricomparso. E’ inoltre buona norma coprire l’inoculo per evitare che altri insetti raggiungano il liquido di coltura.
Il prelievo delle anguillole può iniziare già dopo circa 1 mese. A causa delle piccole dimensioni, il metodo più semplice è quello di mettere della lana di perlon sulla superficie del liquido di coltura e, sopra a questa, dell’acqua osmotica.
Valori nutrizionali ed utilizzo in acquariofilia In diversi siti e forum si sente parlare dell’anguillola come una soluzione alimentare ottimale a bassissimo costo, ma ciò è vero o no? I valori nutrizionali di un alimento sono fondamentali per il corretto utilizzo del cibo vivo, infatti, specie per i pesci è di basilare importanza un corretto apporto di proteine e di lipidi. Non vi è alcun lavoro scientifico che descriva tutti i costituenti nutrizionali dell’anguillola e come questi possano variare nei diversi terreni di coltura, ma da varie ricerche si evince che questo alimento è ricco di lipidi neutri e polari, la maggior parte dei quali sono lipidi insaturi delle serie a 18 e 20 atomi di carbonio. La quantità di lipidi stimata si aggira sul 40% del peso totale e le proteine intorno al 20% del peso secco. Vi sono pareri discordanti sui contenuti nutrizionali, infatti in un altro lavoro si dichiara un contenuto di: 80% – 90% acqua, 15%-22% grassi, 40% proteine e ceneri 6%-8%. Cosa vuol dire nella pratica acquariofila tutto ciò? Purtroppo vuol dire che l’alimento, nonostante una buona quantità di proteine, non può essere utilizzato come cibo unico, specie negli avannotti, ma può essere somministrato “una tantum”, nonostante le dimensioni a “portata di bocca” e la persistenza del movimento delle anguillola una volta inserite in acquario. Infatti l’eccessiva presenza di grassi può comportare danni epatici ed alterazioni dell’accrescimento negli avannotti stessi. Bibliografia scientifica disponibile online 1) Mesa M.M, Caro I., Cantero D. Viabilità reduction of Acetobacter aceti due to the absence of oxygen on submerged cultures. Biotechnological Progress, 709-712, 1996. 2) Womersley C., Thompson S.N., Smith L. Anhydrobiosis in Nematodes II: Carbohydrate and Lipid Analysis in Undesiccated and Desiccate Nematodes. Journal of Nematology. 145-153, 1982. 3) Todd R.B. The ciclopaedia of anatomy and physiology Vol.2. 4) Fletcher C.L., Krusberg L.R. Investigation of some lipids from Turbatrix aceti. Comparative Biochemestry 5) Kisiel M.J, Castillo J.M., Zuckerman L.S.,. Zuckerman B.M, Himmelhoch S. Studies on ageing in Turbatrix aceti. Mechanisms of Ageing and Development. Vol.4 81-88, 1975.
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