PREMESSA: con il Messico si conclude la mia personalissima “trilogia ciclidofila”. In primo luogo fu il Malawi ed il suo lago (due viaggi ciclidofili “duri e puri”) poi l’Amazzonia (e qui cominciano le commistioni perchè l’interesse, che tuttora coltivo, per i loricaridi fu almeno di pari importanza nel decidere di andare…) da ultimo il Messico (in tale occasione sono stato “contaminato” dall’interesse per le piante grasse, come comunemente sono chiamati i cactus). Spero – prima o poi – di poter condividere coi lettori di AP le mie esperienze e conoscenze anche in questi due settori, vedremo … Ferocactus pilosus – in località Chargo Blanco. Non solo ciclidi in Messico …Per ora mi limito al mio primo amore, i ciclidi, però … Però, come sempre c’è però … i ciclidi del Centro America sono un numero elevatissimo e frequentano, praticamente, ogni possibile ambiente. La loro presenza sul territorio prende le mosse dalla prima, grossolana ma efficiente, divisione che li differenzia a seconda che abitino areali del Golfo del Messico (Oceano Atlantico) o, al contrario, prosperino su quello che affaccia sull’Oceano Pacifico. In ogni caso parlare, con cognizione di causa, di tutti loro è assolutamente al di sopra delle mie forze e quindi mi limiterò- tra quelli che popolano le zone del Messico che ho visitato – a discorrere del genere Herichthys. Prima con una breve descrizione dell’intero genere (scientemente evitando gli eccessivi approfondimenti sistematici), successivamente presentando rapidamente, come breve è stato l’incontro avuto in natura, una specie “nuova” – ed ancora in attesa di corretta classificazione – di recente ascritta al genere, da ultimo approfondirò l’approccio verso il genere parlando della specie, fra le più belle presenti in natura, che da alcuni anni allevo – e riproduco – in acquario: Herichthys labrindes.Il complesso ‘Cichlasoma’ labridens, in natura (evoluzione delle conoscenze).E’ endemico del sistema fluviale del Rio Panuco situato nella parte nord-est dell’altipiano del Messico degradante verso l’Oceano Atlantico, e consta di un gruppo di specie di bellissimi ciclidi caratterizzati da un aggressività molto elevata. Attualmente in base alla revisione di Kullander (Kullander, 1996) è classificato come appartenente al genere Herichthys. Tale bacino idrico, uno dei più belli e vasti dell’altipiano, versa da migliaia di anni il suo intero flusso nel Golfo del Messico modificando il suo corso secondo quanto accade al crinale occidentale dell’altipiano messicano: una lunga catena montuosa, compresa tra i paralleli 20° e 26°, che corre parallela alla costa del golfo medesimo. Nei secoli l’attività geologica ha consistentemente modificato la fisionomia della zona (e dei vecchi corsi d’acqua) creando scorci di incredibile bellezza e, al tempo stesso, delle stringenti “barriere biologiche” per la fauna ittica presente generando, come conseguenza, sentieri evolutivi divergenti che hanno portato, in molti casi, a nuove speciazioni. Anche i ciclidi hanno seguito il medesimo iter e fra le conseguenze si può citare Herichthys bartoni (la cui appartenenza al genere è dibattuta) che, presente nella sola Valle del Rio Verde, è più vicino a Cichlasoma beani (probabilmente anch’esso riclassificato, tipico abitante dei bacini fluviali orientali del Messico) che alle altre specie del gruppo. Del gruppo fanno parte in principio Herichthys carpintis, quindi Herichthys labridens (il cui nome latino significa letteralmente “denti sul labbro superiore” e di cui, in dettaglio parlerò in seguito), ma non solo. Puerta del Rio: un giovanile di Herichthys bartoni (che dopo le foto verrà liberato). Difficile parlare, per evidenti motivi, delle forme ancestrali di Herichthys quello che, al momento, risulta è che le specie riconosciute dagli ittiologi sono: Herichthys labridens, Herichthys steindachneri ed Herichthys pantostictus anche se altre specie sono in attesa di aggiunta al “complesso” (ad es.: Herichthys sp. “white labridens”, vedi). Altro evento con cui bisogna confrontarsi è una relativa chiarezza in merito alla classificazione di questi ciclidi ed anche in merito alla loro provenienza. Herichthys steindachneri, a Tamasopo su un fondo di grossi massi, fango, rami e foglie secche. La “località tipo”, ad esempio, di Herichtys labridens (classificato, in precedenza, come Heros labridens da Pellegrin nel 1903) è indicata come Huasteca potosina (Alfredo Dugès), ma tale nome, se inteso letteralmente, include una larga parte dell’intero bacino idrico in esame!
Tutti i vari “morph” di Herichthys labridens, a ragione delle modeste differenze che li contraddistinguono, sono – almeno allo stato attuale delle conoscenze – considerati una unica specie (sono stati considerati esemplari provenienti da cinquanta, differenti, siti). Senza entrare in dettagli ulteriori si possono identificare popolazioni, come detto con differenze minime, provenienti dalla Valle del Rio Verde (comprende la sorgente di Media Luna – o Media Luna Spring – da cui prevengono i miei pesci), Rio Gallinas (c.d. “Tamul” labridens), basso Rio Panuco, Lagune costiere della zona di Tampico (il più grosso porto messicano della costa atlantica). Va notato che Herichthys labridens e Herichthys bartoni condividono pacificamente gli stessi ambienti ignorandosi vicendevolmente poiché insistono su differenti nicchie trofiche (circostanza che, quindi, li porta a non entrare in concorrenza) che parlano di molluschi (e simili) per H. labridens e di alghe e materia organica in decadimento per l’altro, numericamente i secondi (H. bartoni) sembrano essere superiori.
Rammento che le regole internazionali della nomenclatura binomia prevedono l’indicazione del genere con l’iniziale maiuscola, della specie con l’iniziale minuscola e tutto in corsivo. Sugli altri pesci del Messico, brevemente…Per completezza di esposizione estrapolo, dalle mie “note di campo” di allora, almeno l’elenco dei pecilidi (praticamente sempre presenti) incontrati negli ambienti visitati. L’elenco è ncompleto, ma mi auguro renda l’idea. Insomma non ci sono solo ciclidi nelle acque del Messico.
E visto che ho parlato di raccolta e campionamento ecco una immagine (ripresa nella “Fish Room” di Juan Miguel Artigas Azas) che testimonia di metodo di lavoro (preciso, scientifico, ai limiti del maniacale) cui, dopo averlo appreso da lui, cerco di restare fedele usandolo in ogni possibile occasione.
Incontro – in acqua – con Herichthys sp. ‘white labridens’Di questo “nuovo” (per quanto appena qui sopra detto) Herichthys fornirò alcune, incomplete, informazioni sulla base delle mie conoscenze ed esperienza personali (in natura). Herichthys sp. ‘white labridens’, ripreso in natura.
INFORMAZIONI SULLA SPECIE: HABITAT:
ALLEVAMENTO E COMPORTAMENTO IN VASCA: Esperienze con Herichthys labridensUna lunga, appassionante, storia che ancora continua …
L’incontro in naturaIl mio primo incontro con Herichthys labridens ebbe luogo durante il primo viaggio (2002) nella zona della sorgente di Media Luna, un ambiente interessante e molto peculiare che racconta di un bacino principale dalla profondità massima di 36 metri (non fu il nostro caso, ma è possibile effettuare immersioni con le bombole), ricco di tronchi pietrificati e ninfee (queste ultime possono essere ritrovate anche nei canali secondari). Media Luna significa, in lingua locale, semplicemente “Mezza Luna”, il nome deriva dalla forma peculiare del bacino formato dalla sorgente stessa. Il sedimento al fondo è abbondante e si smuove facilmente. Tra i pesci – alcuni dei quali introdotti dall’uomo – si segnalano: Herichthys bartoni; Herichthys labridens; Herichthys carpintis oltre a killifish, pecilidi e goodeidi. Sono presenti anche tartarughe (tra cui Trachemys scripta subsp. Cataspila, nota con il nome comune di Huasteca(n) slider) e bisce d’acqua.
Effettuammo parecchie “snorkelate” lungo il bordo della Media Luna (e nei canali ad essa collegati, privilegiando sempre quelli meno “incisi” dalla pressione antropica): senza però la gradita ventura di poter osservare Herichthys labridens in acqua e quindi – forse per tale ragione – il mio interesse fu attratto principalmente da alcuni Herichthys carpintis (specie, come detto alloctona) caratterizzati da una colorazione particolare ed in secondo ordine da coloratissimi (livrea bianca e nera) Herichthys bartoni in riproduzione. Fu il classico errore di chi si lascia abbagliare dai colori, lo ammetto! Esemplare di Herichthys carpintis ripreso a Media Luna. Per fortuna alcuni degli amici presenti (dando ascolto alle raccomandazioni Juan Miguel Artigas Azas nostra guida nell’occasione) presero con loro alcuni giovanili, pescati dal bordo del canale stesso. Non li ringrazierò mai abbastanza per averlo fatto … anche se da quel giorno lontano all’avere i loro discendenti (quindi F1) in vasca sono passati molti anni.
Sia come sia un bel giorno (in occasione di un congresso AIC) entrai in possesso di una quindicina di giovanili che, trasportati con la massima cura, vennero a Roma con me. Quindici giovanili di un pesce destinato a diventare grande ed aggressivo sono un numero abbondante, che accettai di prendere solo perché, appunto, in caso di perdite … (ovviamente, di quindici pesci, ne diventarono adulti dodici, con tutte le conseguenze del caso). Allevamento in vasca La crescita dei pesci (e della vasca destinata ad ospitarli) andranno, praticamente, di pari passo dandovi delle sensazioni contrastanti: da una parte vi confronterete con pesci robusti, che accetteranno allegramente ogni tipo di cibo che verrà loro offerto dall’altra (se sceglierete il mio stesso “protocollo di allevamento” che prevede vasche non riscaldate atte a simulare la’lternanza delle stagioni) vi troverete di fronte a pesci caratterizzati da un tasso di accrescimento – a tratti – di imbarazzante lentezza.
All’arrivo nella vasca grande (750 litri scherzosamente ribattezzata, mutuando il nome dal vernacolo romanesco, il “Mammaluccone” ) i pesci avevano un taglia intorno ai 10 cm, nel prosieguo dell’esposizione mi concentrerò, quasi esclusivamente, su quanto accaduto all’interno di tale vasca:
Il “Mammaluccone”: è la mia vasca principe, nata per ospitare i ciclidi del secondo viaggio in Malawi (1999) ha dato, in seguito, asilo alla tribù malgascia (di cui ho parlato alla prima edizione di Acqua Beach) ed attualmente ospita i “messicani”. Prendersi cura dei pesci (una volta cresciuti): non è particolarmente difficile purché ci si ricordi che queste bellezze possono essere (potenzialmente) aggressive, specie nei confronti delle altre specie in vasca. Ho dovuto impararlo, malgrado tutto, a mie spese, per cui … PRUDENZA!!! In dettaglio:
Compagni di vasca: Visto quanto sopra l’unica esperienza positiva (di “tank-sharing”) che posso riportare riguarda la coabitazione con un trio di Ancistrus sp. III ed un singolo, solitario e schivo, Panaque (dubbia identificazione) frutto del viaggio in Amazzonia. Gli Ancistrus hanno anche riprodotto (una volta prima che gli H. labridens divenissero troppo grandi), ma – e non mi è parso strano … – non ci sono state “crescite”.
RiproduzioneCorteggiamento, deposizione e cura degli avannotti: la mia coppia ha visitato molti (sempre in relazione alla vasca) plausibili siti di deposizione prima di deporre. Ero sicuro che avrebbero scelto quel “posticino” difeso, per settimane, con accanimento … invece, all’atto pratico, optarono per una grossa radice che stava esattamente al capo opposto della vasca deponendo in una buca, addossata al lato posteriore del legno. La conseguenza? Non ho visto la coppia deporre ne, tantomeno, le uova (quante erano?). Fase UNO: all’aumentare delle temperature le femmine iniziano ad assumere la colorazione riproduttiva mentre i maschi mantengono l’usuale livrea. E’ interessante notare come più femmine, quasi contemporaneamente, iniziano a cambiare colore. C’è, evidentemente, un elemento scatenate (che viene recepito anche in vasca) ma non sono stato capace di riconoscerlo. Questa fase termina quando, finalmente, i due componenti della coppia si scelgono reciprocamente. La livrea non è ancora, completamente, quella riproduttiva che però si paleserà a breve.
Fase DUE: finalmente il maschio “veste” i colori della riproduzione e viene seguito, nel comportamento e nel movimento in vasca, dalla femmina prescelta. Le altre femmine, a loro volta, mantengono la, sopra menzionata, livrea “intermedia” mentre i maschi sub-dominanti mantengono la livrea usuale.
È solo una questione di pazienza! Ammetto non sia il mio forte ma visto che non ci sono altre possibilità e bene mettersi calmi e rilassarsi!!! Fase QUATTRO: dopo una lunga attesa (in realtà alcuni giorni) … CI SIAMO!!!
Ho evitato di scattare immagini subito dopo la schiusa, e fino a che le larve /avannotti sono stati celati alla vista (e gagliardamente difesi dalla coppia), per evitare di infastidire i riproduttori ed evitare che gli stessi (purtroppo è successo, in altre circostanze) “facessero danni”. Ho, insomma, deciso che eventuale perdita di buone immagini valesse molto meno della crescita dei nuovi nati. Non me ne pento e non posso, a posteriori, non ricordare la foga del maschio che arrivava (nelle sue veementi cariche intimidatorie) a sbattere contro violentemente contro il vetro, nel tentativo di farmi recedere, col passare dei giorni si è abituato alla mia presenza vicino alla vasca ma mai del tutto, una certa diffidenza si percepiva – anche se aveva imparato a celarla – in ogni caso.
Considerazioni finali: mi concentrerò su due punti che ritengo meritino essere approfonditi brevemente:
Due settimane abbondanti dopo l’inizio del nuoto autonomo (attraverso uno scambio di e-mail con Juan Miguel Artigas Azas, sempre cortese e prodigo di consigli!) mi sono convinto che il livello di imprinting dei nuovi nati fosse tale da aver consentito loro di apprendere – e ricordare al momento opportuno – “cosa fare” in fase di svezzamento della prole. Quindi ho allontanato dai genitori un piccolo numero di avannotti da crescere separatamente, per meglio osservare gli eventi e come misura di sicurezza nel caso qualcosa, nella vasca principale, fosse andata male. Non ho avuto problemi particolari con nessuno dei due gruppi tranne il dover riscontrare un tasso di crescita molto minore dei primi, rispetto ai piccoli guardati dalla coppia. Probabilmente il già descritto stirring dei genitori è, ai fini della crescita, più efficace (e più costante come apporto di nutrienti nell’arco della giornata) dei vari mangimi “iper” che somministravo ai piccoli allevati “artificialmente”. Un altro punto su cui riflettere, e bene … Ripeto: NON ho avuto perdite significative/anomale/in eccesso semplicemente … “crescevano meno”!!! Il “gruppo sperimentale” (15 in tutto) appena dopo essere stato separato dai genitori. Conclusioni (situazione C.A.R.E.S. ed altro) La splendida sorgente di Media Luna, uno dei principali bacini idrici della Valle del Rio Verde, presenta problemi non indifferenti in relazione ai pesci che la popolano. Il prelievo di acqua a scopi irrigui (che risale al 17° secolo) continua ad aumentare ed un largo canale di cemento che rifornisce una rete di canali minori è stato costruito (1977) per agevolare le attività, ciò ha comportato – oltre gli indubbi benefici per l’agricoltura locale – la commistione delle specie ittiche della sorgente con quelle fluviali circostanti (che hanno sconfinato dai rispettivi areali di pertinenza): è il caso di Herichthys carpintis (installatosi a Media Luna dove era assente). Il suo acquartieramento nella sorgente è da considerasi sub-ottimale ma sono stati registrati casi di ibridazione naturale con Herichthys labridens. Inoltre, in assenza di altre fonti di alimentazione, H. carpintis tende a predare avannotti e giovanili di Herichthys labridens e di H. bartoni. Esemplari di Tilapia del genere Sarotherodon sono anche stati introdotti come fonte di cibo per le popolazioni locali e si ritiene possano costituire una minaccia per i ciclidi endemici sebbene differenti osservazioni in situ sembrino, a posteriori, dimostrare la difficoltà (delle stesse Tilapia) ad adattarsi agli ambienti. Anche Ictalurus furcatus (Fam. Ictaludidae, un grosso “catfish” nordamericano) è stato avvistato a Media Luna, il suo impatto effettivo sull’ambiente deve essere ancora valutato appieno. Dettaglio, con ciclidi in riproduzione, del citato Canale della Media Luna. Il livello di inquinamento (principalmente generato dai residui di lavorazione della canna da zucchero) degli specchi d’acqua della zona sembra essere, fortunatamente, in regressione rispetto al passato in ragione dei provvedimenti presi per contenerlo.
E veniamo, da ultimo e brevemente, allo stato della “mojarra caracolera” ovvero quell’Herichthys labridens (appunto originario di Media Luna) che nuota nella mia vasca principale: secondo C.A.R.E.S. il suo status attuale è “At Risk” (a rischio) ovvero il primo passo di una brutta strada che può terminare, in assenza di interventi correttivi, con l’estinzione. Sembrerà strano (ma la fonte è assolutamente affidabile) che una specie che ,meno di dieci anni fa, veniva considerato come uno dei tanti “pesci dei fossi” (ovvero comunissimo) abbia fatto un simile tracollo ma questa è l’amara realtà. RiferimentiArtigas Azas, Juan Miguel; 1992; “The ‘Cichlasoma’ labridens complex’“; The Cichlids Yearbooks; volume 2; pag. 65-70. |