Il 25 Maggio scorso siamo andati a far visita alla Panaque srl. Per chi ancora non la conosce, questa società si occupa dal 1996 della riproduzione di pesci tropicali in Italia, in particolare Discus, Guppy e Scalari.
La sede operativa si trova a Capranica (VT), in piena campagna ed è stata fondata da un gruppo di giovani biologi appassionati di pesci ed in modo particolare di pesci ornamentali tropicali.
Durante la visita Francesca Mugnai, Flavio Gagliardi ed Oscar Di Santo, ci hanno guidato attraverso il loro impianto illustrandoci anche la filosofia che è alla base del progetto Panaque.
E così su tre ettari di terreno una volta dedicato alla produzione delle nocciole (risorsa di inestimabile valore commerciale per l’alto Lazio) i biologi Panaque hanno progettato e realizzato un impianto produttivo dotandolo di un pozzo per il pescaggio dell’acqua, un gruppo elettrogeno di supporto per le emergenze, una serra, delle vasche all’aperto, un canale, un lago ed una zona umida per la fitodepurazione, una ampia struttura abitativa con uffici e magazzino ed un laboratorio. L’impianto è diviso in una porzione coperta ed una scoperta: la prima occupa una superficie di 400m2, mentre la seconda di circa 1100m2.
Ci viene spiegato un poco più nel dettaglio il processo produttivo: si parte dal pozzo che pesca l’acqua a monte della serra e che poi grazie ad un complesso sistema di pompe la forzano attraverso un primo nucleo di filtraggio composto da un ultrafiltro a 5 micron e un debatterizzazione a raggi UV-c. Oscar ribadisce che si tratta di una misura precauzionale orientata ad evitare che il particolato e dei batteri indesiderati raggiungano la serra attraverso il pozzo. Una precauzione ormai imprescindibile per qualsiasi avannotteria. La scelta di parcellizzare l’impianto in tante piccole sezioni nasce dall’esigenza di confinare una patologia qualora questa debba esplodere tra i pesci allevati. Ognuna di queste schiere, dai riproduttori di discus alla larveria degli scalari, segue comunque una filosofia tecnico-impiantistica ben precisa che sta garantendo i risultati migliori in termini sanitari e produttivi. In sostanza sono stati abbandonati i soliti acquari da 100-200 litri con filtro laterale allagato fatto da più scomparti per sistemi composti da nuclei di filtrazione in pressione. L’acqua viene pescata in un ampia vasca di raccolta da una pompa di dimensioni adeguate, successivamente viene filtrata attraverso un filtro a sabbia, microfiltrata da filtri in Nylon (filtrazione sino a 5 millesimi di millimetro!), debatterizzata mediante raggi UV-c, filtrata biologicamente da un letto batterico puro di Nitrosomonas e Nitrobacter in modo da abbattere ammoniaca e nitriti ed infine riscaldata alla temperatura desiderata grazie a scambiatori di calore controllati da microprocessori.
Oscar ci racconta che questo schema sequenziale di gestione dell’acqua (filtrazione meccanica, ultrafiltrazione, debatterizzazione, filtrazione biologica, riscaldamento) è frutto dell’esperienza maturata in questi anni di attività della Panaque. Esperienza che io aggiungerei unica in Italia considerato che non credo esistano impianti come questo, ovvero in cui le tecniche dell’acquacoltura edule (per intenderci quelle dell’allevamento di spigole ed orate!) siano state cosi ampiamente asservite al mercato dei pesci ornamentali in generale ed a quello dei Discus in particolare. Sempre da questa esperienza si è ormai consolidata un’altra delle principali attività della Panaque, ovvero quella di progettare vasche di grandi dimensioni (ad es.: è da poco terminata a Milano la mostra itinerante “Squali” curata dal documentarista Alberto Luca Recchi, evento al quale la Panaque ha partecipato progettando e gestendo per un anno e mezzo una vasca da 80.000 litri dedicata a tre squali toro da un metro e mezzo), schiere espositive per negozi di acquariofilia (sul sito web Panaque www.panaque.com il curriculum di questi lavori) o grandi acquari pubblici (il parco marino “Le Navi” di Cattolica è certamente il più rappresentativo di questi). Abbiamo potuto osservare inoltre delle nuove vasche in vetroresina blu, attualmente in fase di posa in opera, che Panaque intende commercializzare tra i negozi di acquariofilia.
La parte scoperta dell’impianto è stata progettata per l’allevamento sia dei pesci ornamentali tropicali (nei periodi più caldi dell’anno) che temperati (durante tutto l’anno) ed è composta da 8 vasche in terra ed 8 vasche in alluminio per un volume complessivo di 150 metri cubi.
Lo sviluppo larvale viene gestito mediante tecniche di allevamento artificiale e solo in casi fortuiti le larve vengono lasciate ai genitori. Questo metodo sembra garantire dei buoni risultati in termini gestionali e quantitativi, anche se le larve cresciute con i genitori sembra offrano delle migliori performances di crescita. Successivamente si passa ad un protocollo basato sulle colture parallele di zooplanctonti ed Artemia. Si somministra Artemia nana (specie che alla schiusa ha una taglia ridottissima) appena schiusa per poi passare ad una Artemia con un più alto valore nutrizionale che viene arricchita su una emulsione di acidi grassi poliinsaturi, al pari di quanto succede per le larve di spigola ed orata. Alle taglie successive (3-5 cm) si integra l’alimentazione con un granulato appositamente studiato per i Discus, per poi passare definitivamente al pastone di produzione Panaque. Man mano che i Discus crescono li si sposta in vasche di maggiori dimensioni (100-300 litri) che compongono il cosiddetto circuito di ingrasso. In questa fase i pesci sono già pronti per la vendita (taglia di 4-5 cm Standard Lenght) e vengono poi ulteriormente selezionati per garantirsi i futuri riproduttori. Come accennato in precedenza le schiere dei riproduttori sono due, divise tra loro e distaccate dal circuito di ingrasso. Le vasche vanno dai 150 ai 300 litri e spesso si tengono 2 coppie nella stessa vasca, ma sono divise da una griglia. E’ curioso notare come alla Panaque non si impieghino dei coni di deposizione, ma dei tubi in PVC tagliati a modo per le esigenze del caso. Questi sono infatti piuttosto pratici per l’impiego che ne viene fatto: dopo ogni deposizione vengono sciacquati meccanicamente e poi sterilizzati per un paio di ore in una soluzione con cloro. Questa pratica sarebbe piuttosto complicata con i coni in terracotta e credo danneggerebbe presto quelli in gomma. Oscar ci spiega che qui ogni circuito ha la sua bacinella con la soluzione sterilizzante e una seconda bacinella per lo sciacquo, quindi la prassi è di sterilizzare dopo l’uso tutto il materiale che si impiega ed il fatto di avere un bagno per schiera di acquari limita la trasmissione di patologie. Le vasche dei Discus vengono sifonate ogni sera, manovra che quindi implica anche un salutare rinnovo giornaliero di acqua, mediamente dal 10 al 20%. Tutte queste schiere sono dotate di filtrazione a sabbia, microfiltrazione meccanica a 5 micron, debatterizzatore a raggi UV-c e un ampio filtro biologico, solitamente caricato con roccia lavica. L’alimentazione è principalmente costituita da pastone (cuore e fegato di bue) integrato con vitamine, spirulina, calcio, olio di fegato di merluzzo, ß-glucani, banane e mangime granulare. Tuttavia più volte alla settimana i Discus ricevono cibo congelato o dafnie vive allevate qui su colture parallele di fitoplancton, in modo da variare il più possibile la dieta.
Di Discus se ne vedono veramente tanti (ci sono circa 70 coppie ed almeno 2000 giovanili in crescita!) e colpisce soprattutto la bellezza e la taglia dei riproduttori. Il più anziano è un maschio Pidgeon Blood Blu di 5 anni e di circa 20 cm di lunghezza! Tra le varietà più comuni la Panaque attualmente alleva i Turchese Rosso, i Santarem, I Pidgeon Blood Blu e quelli Rossi, gli SnakeSkin normali e quelli Blu, i Solid Turchese, i Brillant Turchese, i Diamond ed i Solid Fire Red, mentre come varietà meno comuni vengono allevati i Leopard, i Leopard Snake Skin, i Siam Ruby, gli Yellow, i Marlboro Red, i Red Dragon ed un recentissimo ibrido tra Pidgeon e Snake Skin. Possiamo però inserire tra le più interessanti novità del settore un altro pesce riprodotto qui, ovvero lo Scalare selvatico varietà “Perù” e varietà “Guyana”. Credo infatti che la Panaque sia una delle poche, se non l’unica, aziende italiane ad allevare grandi quantitativi (avrò visto infatti circa 3000 tra giovanili ed adulti) di questi splendidi pesci.
Ci raccontano che il progetto è partito da lontano con l’acquisto di un centinaio di pesci selvatici e con una quarantena di un anno e mezzo, solo successivamente si è proceduto a inserire i pesci nella schiera dei riproduttori degli scalari e ci è voluto del tempo per ottenere la formazione di coppie e la prima deposizione. Si tratta di pesci più difficili rispetto allo scalare classico, che necessitano di più cure per quel che concerne l’alimentazione e l’ambientazione della vasca. Tuttavia ripagano con una postura regale delle pinne lunghissime ed una livrea di indiscutibile bellezza. Da notare come qui sia già partito anche il “progetto Altum”!!! Infatti sono in stabulazione degli splendidi esemplari di Pterophyllum altum con i quali si confida di poter ottenere in futuro la riproduzione. Tuttavia questa non potrà avvenire nelle vasche attuali, ma in vasche in vetroresina progettate ad hoc dallo staff Panaque, che abbiamo visto pronte per essere posizionate, ma questa è un’altra storia che spero di poter raccontare più in là. Ovviamente ci sono anche molte varietà di Pterophyllum scalare: Zebra, Marmo nero, Marmo bianco, Koi, Nero, Oro, Carta geografica, white Ghost, blu Ghost, Mixed dark e i nuovissimi Leopard! I riproduttori sono in una unica schiera mentre l’ingrasso avviene nel cosiddetto circuito centrale. Un grandissimo sistema centralizzato dotato di filtri meccanici, raggi UV-c e filtro biologico composto da vasche in vetroresina che vanno dai 500 ai 2000 litri. Il numero di scalari allevati è pressoché incalcolabile e vi assicuro che il colpo d’occhio è bellissimo. In queste vasche viene seguito anche l’allevamento integrato degli Ancistrus, che contribuiscono a tenere sotto controllo la popolazione algale. Per ottenere questo risultato è stato fatto molto lavoro in termini di selezione “sanitaria”, scartando i ceppi più sensibili alle patologie e cercando di mantenere quei soggetti più resistenti.
Per far ciò la Panaque si appoggia a diversi istituti di ricerca specializzati alcuni dei quali hanno iniziato a far svolgere delle tesi di laurea in veterinaria presso questo impianto. Fatto che mi sembra sottolinei come il nostro settore stia crescendo in termini professionali e di rilevanza economica. Inutile sottolineare come anche per questo circuito siano stati impiegati filtri meccanici a pressione e soprattutto lampade debatterizzatrici a raggi UV-c. Concludiamo la nostra visita virtuale alla Panaque dando uno sguardo agli esterni: ci sono le caldaie, il percorso di fitodepurazione, il laghetto-sedimentatore e le vasche in terra.
Le caldaie hanno calamitato l’attenzione di molti in quanto impiegano come materiale combustibile i gusci delle nocciole. La zona circostante è infatti ricchissima di piantagioni di questa pianta e di conseguenza ci si è ingegnati ad impiagarne tutte le parti. Ovviamente in inverno date le temperature il consumo per riscaldare una serra come quella della Panaque è alle stelle ed il camion viene circa 1 volta a settimana per portare i gusci di nocciola, mentre man mano che la stagione volge al bello si diradano drasticamente i viaggi.
Altra caratteristica di interesse e che testimonia l’attenzione che qui ricevono le problematiche ambientali è il percorso di fitodepurazione. Una produzione animale, piccola o grande che sia, sposta nutrienti nel luogo di lavoro e quindi può rappresentare un eventuale punto di accumulo di sostanze inquinanti. In modo particolare una acquacoltura come quella della Panaque ha come sottoprodotto dei cicli produttivi dell’acqua abbastanza ricca di composti azotati e fosfati. Per evitare una dannosa concentrazione è stata progettata una fitodepurazione, metodica in grado di abbattere in modo ecocompatibile il quantitativo di macroelementi (azoto e fosforo) prodotti. In sostanza si forza l’acqua attraverso un canale nel quale vengono piantate piante acquatiche a rapida crescita, queste filtreranno l’acqua meccanicamente coi loro steli e le loro radici e assorbiranno parallelamente i macronutrienti. In fondo a questo canale troviamo un piccolo, ma lussureggiante laghetto ricco di piante acquatiche, raganelle, rane e insetti, che serve come sedimentatore.
La flora intorno al lago è cresciuta in modo strabiliante, ci sono salici e pioppi che in 4 anni hanno raggiunto dimensioni incredibili, e cio grazie al fatto che hanno goduto dei benefici dovuti agli eccessi di azoto e fosforo contenuti nei reflui della serra.
Oggi quindi, a distanza di pochi anni dall’inizio dell’attività produttiva, l’impatto ambientale arrecato è quello di aver sviluppato una piccola oasi verde ricca di piante autoctone. Risultato di non poco conto in tempi in cui la perdità della biodiversità è un tema ricorrente, che ne dite? Tutte le foto presenti sono state realizzate da Marco Rosetti |