Spesso nei cataloghi e nei foglietti informativi delle lampade sono riportate numerose informazioni tecniche, che potrebbero essere di grande aiuto nella scelta del sistema illuminante, ma il cui significato è talvolta abbastanza oscuro oppure addirittura fuorviante. Una delle ragioni di ciò è che la maggior parte delle informazioni disponibili riguarda indici e parametri riconducibili alle qualità “visive” della luce emessa da una lampada, che però sono di minore importanza in un sistema in cui la funzione della luce non è solo quella di “illuminare”, ma soprattutto quella di fornire l’energia raggiante necessaria a molte funzioni biologiche o fotochimiche. Diviene pertanto interessante sapere come “convertire” queste informazioni in altre direttamente collegate alle funzioni di interesse. Il punto di partenza è capire il significato di alcuni termini e di alcune proprietà utilizzati in illuminotecnica che non sono poi di così immediata comprensione. Occorre a questo punto fare presente che esistono due sistemi ben distinti per misurare le proprietà della luce emessa dalle lampade. Si hanno infatti misure fotometriche, in cui vengono valutate le proprietà visive della luce, e misure radiometriche per le quali la valutazione è delle proprietà fisiche della luce. Si può osservare che, anche se le proprietà fisiche determinano le proprietà visive, i due sistemi differiscono in quanto la vista è uno “strumento” di misura della luce troppo limitato ed anche soggettivo per fornire corrette valutazioni delle precise caratteristiche fisiche delle radiazioni luminose. Inoltre non esiste ancora un sistema affermato di misure “fotobiologiche” a cui affidarsi (alcuni tentativi sono tuttavia stati fatti in questa direzione, ad esempio con l’introduzione del PAR, Photosythetically Available Radiation, che verrà descritto più avanti, o di altri indici), anche se gli studi sugli effetti della luce sui sistemi biologici sono numerosi, purtroppo con risultati talvolta contrastanti, a causa principalmente dell’elevato numero di parametri in gioco in biologia. Alcuni argomenti sono qui trattati con una certa superficialità ed anche con poco rigore e sicuramente i più esperti di radiometria potrebbero trovare alcuni concetti esposti in maniera non del tutto precisa, ciononostante la discussione dovrebbe contribuire alla comprensione del significato di alcune comuni specifiche tecniche delle lampade. Come tutti sanno, la luce fornita dalle lampade non è una radiazione monocromatica, cioè non è costituita da un’unica lunghezza d’onda, bensì è l’insieme di radiazioni a diversa lunghezza d’onda ciascuna emessa con una certa intensità per formare nel complesso quello che è lo “spettro di emissione” della lampada. Il campo di radiazioni luminose che interessa maggiormente in acquariofilia è quello che va circa da 360 nm a 800 nm, in quanto sono queste le radiazioni che coinvolgono, in diversa misura, i sistemi biologici di cui fan parte anche i vari organismi animali ed i vegetali ospitati nelle vasche. È già fin da ora evidente che la vista umana non copre completamente questa gamma di lunghezze d’onda, in quanto normalmente lo spettro “visibile” è meno ampio e spazia approssimativamente da 400 a 780 nm, mostrando tra l’altro una sensibilità alle radiazioni molto variabile anche all’interno di questo pur limitato campo. D’altra parte anche lo spettro solare, cioè la distribuzione delle intensità della radiazione in funzione della lunghezza d’onda che dal sole arrivano sulla superficie terrestre, non è costante ed è in certe condizioni più ampio ed in altre più ristretto con una distribuzione spettrale piuttosto variabile. In effetti la radiazione solare che arriva sulla superficie terrestre dipende da molti fattori, quali il momento della giornata, le condizioni meteorologiche, la latitudine, l’altitudine, la riflessione dall’ambiente circostante ecc. Anche se si volesse imitare lo spettro solare, ammesso che tecnicamente ciò sia possibile, non è detto poi che questa sia la soluzione migliore, perché in fondo non esiste una luce che vada bene per tutti gli organismi. Ci sono organismi bisognosi di livelli di luminosità più o meno elevati, ed anche nella “qualità” della luce le esigenze possono essere diverse. Ciò è particolarmente vero per gli organismi acquatici ed ad esempio organismi abituati a vivere in acque basse e pulite saranno adattati a ricevere una luce diversa da quella di altri che vivono in acque profonde o torbide magari rese colorate dalla presenza in acqua di diversi composti o particelle ed ai quali la luce arriva “filtrata” da un certo spessore di acqua con un assorbimento che tra l’altro dipende dalla lunghezza d’onda. È vero che molti organismi sono in grado di adattarsi, ma tale capacità non è illimitata e quindi, come punto di partenza, sarebbe bene conoscere (talvolta questo è il passo più difficile) quali sono le esigenze specifiche degli organismi allevati. In fondo le soluzioni universali non esistono e spesso è dunque necessario sperimentare di persona. Tuttavia perché questi tentativi non siano alla cieca è indispensabile avere un minimo di conoscenza delle prestazioni che le lampade sono in grado di offrire. È questo in fondo l’obiettivo della presente discussione. Specifiche delle lampade: Le specifiche che vengono fornite più frequentemente riguardano:
Temperatura di coloreL’informazione che una lampada emette una luce con una certa temperatura di colore significa semplicemente che questa luce, alla vista umana, appare di un certo ben determinato “colore”. E questo colore dovrebbe essere all’occhio umano lo stesso della luce emessa da un “corpo nero” (cioè da un corpo ideale capace di assorbire completamente le radiazioni di ogni lunghezza d’onda) portato a quella temperatura (vi è da notare che un corpo nero emette una radiazione con uno spettro che segue ben precise leggi fisiche e che perciò è anche facilmente calcolabile). Ma un’altra lampada che appare ai nostri occhi emettere luce sempre dello stesso colore (e che pertanto ha la stessa temperatura di colore) può possedere una distribuzione spettrale completamente diversa. E, poiché è quest’ultima la proprietà della luce più importante in biologia, ottica, fotografia, acquariologia ecc., allora il valore della temperatura di colore rappresenta un’informazione che da sola è di ben poca utilità. Per i tubi fluorescenti, che vengono prodotti in una gamma molto vasta in cui tra l’altro è possibile scegliere tra tubi a diverso spettro, ma con medesima temperatura di colore, questo fenomeno è evidente. Con le fotografie che seguiranno, scattate con pellicola diapositiva per luce diurna, si cercherà di illustrare meglio questo fenomeno, anche se la riproduzione sullo schermo di un computer soffre di limiti nella fedeltà di riproduzione dei colori. Nella seguente immagine sono state fotografate le luci emesse da tre lampade a diversa temperatura di colore. Le lampade sono Philips della serie TLD 9xx ed in particolare la 930 (temperatura di colore=3000 K), la 940 (temperatura di colore=4000 K), la 965 (temperatura di colore=6500 K). Immagini del tutto analoghe si otterrebbero con altre lampade fluorescenti (ad esempio Osram) presenti sul mercato e di simili caratteristiche. Si può notare che la tonalità del colore della luce emessa diventa via via più “fredda” all’aumentare della temperatura di colore. È bene fare presente già fin da ora, come si vedrà meglio più avanti, che tutte queste tre lampade sono a spettro cosiddetto “completo”, per cui l’emissione non è limitata a bande di emissione (cioè a ristretti campi di lunghezza d’onda), come avviene in altre lampade fluorescenti, ma distribuita con una certa uniformità in tutto il campo del visibile. La diversa temperatura di colore e quindi la diversa tonalità sono dovute alle maggiori intensità delle emissioni a lunghezza d’onda lunga (verso il rosso) nel caso delle lampade a minore temperatura di colore, mentre le lampade a valori più alti della temperatura di colore mostrano intensità di emissione più elevate nelle lunghezze d’onda corta (verso il blu). Nelle due immagini precedenti vengono confrontate tra di loro lampade con la medesima temperatura di colore. Infatti la 940 e la 840 hanno entrambe una temperatura di colore di 4000 K, mentre la temperatura di colore è di 6500 K sia per la 965 che per la 865. Le lampade della serie 8xx mostrano una netta dominante verdastra, anche se alla vista umana la tonalità della luce sembra la medesima delle lampade della serie 9xx!! (Vi è da notare che la diversa esposizione in queste due ultime foto rispetto alla foto precedente tende a fare apparire meno saturi i colori delle stesse lampade a causa della diversa luminosità, ma il confronto all’interno di una stessa foto rimane significativo). La pellicola fotografica (con sensibilità alle differenze “cromatiche” diversa da quella dell’occhio umano) è invece in grado di rilevare la differenza che appare, d’altra parte, evidente negli spettri di emissione. Un confronto in termine di spettri di emissione è perciò riportato nel grafico seguente dove compare anche lo spettro di emissione del corpo nero a 4000 K. Come è apparente nella figura la lampada della serie 8xx presenta una maggiore discontinuità nello spettro che infatti risulta meno uniforme di quello della 940 con la presenza di picchi di emissione più accentuati e basse o bassissime emissioni a diverse lunghezze d’onda. Inoltre appare notevolmente accentuato il picco di emissione attorno ai 550 nm (a cui corrisponde una radiazione giallo-verde). Infatti questo tipo di lampade privilegia in modo particolare l’emissione a queste lunghezze d’onda essendo questo il campo di radiazioni a cui l’occhio umano è più sensibile, cosicché possono apparire più luminose (ma soltanto alla vista umana) di altre lampade con spettro più uniforme. Per chiarire ulteriormente questo punto, nel grafico seguente gli stessi spettri vengono confrontati con la curva di sensibilità dell’occhio umano (sensibilità fotopica, cioè a livelli medio-alti di illuminazione). Nessuna meraviglia dunque che le lampade della serie 8xx sembrino (ma, come detto, solo in apparenza, vale a dire solo alla vista e quindi anche per le misure fotometriche) emettere più luce. Alcune lampade molto utilizzate in acquariofilia come le Interpet Triton, le Sylvania Aquastar e le Philips Aquarelle (tutte lampade trifosforo) sembrano possedere caratteristiche molto simili (ad esempio temperatura di colore dichiarata dal fabbricante di 10000 K per le Aquastar e le Aquarelle, o dichiarata “non misurabile” per le Triton) e gli spettri appaiono essere quantomeno simili. Pure la luce emessa sembra essere per la vista della medesima tonalità ed anche sulla pellicola fotografica a luce diurna, come appare nella seguente fotografia, le differenze nella luce emessa da queste tre lampade sono minime. La conclusione è che queste tre lampade sono, per quanto riguarda la radiazione emessa, praticamente equivalenti, anche se la Triton vanta, a detta dei produttori, particolari qualità in termini di durata. Si può anche osservare che, in accordo con l’elevata temperatura di colore (10000 K), la pellicola ha registrato una luce che sostanzialmente è bluastra, mentre all’occhio umano la luce di queste lampade appare rosata ad ulteriore conferma che la vista può essere molto ingannevole nel giudicare le proprietà radiometriche di una luce. Nella foto seguente si può osservare invece il confronto tra la luce emessa da una Aquarelle (10000 K) e da una TLD 965 (6500 K). Infine è interessante notare come la pellicola fotografica sia in grado di rilevare la differenza notevole che può esservi nella luce emessa da alcune delle diverse lampade disponibili sul mercato. Nella foto seguente il confronto è tra una Aquarelle (trifosforo da 10000 K), una TLD 930 (a spettro completo da 3000 K) ed una TLD 840 (da 4000 K). La differenza registrata dalla pellicola fotografica è maggiore di quella apparente alla vista umana, che pure per queste lampade è anch’essa in grado di rilevare una significativa diversità nella tonalità di luce. |
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23/12/20140
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