Ecco la mia personale e (molto) fortuita esperienza di riproduzione/ibridazione fra un black moor con occhi telescopici maschio ed un orifiamma rosso femmina all’interno di un mini-stagno “casalingo”. Purtroppo non ho una documentazione fotografica della riproduzione che mi colse del tutto impreparato (avevo appena 18 anni ed ero acquariofilo da poche settimane), ma creai un piccolo eco-sistema palustre davvero molto interessante. Dispongo di sole due foto che ritraggono le piante che utilizzati. Novembre 2005I due esemplari mi sono stati regalati in un freddo giorno di novembre 2005. I due esemplari crescono (molto) senza problemi, ma nel frattempo mi attrezzo per poterli tenere meglio: recupero una grossa cassa di plastica dalla cantina e provo a riempirla: contiene senza problemi 75/80 litri d’acqua. Ecco allora cosa ho fatto: ho inserito un po’di ghiaia (non molta, circa 1-2 millimetri) sul fondo ed ho immerso nell’acqua 3 rami di papiro (della specie Cyperus pennatiformis) fermandoli con un paio di sassi. Ho piazzato una semplicissima lampada ikea da 60 watt col timer per 8 ore di luce al giorno (per salire poi gradualmente a 9 man mano che si avvicina l’estate), ho inserito una decina di lumache (di quelle piccole le cui uova si trovano spesso sulle piantine acquistate) dopodiché lascio la cassa praticamente a se stessa, senza nessun filtro. Inserisco ogni settimana una fettina di mela (sottile) che le lumache divorano in poche ore. Marzo 2006All’inizio della primavera misuro i nitriti e li trovo a 0, il pH è a 7. Il papiro ha creato una rete di radici e radichette che ricoprono tutto il fondo della cassa per uno spessore variabile dai 4 ai 7 cm, il resto dello spazio in altezza resta libero perché le radici creano una rete compatta che non risale. Sposto allora la cassa sul balcone, in posizione piuttosto soleggiata (sole diretto dalle 14.00 al tramonto), ed inserisco nella vasca Egeria densa. Raccolgo da uno stagno Ceratophyllum demersum e Lemna minor, tirando su volutamente diversi animaletti: da lumache a larve di insetto a vermicelli (il Ceratophyllum in particolare ne è pieno) ed inserisco il tutto nella cassa, dopodiché sospendo l’alimentazione con le mele. Il papiro rinvigorisce ulteriormente, le nuove piante attecchiscono e la lemna ricopre tutta la superficie in breve tempo, tant’è che mi trovo costretto a toglierne ogni giorno per non oscurare le piante sott’acqua, che comunque crescono senza problemi (siamo in condizioni di sole diretto per cui la luce abbonda). Insieme alla flora cresce anche la fauna: la cassa si trova presto popolata di insetti acquatici e moltissime lumache, insomma brulicante di vita. Inizialmente ci sono 3 specie diverse di lumache: oltre alle classiche lumachine dal guscio scuro che “nascono dalle piante”, se ne diffonde un’altra con un guscio a spirale appuntita e antenne appiattite (quasi sicuramente Lymnaea stagnalis) e fa anche la sua compara (ma in maniera molto ridotta rispetto alle prime due, non ne compaiono infatti più di 10-15 esemplari) un’altra piccolissima lumaca dal giuscio appiattito e semitrasparente. Diverse piccole larve popolano poi il fondo e le pareti si riempiono di alghe filamentose che ospitano altri piccoli organismi. Le alghe rendono anche molto più gradevole, esteticamente, le pareti della cassa (che altrimenti sarebbero color vinaccia), confedendo un aspetto molto naturale. Essendo la cassa senza copertura e all’aperto, molta acqua evapora: rabbocco allora con acqua biocondizionata, circa 15 litri ogni 10 giorni, lasciando di volta in volta scendere di qualche centimetro il livello dell’acqua (simulando quindi poi le piogge con i rabbocchi). Questo è l’unico tipo di cambio dell’acqua che faccio. Giugno-Settembre 2006La cassa è in posizione soleggiata sul terrazzo, prende sole dalle 14.00 al tramonto ma il papiro ha ormai raggiunto i due metri d’altezza per cui ombreggia costantemente l’acqua, che rimane comunque sui 30 gradi circa. I nitriti si confermano a 0 e il pH a 6,9-7: inserisco allora i due carassi. Nei primi giorni sembrano intimiditi da tutto quello spazio, ma poi prendono il dominio: iniziano a mangiare un po’di lumache (le più piccole e solo quando salgono in superficie), tenendone sotto controllo il numero e soprattutto gli insetti e le larve acquatiche, che in parte riescono a salvarsi nella fitta rete di radici del papiro. I pesci si muovono tranquillamente fra il canneto creato dal papiro, e all’occorrenza ci si nascondono: insomma, sono perfettamente a loro agio. Il sole e l’abbondanza di nutrienti “spingono” il papiro, ma essendo una pianta che conosco molto bene riesco a potarlo prima che invada tutto: lo tengo costantemente confinato in un quarto del volume della cassa, così che ai pesci rimanga lo spazio per nuotare. Tuttavia gli stessi apprezzano molto il nascondiglio fornito dal canneto, soprattutto durante i temporali (la cassa si trova metà esposta e metà al riparo dalla pioggia). Continuo ad alimentare con granulato per tutta la stagione, diminuendo comunque del 50-75% la razione perché più che dai pesci (che ormai avevano ogni ben di Dio da mangiare) viene mangiato dalle lumache. Tutto procede liscio e a settembre ritiro la cassa, potando drasticamente il papiro e cambiando il 35% dell’acqua. Inverno 2006Durante l’inverno riprendo con più intensità l’alimentazione con granulato, larve liofilizzate e talvolta un po’di mela per le lumache (ogni 10-12 giorni). A fine inverno si verificano le prime fioriture: Maggio 2007Finalmente torna la bella stagione e i pesci, ormai di 10-12 cm, sono decisamente contenti di tornare all’aperto. Riprende la proliferazione di alghe, larve, lumache, egeria, papiro e ceratophyllum. Giugno 2007Una bella mattina noto che i due pesci sono nervosi e molto agitati. Il black moor (maschio) si accanisce, mordicchia e mangia “qualcosa” in mezzo alle fronde sommerse del papiro (i rami più alti tendono a piegarsi/spezzarsi, ricadendo in acqua dove radicano dando vita a nuovi rami): noto delle strane “bolle” che al tatto si rivelano dure: sono dunque uova! Un primo esame rivela che sono centinaia e centinaia: attaccate ai sassi, alle radici, alle pareti ed alle piante. Nel frattempo i due ingaggiano una dura lotta sfilacciandosi le code e le pinne. Colto alla sprovvista (e ancora in pigiama!), decido di prelevare quante più piante con le uova possibile e metterle in salvo in un’altra vasca (quella da 20 litri di plastica che aveva accolto i genitori nei primi tempi), lasciando le altre attaccate ai sassi e alle pareti sperando (aimè inutilmente) che i genitori si placassero. Dò subito da mangiare ai riproduttori sperando di calmari ma tornano ostinatamente a divorare tutte le uova rimaste (eccetto alcune che erano difficilmente raggiungibili). Nella neo-vasca nursery con le piante piene di uova inserisco un piccolo filtro per movimentare l’acqua. La vaschetta la colloco in casa, in posizione illuminata ma per quanto possibile (siamo ormai in estate) fresca. Passano 24-48 ore ed alcune uova ammuffiscono, cerco di prelevarle con le pinzette per evitare che intacchino quelle sane, e poi finalmente iniziano a vedersi le larve. Regolo al minimo il filtro per non creare troppa corrente e rischiare di aspirarle, e pian piano queste iniziano a “balzellare” in giro per la vaschetta. Decido di contarle finché sono ancora poco mobili: sono circa 110-120. Quante bocche da sfamare! Inizio subito a produrre artemia in quantità, ed appena le larve hanno consumato il sacco vitellino ne somministro in abbondanza. In pochi giorni gli avannotti nella nursery iniziano a nuotare tranquillamente e gli esemplari più grandi iniziano a mangiare il mangime in polvere, che comunque evito il più possibile perché altamente inquinante (sono lenti a mangiare e molto cibo cade sul fondo rimanendo lì, mentre le artemie vive nuotano rendendosi costantemente disponibili). Sorprendentemente quasi nessun avannotto muore (solo 4 o 5): sono soddisfatto per questa cosa ma ovviamente tutti quei pesci non possono restare in 20 litri. Decido allora (con la morte nel cuore) di togliere i due genitori dalla cassa ed inserirli nella vaschetta da 20 litri, e spostare gli avannotti nella cassa-stagno. I due genitori mi guardano giustamente in cagnesco per diversi giorni, ma in compenso la prole inizia a crescere a dei ritmi davvero poderosi, trovandosi a loro agio nella cassa-stagno, dove li alimento tranquillamente con mangime in polvere e talvolta ancora artemia. Nel frattempo iniziano a cibarsi delle larve disponibili nello “stagno” e, credo, anche di plancton, perché quel vago colore verde dell’acqua sparisce e il liquido diventa addirittura cristallino. Il loro numero sembra calare leggermente, a fine estate ne conto circa 90, pensando che sia normale lascio il tutto invariato, ma il calo è in realtà il frutto di un errore che capisco di lì a poco. Settembre 2007Ecco arrivare un errore splendidamente ingenuo e grave (ma naturalisticamente parlando molto interessante) da parte mia: già l’estate prima avevo notato che le libellule avevano deposto le uova nella cassa-stagno, e mi aveva fatto piacere perché sono insetti molto belli ed interessanti. Purtroppo non avevo preso in considerazione che le larve di libellula predano piccoli organismi acquatici come gli avannotti. Me ne accorgo una sera di settembre, proprio subito dopo aver ritirato la cassa-stagno in casa: osservando la fauna, fra lumache larve pesciolini eccetera, noto per caso un grosso e mimetico insetto acquatico che se ne sta immobile fra le radici. Gli avannotti gli nuotano accanto ignari della sua presenza, e quando uno si avvicina troppo l’insetto scatta fulmineo in avanti: il povero avannotto non ha neanche il tempo di capire cosa succede. Si trova trafitto ed intrappolato nella morsa di quell’insetto che lo divora: documentandomi, scopro che quella è una larva di libellula, che in quello stadio è estremamente vorace. Per fortuna gli avannotti sono ormai grandi e nel giro di una settimana non sono più a portata dell’insetto, che comunque diventa il principale imputato del calo del numero di avannotti verificatosi nelle settimane prima. Passano le settimane e gli avannotti crescono e diventano grandi 2-3 cm: parecchi (10-12) muoiono per complicazioni alla vescica natatoria (che era visibilmente troppo grossa fin da subito), ma alla fine arrivano allo stadio adulto 72 esemplari (quindi circa il 65% di quelli iniziali), che per una riproduzione avvenuta per caso e senza vasche adatte è decisamente un buon (e miracoloso) risultato. La colorazione argentea, man mano che sono cresciuti, è diventata mista nero-rossa/argentata. Anni successiviNegli anni successivi ho continuato a tenere la cassa-stagno, inserendoci però i guppy (che nell’acquario erano in sovrannumero), che si sono riprodotti senza però saturare l’ambiente che si è sempre autoregolato: durante l’estate si sono nutriti esclusivamente con le larve di zanzara e in inverno li ho alimentati normalmente col granulato: la popolazione si è stabilizzata ed è sempre oscillata fra i 120 esemplari estivi e i 70-80 invernali, il tutto per 5 anni, al termine dei quali ho tolto tutti i pesci per lasciare il totale dominio al trionfale papiro, che vedete qui in foto. |