Il denitratore è una di quelle attrezzature per acquario di cui si discute, su cui si sentono pareri discordi, delle quali si mette in dubbio il funzionamento, l’efficienza, l’utilità! Certamente una delle meno conosciute.
Con questo articolo vorrei cercare di fugare qualche dubbio sul funzionamento e sui “difetti” di questo oggetto, cercando di essere il più possibile comprensibile senza peraltro addentrarmi nei meandri della chimica (con la quale ho, in verità, poca dimestichezza).
Il mio primo denitratore lo costruii, senza saperlo, nel 1980! Allestii, allora, la mia vasca più grande: una 200x80x60h mediterranea e realizzai, sul fondo della stessa, un sottosabbia di circa 3cm pieno di tubetti di ceramica, con sopra un fondo di gusci d’ostrica triturati; la circolazione d’acqua attraverso il fondo era assicurata da due tubi nei quali erano infilate altrettante pietre porose (allora si usava così). Per anni quella vasca ha funzionato senza problemi ed anche inspiegabilmente per me, all’’epoca- senza traccia di nitrati! Posso dire, alla luce delle conoscenze ed esperienze successive, che quel fondo, con una circolazione dell’acqua costante ma lentissima, fungesse da denitratore. E’ altrettanto evidente che quel fondo, così casualmente dimensionato ed allestito, avesse trovato un equilibrio tale da non creare problemi; ma si trattò solo di un caso….
Torniamo al denitratore: il funzionamento di queste “macchine” è basato sulla capacità di alcuni batteri di utilizzare, in determinate condizioni, gli atomi di ossigeno (O3) presenti nei nitrati (NO3) e di “lasciare libero”, quindi, l’azoto (N) che si libera nell’aria in quanto gas. | I batteri anaerobici in carenza di ossigeno, per ricavare energia, slegano la molecola di NO3 in Azoto ed Ossigeno. |
Ma quali sono le condizioni da ricreare per consentire a questi batteri specializzati di svolgere il loro lavoro?
Sostanzialmente una: la carenza di ossigeno.
I denitratori sono progettati in modo da offrire una vasta superfice disponibile per i batteri (devono essercene tanti), un funzionamento con un minimo e lento passaggio d’acqua (per dare tempo ai batteri di sottrarre tutto l’ossigeno all’’acqua, in modo che poi, siano costretti a “prenderlo” dagli NO3 per continuare a nutrirsi), ed un sistema di “somministrazione” di nutrimento (se gli manca il nutrimento non si nutrono, quindi non hanno bisogno dell’ossigeno, quindi non sottraggono gli atomi di ossigeno dagli NO3, quindi non viene liberato l’azoto).
I nutrimenti sono normalmente a base alcoolica e/o a base di glucosio ed esistono sia in forma liquida che solida.
Un esempio di nutrimento solido è quello della Aqua-medic: delle palline dalla forma di bio-balls, ma di un materiale che pian piano si scioglie all’’interno del reattore liberando nutrimento per i batteri; ha una durata di parecchi mesi, ma la sostituzione è molto macchinosa e soprattutto si forma, all’’interno del denitratore stesso, una “tremenda pappetta” colorata! Alimenti per batteri anaerobici: biosfere nutrienti (Aquamedic), in pastiglie (Aquamedic), liquido (Deltec). Un esempio di nutrimento liquido, invece, è quello della Deltec: decisamente più “comodo” da gestire, viene immesso in un sacchetto costituito da una membrana semipermeabile; più “pulito” del nutrimento solido richiede, però, la sostituzione mediamente ogni 20-30 giorni.
Ho portato ad esempio questi due denitratori in quanto tra i più diffusi e quotati del mercato e certamente tra quelli che funzionano meglio.
Altra differenza di “progetto” è costituita dal ricircolo interno dell’acqua, presente nell’Aqua-medic e nel sistema piuttosto originale usato per il supporto batterico -spugne cilindriche- presente nel Deltec; avendo utilizzato entrambi i denitratori (ed avendo provato anche altri prodotti presenti sul mercato), dalle mie esperienze personali è risultato quanto segue:
1) il supporto batterico ideale è la bio-ball, in quanto si mantiene più pulita rispetto alla spugna e per un periodo decisamente più lungo;
2) il nutrimento più efficace e “pulito” è quello liquido;
3) il denitratore più efficace è quello con il ricircolo interno dell’acqua. | I tre denitratori prodotti dell’Aquamedic. |
Denitratori della Sera e della Deltec. | Denitratori Schuran e Aquacare. |
Da queste esperienze è nato il mio progetto di denitratore che utilizza bio-balls come supporto, nutrimento liquido ed il ricircolo interno.
Questo progetto, che costituisce oggi il denitratore più efficace che io conosca, è pubblicato in fondo all’’articolo con tutte le indicazioni, disegni e foto necessarie all’’autocostruzione.
Ma torniamo al funzionamento del denitratore: per creare le condizioni di carenza di ossigeno, l’apparecchio viene “alimentato” goccia a goccia, ma con un gocciolamento abbastanza veloce per evitare la stagnazione dell’acqua, per dar modo ai batteri di “consumare” l’ossigeno presente e trasformare i nitrati, come si è detto, in azoto gassoso.
Questo processo avviene prevalentemente in prossimità ed all’’interno del supporto batterico, per cui è intuitivo il fatto che il passaggio dell’acqua debba essere molto lento, anche se la migliore riduzione (così viene definito il processo) avverrebbe ad acqua “ferma”.
Le mie prime esperienze di costruzione di denitratori commerciali erano basate su un supporto batterico molto particolare (batteri biofissati della francese TBA), inseriti in un “contenitore” (un filtro Atlas opportunamente modificato). | Due denitratori artigianali.
Il primo simile al denitratore Deltec il secondo ad Aquamedic.
La costruzione di un denitratore non è difficile. In fondo alla pagina è disponibile il link per la realizzazione artigianale del denitratore raffigurato nella prima foto. |
Il nutrimento veniva inserito direttamente in acquario (era a base di amminoacidi e proteine oltre a macro e micro-elementi, e si trattava di un prodotto specificamente studiato dalla TBA). Purtroppo, una volta messo a punto il sistema, la TBA (azienda leader nel campo delle bio-tecnologie) decretò l’obsolescenza, quindi la fine, dei biofissati rendendo vano il mio lavoro. Però mi fu molto utile come esperienza, in quanto la sperimentazione mi portò alla conclusione che il miglior sistema di gestione di quel tipo di denitratore era “ad acqua ferma”; in pratica la pompa che alimentava il denitratore veniva collegata ad un timer che teneva in funzione la pompa (la cui portata era regolata in modo da sostituire lentamente l’acqua all’’interno del contenitore) per 15 minuti e poi la fermava per un’ora. In questo modo si otteneva un valore di nitrati, in uscita dal denitratore, pari a zero. | Le parti principali di un denitratore |
Un pericolo sempre presente nell’uso di qualunque tipo di denitratore è la comparsa di un forte odore di uovo marcio che stà ad indicare un ristagno d’acqua (o un passaggio troppo lento della stessa) con conseguente produzione di anidride solforosa e/o acido solfidrico, estremamente pericolosi (il secondo anche in tracce) se dovessero arrivare alla vasca.
Un altro pericolo è la formazione di nitriti o addirittura ammoniaca; in determinate condizioni è possibile che venga sottratto un solo atomo di ossigeno, con “ritorno” agli NO2 (nitriti), mentre in condizioni limite (ben più rare) si può assistere ad una riduzione “doppia”, con sottrazione di due atomi di ossigeno e l’aggiunta di tre atomi di idrogeno, con conseguente “ritorno” all’’ammoniaca iniziale.
Ecco perché ritengo che la autocostruzione di un denitratore debba essere realizzata su un progetto sperimentato ed è altrettanto opportuno che questo strumento sia ben tarato e frequentemente controllato. | Denitratore privo di misuratore redox:
1) Denitratore
2) Pompa di movimento interna
3) Pompa dell’acquario (ad esempio del filtro).
4) Deviazione a T
5) Ingresso nel denitratore
6) Ritorno in acquario |
Un accorgimento per evitare questi pericoli è l’uso di un redox-controller; questo strumento ci consentirà una automatizzazione del funzionamento del denitratore rendendolo molto più efficiente ma evitando, al contempo, che il potenziale redox scenda troppo (o troppo poco), innescando i pericolosi fenomeni precedentemente illustrati. | Un misuratore di Redox con sonda e liquido di calibrazione. |
I migliori risultati si ottengono con lo strumento tarato tra -150 e -180 mV.
In parole povere lo strumento deve funzionare in modo da dare corrente alla pompa di alimentazione quando il potenziale redox scende al valore preimpostato, effettuando un ricambio d’acqua all’’interno del denitratore. Durante questa fase (di ricambio dell’acqua) è normale che lo strumento indichi valori anche più bassi di quello impostato; poi questo valore, man mano che entrerà acqua “nuova” a sostituire la vecchia, tenderà a salire verso valori positivi e lo strumento “fermerà” la pompa. Da questo momento sarà visibilissimo il calo continuo del valore di redox. | |
Denitratore con misuratore redox: 1) Denitratore – 2) Pompa di movimento interna – 3) Pompa nell’acquario (in questo caso deve essere utilizzata una pompa dedicata, può essere utile un rubinetto nella parte terminale per favorire la deviazione dell’acqua al denitratore. – 4) Deviazione – 5) Ingresso nel denitratore – 6) Ritorno in acquario – 7) Misuratore redox – 8) Sonda.
Quando la sonda (8) rileva un aumento del redox impostato blocca la pompa e l’immissione dell’acqua(3) causando un riabbassamento del redox sul valore desiderato.
Arrivati a questo punto, però, vuol dire che avremo superato con successo la delicata e lunga fase di “maturazione” del nostro filtro denitratore; questa dovrà essere effettuata come per un filtro biologico tradizionale, impostando una circolazione continua ma molto lenta dell’acqua all’’interno del filtro stesso, cominciando ad aggiungere nutrimento dopo una quindicina di giorni di funzionamento.
L’uso del redox-controller è maggiormente efficace con l’uso di denitratori a ricircolo interno; questo perché la misurazione avviene in modo più preciso (l’acqua intorno alla sonda viene rinnovata in continuazione e, non ristagnando, consentirà allo strumento una lettura più precisa).
Il ricircolo interno, inoltre, terrà molto più pulito il denitratore allungando gli intervalli tra gli interventi di manutenzione e riducendo la formazione di quella famosa “gelatina” (agglomerati di batteri) che lamentano i possessori di denitratori senza ricircolo.
Una raccomandazione a chi già possiede un denitratore o dovesse avere intenzione di munirsene: questo strumento, quando efficace, ci terrà sempre i nitrati a livelli molto bassi, quando non misurabili; questo porta istintivamente ad allungare gli intervalli tra i cambi d’acqua, sottovalutando l’accumulo di altre sostanze dannose come i fosfati ed altri elementi non misurabili. Non incorriamo in questo errore! |