Continuando a parlare delle strategie alimentari, arriviamo infine al boccone preferito dei pesci sono di solito altri pesci, in una sorta di cannibalismo di classe. Unica condizione richiesta: che la preda sia più piccola. Di solito i piscivori hanno bocche molto rapide e grandi, con denti caniniformi aguzzi come aghi (o pugnali, dipende dalla dimensione) che penetrano nelle carni della preda e la immobilizzano in una morsa da cui sarà difficilissimo uscire vivi. Ma sono denti tutti uguali, incapaci di tagliare, di fare a pezzi una preda grossa per mangiarne un pezzo per volta (questo lo fanno gli squali, pesci cartilaginei). La preda deve essere inghiottita intera, in un boccone solo o tirandola dentro con pazienza e applicazione, raramente uno stomaco dilatabile consente di ingoiare bocconi grandi quasi come il predatore.
Bocche veloci e denti acuminati per immobilizzare e ridurre all’impotenza una preda veloce, guizzante, e viscida per il muco che ricopre la pelle di tutti i pesci, sono una costante. Diverse sono le tecniche messe in atto per piombare sulla preda, in base alle quali si distinguono almeno 5 categorie, con casi intermedi.
La prima categoria è quella dei predatori che si basano su un nuoto veloce e piombano sulla preda in velocità. Tecnica tipica dei carangidi e degli scombridi, cacciatori di mare aperto, dal corpo rigido di cui il terzo posteriore si muove spingendo lateralmente una pinna caudale falcata. Questo è il sistema adottato dai pesci per nuotare velocemente, minimizzando la turbolenza durante l’avanzamento in acqua. Altre famiglie che adottano questa tecnica sono i belonidi (aguglie), gli sfirenidi (barracuda). Le prede sono spesso pesci che vivono in banco.
La seconda categoria, molto numerosa, comprende specie criptiche che cacciano all’agguato. I sinodontidi o pesci lucertola ne sono un esempio, è relativamente facile vederli catturare una preda, sono piuttosto sfacciati in questo. La maggior parte degli scorpeniformi (scorfani e famiglie affini) usa questa tecnica assai bene: l’immobilità, una livrea marmorizzata e la possibilità di variare il colore per adattarlo a quello del fondo li rendono invisibili. La preda che si avvicini troppo cade vittima di uno scatto improvviso con estrusione delle mascelle. Denti piccoli ma aguzzi la immobilizzano e ne fiaccano la resistenza mentre viene inesorabilmente ingoiata.
Ma c’è chi ha perfezionato il mimetismo aggressivo con strutture che addirittura attirano la preda: gli uranoscopidi (pesci prete) spariscono sotto la sabbia da cui spuntano solo gli occhi rivolti verso l’alto. Una strana lingua vermiforme sfrangiata è spinta fuori dalla bocca con un getto di acqua, e oscillando appetitosamente può attrarre un incauto pesciolino alla ricerca di un facile pasto. Gli antennaridi (pesci rana) portano all’estremo il mimetismo, con un corpo che non ha nulla del pesce, sembra piuttosto una spugna globulare, una parte del fondo coperta di incrostazioni vere e di finti buchi. Il primo raggio della pinna dorsale è modificato, lungo, e porta in punta un esca (un ciuffo di filamenti, un appendice vermiforme, diversa a seconda della specie). Il movimento ritmico di questa appendice, mentre il pesce resta immobile, è un’attrazione irresistibile per l’incauta vittima. Bocca e stomaco dilatabili consentono loro di ingoiare rapidamente prede enormi.
Le specie che appartengono alla terza categoria, si muovono tranquillamente senza nascondersi alle prede, e sembra che le abituino alla loro presenza, celando le reali intenzioni. Così si comportano di solito i serranidi (le cernie), lutianidi, emulidi (labbradolci o grugnitori), muovendosi da soli o in gruppo, spesso attivandosi verso il tramonto. La cerniotta che sembra salutare agitando le pinne, che inclina il capo verso il basso, si finge remissiva e innocua ma osserva attentamente i pesciolini cha la circondano pronta a individuare e a piombare con un guizzo su quello che si muova male, con difficoltà, o che, meno prudente degli altri, semplicemente si avvicini troppo. La cernia non è veloce, è massiccia e ha pinna caudale triangolare o arrotondata, ma l’ampia superficie natatoria nella parte posteriore del corpo garantisce uno scatto rapidissimo.
Se vogliamo non è troppo diverso il comportamento di specie che si avvicinano alla preda lentamente, nascondendosi. I pesci trombetta (aulostomidi) sono forse l’esempio più eclatante. Il corpo sottilissimo visto frontalmente ha un ingombro quasi nullo. Spesso si associano a pesci più grossi, e nuotando nel cono d’ombra, si avvicinano non visti alla preda, escono solo per acchiapparla.
La loro bocca ha mascelle fuse a tubo, comuni a tutti i singnatiformi. Lo scostamento degli opercoli e la dilatazione del tubo generano il vuoto al suo interno, l’apertura improvvisa di una bocca terminale genera un risucchio fatale. Allo stesso modo mangiano gli altri singnatiformi: fistularidi (pesci flauto), singnatidi (ippocampi e pesci ago), solenostomidi (pesci fantasma), aulostomidi (pesci rasoio). A parte i primi, attivissimi piscivori, gli altri a causa delle piccole dimensioni predano soprattutto piccoli crostacei.
Tipica degli anguilliformi è la tecnica di inseguire la preda in fessure tra le rocce, addirittura dentro le tane. Murene (murenidi), anguille serpente (ofictidi), gronghi (congridi) sfruttano un corpo serpentiforme che nuota con ondulazioni, non consente velocità elevate ma di penetrare nel buco più stretto. Recentemente sono state osservate associazioni temporanee tra una murena (Gymnotorax javanicus) e una cernia (Plectropomus pessuliferus) per cacciare. I due animali prendono contatto, comunicano con una serie di oscillazioni che sostituiscono il linguaggio, poi si mettono in movimento assieme lungo il reef: le prede che si rifugiano in tana sono della murena, quelle che sfuggono verso l’esterno sono della cernia. Non c’è spartizione, ma la cooperazione consente a entrambi catture più facili e abbondanti.
Recentemente è stata studiata anche la particolare conformazione della bocca delle murene, che hanno due ordini di mascelle, come la maggioranza dei pesci ossei: entrambi si chiudono sulla preda, poi le mascelle esterne, dopo che la stretta di denti a pugnale ne hanno fiaccato la resistenza, la lasciano temporaneamente alle mascelle interne che si ritirano verso la gola, e mordono un poco oltre. A piccoli spostamenti, il boccone è ingollato.
Altre tecniche di caccia sono più difficili da inquadrare. I pesci leone del genere Pterois (scorpenidi) avanzano verso la preda avvolgendola con le pinne pettorali in uno spaventoso abbraccio, e spingendola verso una roccia, formando un imbuto al cui vertice è la bocca.
Man mano che gli studi progrediscono, i pesci evidenziano comportamenti complessi, in cui apprendimento e memoria hanno grande importanza a dispetto del vecchio pregiudizio che li voleva incapaci di memorizzare le esperienze vissute. Se i comportamenti alimentari sono forse i più immediati da studiare, altri elementi che scopriremo lungo il cammino ci aiuteranno a perfezionare questa immagine.
Testo e foto di Massimo Boyer