Spessissimo si sente affermare, sui tanti articoli pubblicati, l’importanza degli elementi primari e secondari in un Reef, dell’uso della kalkwasser e di tutte quelle strategie volte al miglioramento dell’equilibrio omeostatico di un ecosistema così complesso come quello marino. Quasi mai, comunque, si parla dell’importanza della flora batterica acquatica, se non attraverso articoli generici sull’avvio di un acquario o sui processi di denitrificazione.
Questo nuovo articolo della compagnia di Atlantide ha lo scopo di approfondire questi ultimi aspetti, cercando in particolar modo di dare attenzione e rilevanza alla popolazione batterica presente in un reef e alla sua fondamentale importanza nella salute di un acquario e non soltanto ai primi battiti del suo avvio.
Identikit biologico
I batteri sono degli organismi unicellulari (composti da una singola cellula) piuttosto semplici e molto antichi, ma non per questo meno importanti. Sono stati fra i primissimi organismi a fare la loro comparsa nel brodo primordiale oceanico, quando la terra era ancora un pianeta che assomigliava più ad una cava di zolfo piuttosto che al bellissimo pianeta azzurro che conosciamo. Sono cellule procariote ( forme cellulari con nucleo non separato dal citoplasma e organizzato come accade invece negli organismi superiori eucarioti) dotate di una parete cellulare spessa simile a quelle delle cellule vegetali per resistere allo stress osmotico, che formano colonie massive di individui che si riproducono soprattutto per scissione, anche se si conoscono altri meccanismi di riproduzione sempre asessuata, quali la gemmazione e la formazione di spore ( gli eucarioti non posseggono una parete cellulare, ma una membrana cellulare ). La straordinaria capacità adattativa e le complesse trasformazioni delle popolazioni cellulari di questi organismi li hanno sempre resi un importante oggetto di studio. La velocità attraverso la riproduzione (da pochi minuti a qualche ora) ha posto e sempre più pone dei problemi per seguire le generazioni future di queste cellule, poiché qualsiasi mutazione genica, con conseguente adattamento ambientale, viene inglobata in una popolazione cellulare in brevissimo tempo e l’impatto benefico o malefico (basti pensare al gravosissimo problema della resistenza agli antibiotici) che ne deriva ha effetti profondi e veloci sul comportamento delle future popolazioni cellulari.
I batteri possono essere divisi sommariamente in due generi distinti: saprofiti e parassiti. Quelli parassiti hanno purtroppo la deleteria abitudine di riprodursi a danno delle cellule ospiti, le quali forniscono il substrato (cibo) necessario per il loro sostentamento e vengono distrutte dall’azione tossica delle sostanze prodotte dal batterio. A differenza dei virus (i quali non contengono nucleo, organelli, citoplasma, ma solo DNA o RNA e un involucro proteico) i batteri posseggono la capacità di produrre i propri enzimi e le proprie proteine senza rubare il ‘laboratorio’ delle cellule che infettano. E’ ovvio che il danno che comportano alle cellule infettate sono da lievi ( mal di gola ) a invasive e anche mortali ( polmonite, sifilide, setticemia ecc.), considerando gli esseri umani.
I batteri saprofiti, invece, non hanno la ‘cattiva’ abitudine di uccidere o danneggiare la popolazione cellulare con cui vengono in contatto, ma sfruttano delle sostanze prodotte dall’organismo ospite come fonte di cibo senza danneggiarlo, offrendo i vantaggi di un miglior funzionamento dell’ambiente in cui le cellule ospiti vivono. Basti pensare a Escherichia Coli un batterio saprofita importante per la flora dell’intestino umano, il quale con la sua proliferazione non solo funge da spazzino per le sostanze che possono essere tossiche, ma in più le sue dense popolazioni cellulari tengono sotto controllo il proliferarne di altre meno benigne ( competizione cellulare). Vedremo come questo ultimo aspetto sia molto importante nei batteri nitrificanti del nostro acquario.
I batteri poi si dividono in gram positivi e in gram negativi a seconda della colorazione che subiscono secondo un test colorimetrico di identificazione e che dipende dalla struttura della parete cellulare.
Oltre a ciò esistono batteri aerobi obbligati ( è indispensabile la presenza di ossigeno) e anaerobi obbligati ( assenza di ossigeno ) e tutte le forme intermedie, cioè anaerobi facoltativi ecc., che evidenziano come in alcune situazioni ambientali l’adattabilità di tali cellule sia piuttosto estesa.
Batteri gram positivi
Autotrofi o Eterotrofi
Oltre alla classificazione precedente i batteri vengono suddivisi anche per una altro aspetto: la capacità di costruire da sé le molecole complesse ( come zuccheri, amidi) partendo da fonti di Carbonio inorganico o di sfruttare la presenza di Carbonio organico già presente. Gli organismi autotrofi, come pure le piante fotosintetiche, posseggono la capacità di sfruttare il Carbonio inorganico contenuto nella CO2, mentre gli eterotrofi hanno bisogno di materiale organico per l’assimilazione del Carbonio necessario alla loro vita. Alcuni di voi si staranno chiedendo perché è così importante questa differenziazione e che significato ha l’elemento Carbonio.
Il Carbonio è l’elemento fondamentale di tutti gli organismi e delle sostanze fondamentali per il loro sostentamento. Chi di voi non ha mai sentito nei film di fantascienza il termine unità Carbonio riferendosi agli esseri umani?!!
E chi non sa quanto sia importante per la salute cellulare e il suo metabolismo lo zucchero semplice chiamato glucosio e la cui formula contiene ben 6 atomi di Carbonio?!!
Ciclo dell’Azoto
Assieme al Carbonio ci sono altri 5 elementi che sono i costituenti principali dei tessuti viventi: Azoto (N), Idrogeno (H), Ossigeno (O), Fosforo (P) e Zolfo (S). Fra questi l’azoto è l’elemento più abbondante ( circa l’80% ) dell’atmosfera terrestre, ma nella sua forma gassosa è quasi del tutto non assimilabile per gli organismi viventi. Di conseguenza la disponibilità dell’azoto in tutti gli ecosistemi del nostro pianeta è in gran misura dipendente dalla presenza di Azoto ‘biologicamente’ disponibile. La sua quantità a disposizione deve avere la giusta concentrazione, poiché sia una sua deplezione o una sua saturazione possono avere un impatto nocivo sulla salute biologica dell’ecosistema. In ambiente acquatico un eccesso di Azoto può causare un fenomeno noto come eutrofizzazione o livelli di ammoniaca (NH3, ione ammonio NH4+), nitriti (NO2°) e nitrati (NO3°) tossici per la stragrande maggioranza degli esseri viventi.
La disponibilità biologica dell’Azoto per la vita negli oceani e su tutto il nostro pianeta è regolata da un importantissimo ciclo chiamato Ciclo dell’Azoto.
Tale ciclo è piuttosto complesso e vede la trasformazione di composti chimici come l’ammoniaca e lo ione ammonio in nitriti e poi infine in nitrati. I nitrati poi possono esseri ritrasformati in azoto gassoso cosicché il ciclo si chiude.
La quasi totalità di tali trasformazioni sono biotiche ( con intervento di forme di vita: i batteri), anche se si conoscono in natura dei processi abiotici ( assorbimento dello ione ammonio da parte dell’argilla e l’ossidazione dell’azoto gassoso a nitrati attraverso fenomeni elettrici atmosferici ). Il ciclo dell’azoto è perlopiù del tutto simile in tutti gli ecosistemi della terra anche se in alcuni di essi cambiano gli organismi coinvolti nei processi di trasformazione. Ai fini di questa discussione ci occuperemo di quello che ha sede nelle acque marine oceaniche.
Nitrificazione
Il processo di nitrificazione è la conversione di NH3 in NO2° attraverso un processo aerobico (ossigeno) che è operato da batteri. La prima tappa di questa reazione prevede l’ossidazione dell’ammoniaca o dello ione ammonio ( tale ione è la forma più comune a Ph più bassi di quello marino ed è meno tossico ) in NH2OH (idrossilamina) con l’aiuto di un enzima chiamato ammonio mono-ossigenasi:
2H + + NH3 + 2e – + O2 >>> NH2OH + H2O
La seconda tappa è la trasformazione del NH2OH in NO2° ad opera dell’enzima idrossilamina ossidoreduttasi:
NH2OH + H2O >>> NO2° + 5H + + 4e –
Questo processo di trasformazione è condotto ad opera di alcuni batteri appartenenti alla famiglia Nitrobacteriaceae come Nitrosomonas, Nitrosococcus, Nitrospira e Nitrosovibrio che posseggono un tempo di riproduzione piuttosto lento fino a 24 h ( Bock et al.). Ma il fattore importante da tener presente per la salute del nostro acquario e degli ecosistemi marini è che questi non sono gli unici batteri che operano una tale trasformazione. Ma faremo ritorno su questo aspetto dopo.
Il secondo e ultimo passo nella nitrificazione vede i nitriti trasformati in nitrati, reazione catalizzata dall’enzima nitrito ossidoreduttasi:
NO2° + H2O >>> NO3 – + 2H + + 2e –
Non fatevi fuorviare dai simboli 2e – poiché essi sono solo il simbolo del numero di elettroni che viene ceduto durante il processo di ossido-riduzione che avviene continuamente in natura e per cui in acquariologia si usa a volte il tanto chiacchierato strumento per la misurazione del potere redox. In questo caso specifico la NH2OH e i NO2° servono come donatori di elettroni (sorgenti di energia chimica) per la trasformazione in nitrati che altrimenti non potrebbe aver luogo (le piante e le alghe, come le zooxantellae, autotrofe fotosintetiche utilizzano per questo scopo degli organelli citoplasmatici ,chiamati citocromi, che contengono un pigmento in grado di immagazzinare energia solare e trasformarla in energia chimica affinché il processo di fissazione del Carbonio possa accadere).
I batteri che trasformano i nitriti in nitrati sono ancora più lenti nella proliferazione rispetto a quelli precedenti (fino a 140h). Questi batteri appartengono ai famosi Nitrobacter e Nitrococcus anche se le ultime evidenze scientifiche hanno messo in luce soprattutto i Nitrospira.
Entrambi i gruppi dei batteri nitrificanti sono autotrofi, ricordandoci che ciò significa che generano da soli il loro carbonio organico. Per questi batteri la fonte primaria di carbonio inorganico (da qualche parte devono comunque prendere l’elemento carbonio) è la CO2. Alcuni studi, comunque, sembrano aver evidenziato anche una certa capacità di utilizzare anche carbonio organico oltre che alla fissazione della CO2 e l’ossidazione dell’ammoniaca e dei nitriti che qui abbiamo descritto, anche se questa inversione verso un atteggiamento eterotrofico sembri piuttosto saltuaria.
Ricapitolando: il processo di nitrificazione prevede, ad opera di batteri autotrofi, la costruzione di molecole di carbonio organico partendo da un substrato inorganico (CO2 ) e tale fissazione abbisogna di energia che viene fornita dal substrato di ammoniaca, ammonio e nitriti che forniscono elettroni durante tale processo come forma di energia chimica per rendere ciò attuabile. Il tutto è controllato da un’intensa attività enzimatica. Il prodotto finale è la formazione di nitrati che ad opera di un processo che vedremo in seguito, chiamato denitrificazione, rende di nuovo disponibile l’azoto gassoso affinché il ciclo possa ricominciare.
Fattori estrinseci di regolazione della nitrificazione
Ora entreremo nel vivo della saluta acquatica della vita marina (e soprattutto del nostro acquario) dopo aver a fondo compreso la chimica della nitrificazione.
Come abbiamo esposto in precedenza la capacità della popolazione cellulare dei batteri appartenenti alla famiglia Nitrobacteriaceae di riprodursi generazione dopo generazione sembra piuttosto lenta se paragonata ad altri batteri. Questo fattore assieme a quelli che andremo ad esaminare può essere limitante per una nuova installazione di una vasca o per il mantenimento di vasche di quarantena e anche per la salute di un acquario già avviato.
I due fattori essenziali perché il processo di nitrificazione abbia luogo sono, come abbiamo visto, l’ammoniaca o lo ione ammonio e l’ossigeno. Esistono comunque altri cofattori che sono in grado di regolarla verso la sua ottimizzazione o verso il suo decremento fino alla scomparsa di ogni attività nitrificante: temperatura, pH, competizione per il substrato NH4 + e ultimo, ma non meno importante la disponibilità di Carbonio organico ( Butturini et al. 2000). Per quanto concerne la struttura fisica dei substrati, dove i batteri possono insediarsi, gli studi effettuati negli stessi siti, ma in posizioni differenti all’interno del medesimo sito, hanno messo in evidenza che le differenti tipologie di substrati sono rilevanti in misura trascurabile. Ciò vuol dire che, al di là di quale filtro biologico utilizzeremo, la nitrificazione procede perlopiù per altri fattori che sono avulsi dal media utilizzato. E’ vero che certi materiali sono leggermente più efficienti di altri, ma la loro peculiarità è soprattutto importante per la pubblicità delle case produttrici che si arricchiscono dietro la nostra innocente ignoranza. Pensateci quando dovrete effettuare una spesa piuttosto costosa solo perché si pubblicizza un tipo di filtro biologico all’avanguardia.
La temperatura ha un’influenza sul meccanismo di nitrificazione, decrementando via via per temperature al di sotto dei 20°C e al di sopra dei 30°C. Il range ottimale sembra essere fra 24°C e 29°C. Indovinate un po’, questi sono i picchi di temperatura possibili in inverno e estate nelle condizioni migliori per un Reef .
Anche il pH ha una profonda relazione e impatto nei confronti della nitrificazione. Dagli esperimenti condotti i valori di pH che sono ottimali per questa famiglia di batteri sono leggermente più bassi rispetto a quelli dei Reef e il range ottimale si attesta intorno ai 7,5 e 7,8.
Ma il fattore che è stato più rilevante durante gli esperimenti scientifici condotti per la prima volta in un ambito così tanto chiacchierato, ma poco studiato, sembra essere la presenza di Carbonio organico e la susseguente competizione per il substrato da parte di altri ceppi batterici eterotrofi.
Nella maggior parte di questi esperimenti a doppio cieco (Strauss e Dodds et al.) è stata messa in luce che la somministrazione di Carbonio organico portava al rallentamento fino alla scomparsa di ogni forma di nitrificazione. Questo effetto non è solo dipendente dalla presenza di Carbonio organico, ma anche dalla forza e purezza del composto usato. Cosicché anche con piccole concentrazioni di glucosio (zucchero semplice puro) la nitrificazione veniva del tutto arrestata, mentre con altre fonti come l’acetato ( composto contenuto nell’aceto ) il processo veniva rallentato significativamente, ma non interrotto.
Carbonio organico
Impatto, motivazioni e ripercussioni sull’equilibrio di un Reef
La presenza di una modulazione chimica negativa del carbonio organico sulla nitrificazione sembra essere correlata a due fattori:
• Anche se per interazioni non ancora ben conosciute, la presenza di Carbonio organico influirebbe sull’azione catalitica della ammonio mono-ossigenasi e probabilmente anche degli altri enzimi coinvolti. Ma questa azione sembrerebbe meno rilevante rispetto alla prossima.
• La presenza di Carbonio organico ( non dimentichiamo che anche il cibo che viene somministrato giornalmente contiene composti organici) metterebbe in atto una proliferazione veloce di batteri eterotrofi che hanno un tempo di riproduzione generazionale velocissimo ( da pochi minuti a 1 ora ) che competerebbero per il substrato chimico necessario al processo di nitrificazione da parte dei Nitro batteri, aumentando da una parte in tempi brevissimi la loro proliferazione e a causa di ciò sottraendo il ‘pane quotidiano’ ai ‘veri’ nitrificanti.
Ma se i batteri eterotrofi possono prendere il posto dei nostri amici Nitro e si sviluppano più rapidamente perché mi devo preoccupare?? Le cose non sono mai così semplici purtroppo.
Molti ceppi batterici eterotrofi come Pseudomonas sp. sebbene abbiano capacità riproduttive ineguagliabili e posseggano la capacità di trasformare l’ammoniaca in nitriti, hanno lo spiacevole effetto ‘collaterale’ di non essere in grado di convertire i nitriti in nitrati, trovandoci così con picchi di nitriti che si alzano sempre più a causa della mancata possibilità da parte dei Nitro di proliferare per competizione biologica e chimica. Allo stesso tempo la capacità di convertire l’ammoniaca da parte di questi ‘impostori’ è di gran lunga inferiore rispetto ai ‘veri’ batteri nitrificanti, quindi la conversione dell’ammoniaca sarà più lenta esponendo le forme di vita a livelli tossici per un periodo più prolungato.
Un altro aspetto a dir poco spiacevole è che tali batteri eterotrofi sono in grado anche, attraverso un processo chiamato dissimilazione, di invertire la conversione dei nitrati e nitriti ad ammoniaca. Ma perché dovremmo preoccuparci di tutto questo?
Durante la fase di allestimento di un nuovo acquario o di un acquario di quarantena ancora ‘pulito’ spesso l’errore più grande ( soprattutto per il vostro conto in banca, visto il loro costo ) è di imbrigliare la natura in canali non consoni alle sue leggi, cercando di affrettare i tempi. Oppure solo perché si è preoccupati di un aumento improvviso dei valori in una vasca di quarantena non nutrita precedentemente o con popolazione batterica abbattuta per uso di medicinali. Quindi ci armiamo di pazienza e soprattutto di denaro e andiamo a comprare una, due e chissà quante confezioni di questi batteri miracolosi venduti nei negozi. La natura non sporigena dei batteri Nitro e la loro delicata e lenta vita rende quasi impossibile che le formulazioni vendute su scaffali e presenti da anni a prendere polvere contengano dei veri batteri nitrificanti, bensì conterranno un insieme di batteri eterotrofi che per la loro capacità di adattamento e la peculiare forma di riproduzione, che non avviene per scissione ma per formazione di spore ( per alcuni ceppi almeno ), fanno sì che siano dei candidati ideali per l’immagazzinamento e la vendita, con le conseguenze prima descritte e il ritardo dell’insediamento di una vera popolazione batterica nitrificante.
Per ciò che concerne una vasca avviata da tempo e che non presenta problemi di urgenze come quelle appena descritte il discorso diventa più sottile e complesso. Spesso sentiamo e ci imbattiamo in acquari da tempo avviati e che soffrono a cicli di molti disturbi a noi noti come la proliferazione algale, cianobatteri, proliferazione di diatomee improvvise, morti inspiegabili e via discorrendo. Sebbene tutte queste problematiche siano imputabili a cattivi funzionamenti della gestione della vasca ( schiumatoi sottodimensionati, disturbo degli organismi bentonici e dell’equilibrio dei letti di sabbia, sovraffollamento, iperdosaggio di elementi e cibo, ecc. ) troppo spesso e con poco successo si tralascia l’argomento batteriologico.
I nostri migliori amici
Troppo spesso abbiamo visto vasche essere curate nei minimi particolari e continuare a dare problemi. Troppo spesso si sente parlare di batteriosi che decimano popolazioni di coralli in vasca tenute bene come bambini. Anche se non tutte queste esperienze possono essere ricondotte al discorso di nostra competenza, tuttavia rimane che spesso alcuni ?disturbi? sono stati visti sparire come per incanto dopo attenta inoculazione di batteri scelti (non solo nitrificanti) in acquari non giovanissimi.
Migliore limpidezza dell’acqua ( da far impallidire anche il più efficiente carbone attivo), minore proliferazione di alghe, scomparsa di diatomee, letto sabbioso pulito e soprattutto minore incidenza di batteriosi ( per competizione ) e salute di coralli e pesci. Tutto questo è stato ottenuto anche dall’ausilio di Zeoliti particolari e selezionati come nel metodo Zeovit nato in Germania e che si sta diffondendo in tutta Europa e che ha dato risultati eccellenti e di cui parleremo in un prossimo articolo.
Ultimo passo: Denitrificazione
E’ ormai assodato che i processi di denitrificazione ( cioè l’ultimo stadio del ciclo dell’azoto con trasformazione dei nitrati e loro abbattimento in azoto gassoso ) sembrano essere pilotati in maniera ‘predominante’ da batteri eterotrofi tipo Pseudomonas. Altri ceppi batterici sono sicuramente coinvolti anche se non si hanno rilevanti testimonianze scientifiche di questo, ma spesso si è trovato che questi altri ceppi coinvolti nel processo di denitrificazione operano una denitrificazione parziale, trasformando i nitrati in nitriti senza ulteriori trasformazioni. Questi altri batteri appartengono a specie come Chromobacterium, Flavobacterium, Hyphomicrobium, Vibrio, Agrobacterium e altri. L’aspetto importante della questione è che la maggior parte dei batteri in ambiente acquatico sono perlopiù denitrificanti incompleti. E questo spiegherebbe la difficile opera di denitrificazione in Acquari e soprattutto l’altalena di presenze, massiccie una volta e meno un’altra, di nitrati in vasche, poiché la ‘partita di tennis’ chimica che si svolge tra questi batteri che denitrificano fino a nitriti ( con abbassamento momentaneo dei nitrati) e la successiva riconversione dei nitriti in nitrati ad opera dei batteri nitrificanti è un fatto più comune di quanto si pensi.
Agrobacterium e Pseudomonas
I veri denitrificatori appartengono sicuramente alla specie Pseudomonas, responsabile della trasformazione dei nitrati in nitriti e poi ossido di azoto (NO, N2O) ed infine Azoto gassoso (N2).
P. fluorescens, P. mallei, P. testosteroni come pure Pasteurella e altri sono denitrificatori completi in condizioni anossiche ( assenza di ossigeno ). Alcuni tra questi batteri hanno una maggiore e spiccata abilità a trasformare i nitrati in nitriti, ma non altrettanta nella trasformazione finale in Azoto gassoso. Viceversa per altre popolazioni batteriche studiate tutte sempre appartenenti soprattutto a Pseudomonas.
La distinzione è quindi di veri denitrificatori eterotrofi con debole trasformazione di nitrati e nitriti; veri denitrificatori eterotrofi con bassissima riduzione di nitriti; denitrificatori eterotrofi incompleti. Inoltre molti denitrificatori incompleti sono capaci di utilizzare oltre che l’azoto anche l’ossigeno apportando un processo di denitrificazione in zone anche non anossiche.
Appare quindi chiaro con queste sperimentazioni che la tanto agognata denitrificazione completa in acquari allestiti sia oggetto di difficile attuazione, a causa di una completa e variegata popolazione batterica che come un orchestra deve lavorare alacremente insieme per poter attuare un fenomeno che singoli ceppi batterici non possono compiere ‘completamente’ con efficacia. A tal fine torniamo sul discorso prima intrapreso per un corretto sviluppo ed equilibrio batterico nella vasca.
Inoltre le spinte che vengono date per rendere possibile una denitrificazione, come l’aggiunta di zuccheri, alcool, aceto e quant’altro ci è capitato di incontrare, sono spinte che se da un lato aumentano la popolazione denitrificante eterotrofa, dall’altro non assicurano un’orchestrazione completa di cui parlavamo prima e soprattutto per il discorso della competizione batterica possono provocare momentanee o prolungate interruzioni della nitrificazione vera. Ciò potrebbe spiegare in parte la diminuzione di nitrati che vengono trasformati in nitriti dagli eterotrofi con conseguente abbassamento. Contemporaneamente, essendo bloccata la vera nitrificazione per competizione batterica e chimica, la trasformazione dei nitriti in nitrati viene in parte bloccata e non può avvenire in modo efficiente, dando una falsa lettura del successo nella denitrificazione ed esponendo le forme di vita ad intossicazioni più o meno lievi che possono avere ripercussioni a lungo termine. Comunque l’uso di queste sostanze ( come l’aceto per esempio ) è aperto ad una attenta speculazione più o meno scientifica.
Conclusioni
Pare evidente oramai che l’avvio di un acquario non deve essere improvvisato con mezzi di secondo ordine e scorciatoie controproducenti e che nessun negozio o ditta al mondo è riuscita ad eguagliare la testardaggine di milioni di anni di evoluzione. Le correzioni per avvii sbagliati possono e debbono essere effettuate.
Un ultimo consiglio per un bel salto nei confronti dei tempi di installazione di una popolazione batterica efficiente in acquari appena avviati o vasche di utilizzo ospedaliero e di quarantena:
1) Non inserite assolutamente batteri comprati, a meno che non provengano da case che ne attestino con certificati depositati le loro formulazioni, o da reparti di microbiologia universitari;
2) Inserire ( ovviamente senza alcuna presenza di pesci ) un quantitativo di ammoniaca che dato il litraggio della vasca e della diluizione ( di solito 5% ) deve essere calcolato per raggiungere un quantitativo di NH3/NH4+ intorno al 3 mg/l (ppm);
3) Aggiungere assieme all’ammoniaca anche una piccola dose di nitriti e anche nitrati in forme di solfato o potassio reperibili in farmacie;
4) Attendere e attendere.
Vedrete che i tempi di 4 settimane ( fino a 12 settimane in alcuni casi ) possono essere notevolmente abbattuti.
Ma ricordate soprattutto che lo scopo non è quello di far presto, bensì di creare un ambiente batterico ottimale per uno sviluppo sano e armonioso. Testate con test attendibili e testate ancora e anche se tutto dopo il tempo necessario tocca il fatidico zero, attendete ancora qualche giorno per far assestare il tutto.
Lasceremo al lettore, comunque per motivi di spazio, di effettuare con tutti questi assaggi le possibili riflessioni e dedurre le considerazioni e gli impatti di una tale prospettiva, anche per esercitare le nostre menti alla logica a volte nascosta e forse complessa, ma mai complicata, di madre natura, affinché essa ci guidi sempre nella direzione giusta nel rispetto delle sue leggi e delle sue creature.
Altrimenti per informazioni e chiarimenti sentitevi liberi di scriverci: carcla2003@libero.it