Con questo articolo, vorrei portare la mia esperienza sul mantenimento e la riproduzione in acquario di Parosphromenus bintan. Più precisamente parliamo di Parosphromenus cf. bintan (cf. deriva dal latino “confer” e sta per “confronta”, ossia degli esemplari con somiglianze genetiche e morfologiche con una determinata specie), probabilmente “Sentang” (dal luogo di ritrovamento, nell’isola di Sumatra) o “tipo Sentang” (ma sempre nell’isola di Sumatra), denominazioni scaturite dalle informazioni scambiate con il Prof. Peter Finke, studioso tedesco che si occupa da anni di questi bellissimi anabantoidei e che sta cercando di creare una rete di persone in possesso di Parosphromenus, in maniera da avere un quadro più preciso e completo sui metodi di allevamento e riproduzione (non molto semplici, devo dire). Parosphromenus cf. bintan (maschio) Inizialmente infatti, l’allevatore (olandese) da cui provenivano questi pesci e (di riflesso) il negoziante che me li aveva procurati, li avevano classificati come Parosphromenus deissneri. Poi, grazie alle impressioni scaturite sul forum di AP (vedi il prezioso supporto di Fabio/Bacarospo) e alla conoscenza del Prof. Finke, giunsi all’attuale denominazione. Il Parosphromenus cf. bintan abita ruscelli e canali, con acque correnti, scure, acide e molto morbide. Parosphromenus cf. bintan (femmina) A livello morfologico, il Parosphromenus cf. bintan possiede una livrea composta da due strisce orizzontali nere su fondo beige. Le pinne dorsali, caudali e anali dei maschi sono di un nero semitrasparente bordato di un azzurro-celeste, metallico ed iridescente (che nel P. cf. bintan forma una banda continua, mentre nel P. deissneri è interrotta a formare delle macchie); la caudale presenta inoltre, una zona di color bruno-nerastro (nel P. cf. bintan è arrotondata mentre nel P. deissneri ha una forma nettamente più lanceolata); le pinne pelviche presentano dei filamenti biancastri (mentre nel P. deissneri virano decisamente sul turchese). La femmina, invece, possiede dei colori delle pinne meno vividi e decisamente più trasparenti. Entrambi possiedono degli occhi con iridi che virano sul rosso. Riguardo specificatamente ai miei esemplari, entrai in loro possesso nel Marzo del 2009. Presi 4 esemplari (2 coppie) e li misi in una vasca da 126 litri. – DATA AVVIO: Marzo 2001 – DIMENSIONI VASCA: 80 x 35 x 45 cm (126 litri lordi) – TECNICA – ALLESTIMENTO: – FLORA: – FAUNA: – GESTIONE: L’acquario da 126 litri. Notai, con il tempo, che tutti e 4 gli individui si ritrovavano a loro agio in quell’ambiente. Mano a mano che abbassavo pH e durezza dell’acqua, i loro colori si intensificavano e mangiavano senza remore. Somministravo abbondanti dosi di naupli di artemia e, in giro per la vasca, i Paro trovavano frequentemente microfauna varia da cacciare (ostracodi, copepodi, lumachine,….). Ma il problema di un’osservazione attenta sul loro comportamento e su un’eventuale riproduzione si fece ben presto evidente. I tre centimetri di un pesce timido e riservato infatti, erano alquanto difficili da seguire in 126 litri di vasca ben piantumata e ricca di legni e nascondigli. Intuivo le parate, i litigi ed i corteggiamenti, ma capire se avvenivano o meno deposizioni o altro era alquanto complicato. Tanto più che nella vasca era presente anche un Crossocheilus siamensis di 8 anni, che non rappresentava il massimo della tranquillità per una coppia di Paro in riproduzione. Così, l’estate successiva, ho deciso di spostare una coppia in una vasca di 20 litri (40x20x25 cm), arredata molto spartanamente con un fondo di quarzo ceramizzato, un paio di legni, un quarto di noce di cocco parzialmente interrata, un tubo in PVC, qualche stelo di Ceratophyllum demersum, un ciuffo di muschio ed una palla di Aegagrophila linnaei (ex Cladophora aegagrophila). Sul fondo avevo messo dei cilindri di torba (JBL) e qualche pigna di ontano. Il tutto era riscaldato da un termoriscaldatore da 25w e illuminato da una PL da 11w, posizionata però in alto e molto inclinata, così da avere giusto la luce per vedere i pesci e far vivere le piante. Ovviamente niente fertilizzazione né CO2. La vasca inoltre non possedeva un vero filtro, ma solo una piccola pompa di movimento alloggiata in un vano in alto a destra della vasca (vasca che in realtà era un tempo la sump di una mia vasca marina), con una spugna sintetica in entrata del flusso d’acqua ed intorno alla pompa, tanto per creare un minimo di filtraggio meccanico. All’uscita della pompa avevo appeso (letteralmente, con una molletta) un sacchetto con 60g di torba in granuli. I valori dell’acqua erano : pH = 5.7; conducibilità = 75 µs e T = 26°C.
I cambi erano effettuati 2 volte a settimana e risultavano del 30% circa. Ho notato infatti che cambi frequenti e consistenti (sono arrivato anche al 50%) sono un fattore importante per la deposizione. I Parosphromenus fanno un nido di bolle, ma non sotto la vegetazione galleggiante, bensì all’interno di una “grotta”, per proteggere meglio uova ed avannotti. Infatti, come detto all’inizio, questi pesciolini abitano acque correnti, molto più mosse rispetto a quelle di Trichogaster, Colisa e alcuni Betta. Quindi gli servono siti di riproduzione più riparati e sicuri. Al momento della deposizione, il maschio invita la femmina nella grotta e, dopo un classico “abbraccio” tra i due, le uova (abbastanza grandi in relazione alla taglia) vengono attaccate sul “soffitto” della grotta, tra le bolle. Dopodiché è solo il maschio che si occupa della covata. La femmina è tenuta a debita distanza. Nel mio caso la deposizione avvenne nei primi giorni di ottobre. Me ne accorsi perché il maschio (sempre più timido della femmina nei girovagare per la vasca) un giorno non ne voleva proprio sapere di uscire allo scoperto al momento della somministrazione del cibo. Improvvisamente però, lo vidi fare capolino da un angolo della vasca. Andai a controllare meglio. Non ci potevo credere. Il maschio aveva scelto come sito di riproduzione, non la noce di cocco, né il tubo in PVC, ma la volta di un anfratto del legno in basso a sinistra, proprio a ridosso del fondo, in un punto inarrivabile ad un occhio esterno alla vasca. Tanto che nell’unica (indecente) foto che sono riuscito a fare (e frutto di una mezza giornata di tentativi) si intravvede appena il maschio, ma non le uova. Successivamente (circa due giorni dopo) ebbi la fortuna di vedere anche gli avannotti (delle virgole scure e microscopiche), ma purtroppo (a causa di improvvisi e pressanti impegni di lavoro) non ebbi la velocità di spostare i genitori. Così, nel giro di 48 ore, non riuscii più a vedere un solo avannotto, nonostante i miei sforzi di dosare infusori in vasca.
Dopo questa deposizione la coppia entrò in una fase di stand-by, dovuto probabilmente anche ad un abbassamento delle temperature del periodo invernale. Ma appena dopo la fine dell’inverno, ebbi una piacevolissima sorpresa. E non nella vasca da 20 litri, bensì in quella da 126 litri. Successe infatti che, dopo aver spostato la prima coppia di Parosphromenus nella piccola e più “gestibile” vasca da 20 litri, rimase nel 126 litri la seconda coppia. Con l’arrivo, a fine gennaio, dei Carinotetraodon travancoricus, spostai anche questa seconda coppia in un’altra vasca da 20 litri. Ma capitò che, una decina di giorni dopo, mentre osservavo la vasca da 126 litri ed i suoi abitanti, notai una virgola muoversi tra la parte bassa del filtro interno e gli steli del Ceratophyllum. Non capivo. Forse una piccola Red Cherry. Presi la torcia ufficiale da “ispezione” e la puntai dritta sul punto dell’avvistamento. La virgola fece uno scatto e si posizionò perfettamente aderente lungo il silicone nero che fissava il vetro posteriore e quello di destra, sotto al filtro e vicino al fondo.
Continuavo a non capire cosa fosse. Mi rimaneva solo un’alternativa. Dovevo togliere tra me e quella virgola i 126 litri (lordi) che ci separavano. Afferrai allora il secchio ed il tubo dei cambi, presi “la mira” e…… aspirai velocemente quell’esserino, mettendolo poi in un bicchiere di vetro per osservarlo meglio. Era decisamente un avannotto. Ma di cosa?!? In vasca c’erano solo i Carinotetraodon e le Boraras. I primi erano da troppo poco tempo in vasca e a meno che non fossero stati poecilidi o altri ovovivipari, non era possibile. Le Boraras nemmeno, visto che conoscevo i loro piccoli. Feci allora mente locale. E mi ricordai di aver spostato la coppia di Paro intorno a metà Gennaio. Possibile?!? Possibile che quel pesciolino minuscolo era di Parosphromenus? Ed era sopravvissuto fino ad ora senza alcun supporto alimentare da parte mia? C’erano così tanti infusori nella mia vasca? E da quanto tempo era lì ? Facendo velocemente dei calcoli, come minimo 3 o 4 settimane. Ma, a tutt’ora, era lungo poco più di 3 mm! Incredibile. Io mi stavo facendo in quattro per riuscire ad assistere alla deposizione e alla schiusa delle uova nelle 2 vasche da 20 litri e loro si erano invece riprodotti nel 126 litri, senza che io riuscissi ad accorgermi appieno dell’accaduto. Questo però mi confermò anche le mie perplessità iniziali, ossia di non poter seguire adeguatamente la riproduzione di un pesciolino di 3 cm in 126 litri di vasca densamente piantumata. Cosa che infatti mi spinse a spostarli successivamente nelle vasche più piccole.
Ma le sorprese non erano ancora finite. Perché poco dopo, quando il mio sguardo si posò di nuovo negli anfratti più nascosti della vasca, cos’è che vidi? Altri due avannotti che cercavano riparo tra il muschio! Prontamente (e molto delicatamente) riuscii ad aspirare anche loro e sistemai tutti e tre i fratellini nell’acquario stesso (troppo rischioso fargli ormai cambiare le condizioni ambientali) ma all’interno di una nursery in rete e con un bel cespuglio di muschio per farli sentire più al sicuro. Ovviamente passai i successivi due giorni a scrutare continuamente l’acquario, alla ricerca di altri “sopravvissuti”. Ma niente. Mi potevo comunque ritenere soddisfatto per essere stato testimone di un evento così raro e straordinario, come la nascita e la crescita (in totale autonomia) anche solo di 3 piccoli di Parosphromenus cf. bintan. E tutto questo, ovviamente, mi ha dato nuovi stimoli per cercare di allevare e, soprattutto, di riprodurre al meglio questi splendidi pesci. Attualmente i piccoli hanno circa 7 mesi e sono lunghi circa 3 – 4 centimetri. Sono stati spostati in un acquario densamente piantumato di circa 28 litri, con acqua tenera e subacida. Andrea Bonito (Entropy) |