Il mantenimento e la riproduzione in acquario di un numero di specie sempre più elevato di pesci e invertebrati provenienti dalla barriera corallina è oggi possibile, grazie agli enormi progressi compiuti dalla scienza e dalla tecnica negli ultimi decenni, ma soprattutto grazie alla progressiva affermazione, iniziata da circa un ventennio di una nuova “filosofìa dell’acquario marino”. Fino alla fine degli anni ’70, infatti, gli acquari marini tropicali venivano arredati con scheletri sbiancati e puliti di coralli e madrepore ed erano mantenuti privi di qualsiasi forma di vita che non fossero i pesci corallini e gli invertebrati più robusti (oltre che, naturalmente, le onnipresenti alghe filamentose e le colonie batteriche che colonizzavano il filtro biologico esterno o il filtro sottosabbia). In tale ambiente asettico e spettrale, così lontano da quello naturale, la sopravvivenza di molti degli organismi marini era difficile, per non dire impossibile. Negli anni ’80 si comprese finalmente la necessità, per il benessere degli organismi ospitati, di ricostruire il più fedelmente possibile l’ambiente naturale da cui essi provengono. Questo tipo di acquario oggi viene arredato principalmente con rocce vive, e in tal modo perde il suo aspetto freddo e lunare assumendo le sembianze di una giungla sottomarina, ricchissima di flora e fauna, e spesso dall’aspetto apparentemente un po’ selvaggio e disordinato. In tale sistema i pesci si trovano a loro agio e molti tra gli invertebrati ritenuti difficili possono prosperare. Il successo di tale moderna concezione dell’acquario marino è stato principalmente determinato dalla comprensione dell’importanza delle rocce vive nella biochimica del sistema. Oggi le rocce vive costituiscono uno degli elementi pressoché indispensabili per la corretta realizzazione di un acquario marino. Che cosa sono e come funzionano Sostanzialmente le rocce vive sono quindi rocce calcaree prodotte per organogenesi o vecchi scheletri di coralli e madrepore. Tali frammenti vengono accumulati dalle correnti in particolari zone, prossime alle barriere coralline, dove, con il tempo, la loro superficie frastagliata e la loro struttura interna porosa sono colonizzate da moltissimi organismi vegetali e animali, oltre che da batteri. Il termine improprio di “rocce vive” sta quindi a indicare la ricchezza di vita che esse portano con sé, sia sulla loro superficie che al loro interno. La caratteristica fondamentale delle rocce vive è di possedere una struttura ricca di cavità, sia interne che superficiali, delle più svariate dimensioni (da frazioni di millimetro fino a qualche centimetro). A seconda della loro età (cioè del tempo trascorso nelle zone dove le correnti le trasportano), della loro origine (cioè della natura della roccia corallina e degli scheletri calcarei di cui sono formate) e della loro provenienza geografica, le rocce vive si differenzieranno sia a livello di densità (definita come il rapporto tra peso e volume della roccia, determinato dalla sua struttura interna più o meno porosa e dalla sua superficie più o meno compatta), sia riguardo la quantità e qualità degli organismi ospitati. In commercio quindi si potranno trovare rocce vive di origine, forma e qualità differenti: non sempre è facile per l’acquariofilo, soprattutto per il novizio, distinguere tra i vari tipi e scegliere quelle che più si adattano alle esigenze dell’acquario marino (se di soli pesci, di invertebrati “facili” o di barriera) che si vuole allestire. Tra le migliori rocce vive disponibili in commercio vi sono quelle provenienti dalle isole Fiji. Tali rocce, particolarmente leggere, presentano una struttura estremamente porosa e una forma irregolare, complessivamente piuttosto arrotondata; la superficie, frastagliata e ricca di fori e cavità profonde, spesso appare costituita da piccole protuberanze a forma emisferica e prive di asperità. Di solito le rocce vive provenienti dalle isole Fiji sono ricoperte di alghe calcaree incrostanti (soprattutto di colore rosso-viola scuro), di foraminiferi e altri organismi unicellulari, di macroalghe, principalmente brune.
Non frequentemente importate in Italia e molto simili alle rocce vive delle Fiji (per cui spesso vengono commercializzate sotto lo stesso nome) sono quelle che provengono dalle altre isole del Pacifico meridionale, principalmente dalle Tonga, Samoa e Marshall. Degne di nota sono in particolare le rocce vive delle Tonga, che in genere appaiono molto ramificate, conservando la forma dei rami di corallo che ne costituiscono la matrice inorganica. In queste tre foto possiamo notare delle rocce particolarmente belle e ricche di organismi.
Abbastanza diffuse sono anche le rocce vive indonesiane, di struttura un po’ più densa e compatta, spesso meno ricche di alghe calcaree incrostanti, ma eccessivamente “cariche” di fauna bentonica, buona parte della quale giunge già morta o in pessime condizioni, per cui queste rocce richiedono più delle altre una buona “spurgatura” prima dell’utilizzo in acquario. Vi sono infine le rocce vive dell’Atlantico, provenienti dai Caraibi e dalla Florida, oggi molto rare in commercio. Tali rocce si presentano piuttosto compatte e poco porose e quindi il loro peso, a parità di volume, è in media il doppio di quello delle rocce vive provenienti dall’area indo-pacifica. Esse inoltre appaiono in genere ricoperte di spugne e altri organismi che ben difficilmente sopravvivono in acquario, per cui il loro utilizzo è nel complesso sconsigliabile. Anche se non propriamente tropicali, largamente commercializzate in Italia sono poi le rocce vive mediterranee, formate da coralligeno (ma spesso anche da rocce non calcaree): in genere si presentano fittamente coperte di macroalghe, soprattutto del genere Halimeda. Paragone tra rocce vive e filtro biologico L’importanza delle rocce vive nell’acquario marino è legata essenzialmente alla natura della roccia e agli organismi che essa ospita. La prima e basilare funzione svolta dalle rocce vive è quella di filtro biologico. La struttura estremamente porosa di tali rocce, infatti, mette a disposizione dei batteri un’enorme area superficiale da colonizzare: le rocce vive giungono in acquario già con il loro corredo di colonie batteriche ben diversificate, che potranno svilupparsi ampiamente e provvedere alla purificazione biologica dell’acqua. Ma qual è la differenza tra un filtro biologico e le rocce vive? In un filtro biologico si tende a favorire la colonizzazione e lo sviluppo di determinate colonie batteriche che svolgeranno una ben precisa funzione. Ad esempio, nel caso del filtro a percolazione si crea un ambiente fortemente aerobio che permette l’insediamento di colonie dei batteri che provvedono all’ossidazione dell’ammoniaca a ioni nitrito e degli ioni nitrito a ioni nitrato; al contrario, in un filtro denitratore l’ambiente anaerobio permette agli opportuni batteri di svilupparsi e utilizzare i nitrati per il loro metabolismo, trasformandoli in azoto gassoso. Nel caso delle rocce vive, invece, la situazione è molto più complessa e naturale: esse possono essere schematizzate come un filtro biologico che possieda un gradiente di ossigenazione decrescente dall’esterno all’interno, in modo tale da assicurare condizioni aerobie in superficie e condizioni anaerobie in profondità. Sulla superficie verranno quindi ad insediarsi colonie di batteri aerobi che svolgeranno la loro funzione nitrificante, trasformando l’ammoniaca in nitriti e i nitriti in nitrati e consumando ossigeno. Tali batteri contribuiscono così all’impoverimento di ossigeno all’interno della struttura dei pori, dove si creano le condizioni anaerobie necessario per lo sviluppo dei batteri che metabolizzano il materiale organico utilizzando i nitrati come fonte di ossigeno e trasformandoli così in azoto gassoso. La stretta prossimità tra la zona aerobia, dove i nitrati vengono pro- dotti, e la zona anaerobia, dove essi vengono eliminati, favorisce il buon andamento del processo globale che va sotto il nome di ciclo dell’azoto. Esistono inoltre ceppi di batteri chiamati “anaerobi facoltativi” che possono provvedere ai processi di denitrificazione (esattamente come i batteri anaerobi) in presenza di concentrazioni di ossigeno relativamente basse. Essi occupano quindi quelle ampie zone di passaggio dalle condizioni decisamente aerobie a quelle anaerobie e la loro attività denitrificante è di fondamentale importanza nell’equilibrio del sistema. La ricchezza di flora batterica differenziata e le condizioni di concentrazione di ossigeno estremamente differenti sulla superficie e all’interno dei pori delle rocce vive permettono quindi, almeno in linea di principio, lo sviluppo di un completo sistema di trasformazione dei composti azotati organici in azoto gassoso: il sogno di ogni acquariofilo, di chiudere il ciclo dell’azoto, è così realizzato. Questo ovviamente è possibile a patto che l’acquario sia popolato in maniera adeguata, sia come quantità che come qualità di organismi ospitati, in modo da assicurare un carico relativamente scarso di rifiuti organici e il massimo equilibrio del sistema. L’equilibrio dipende dalla catena alimentare Ciò riguarda soprattutto la catena alimentare, che dovrà essere riprodotta in acquario in tutti i suoi livelli: più ricco e differenziato sarà ciascun livello di consumatori e più il sistema sarà, nel suo complesso, stabile. Se, al contrario, si trascura un determinato livello della catena alimentare (ad esempio gli organismi detritivori) il sistema non potrà raggiungere mai uno stato suo proprio di equilibrio e si sarà costretti a dispendiosi e continui interventi esterni per mantenere i parametri chimici e fisici entro valori accettabili. Non è comunque facile completare la catena alimentare e curare la presenza in acquario di una flora e fauna estremamente diversificati: mentre infatti molti organismi possono essere acquistati, altri, di fondamentale importanza, sono troppo piccoli o privi di qualsiasi attributo estetico che ne giustifichi l’importazione e la vendita. Chi d’altronde acquisterebbe dei minuscoli, insignificanti vermi per il proprio acquario? Fortunatamente, al completamento della catena alimentare, proprio a quei livelli più difficili e meno interessanti per l’acquariofilo, provvedono le rocce vive. La ricchezza di organismi animali e vegetali che vengono introdotti in acquario con le rocce vive è infatti straordinaria. La maggior parte di essa resta invisibile agli occhi dell’acquariofilo ed è costituita da minuscoli organismi detritivori e filtratori: organismi unicellulari, foraminiferi, spugne, vermi, crostacei, ascidie e moltissimi altri. All’atto dell’acquisto le rocce vive potrebbero apparire alquanto spoglie, ma nel giro di qualche tempo, una volta inserite in acquario, sulla loro superficie si svilupperanno nuove alghe coralline, alghe verdi e rosse, briozoi, spugne e un’infinità di altri organismi.
Nei loro interstizi potranno poi essersi nascosti (e sopravvivere), sia allo stato adulto che in forma larvale, Artropodi, Molluschi, Anellidi, Echinodermi, Cnidari e Tunicati. Ecco delle foto di alcuni organismi commensali che si possono trovare sulle rocce vive (foto archivio AP): Non è raro per l’acquariofilo continuare a scoprire, anche molti mesi dopo l’installazione delle rocce vive, nuove e diverse forme di vita vegetale e animale che continuano ad apparire (ma anche a scomparire) nel corso del tempo. La biodiversità che si raggiunge in acquario con l’introduzione delle rocce vive è unica e insostituibile: il sistema nel suo complesso appare più stabile, avvicinandosi alle condizioni di equilibrio dinamico che caratterizzano ogni ecosistema. Acquistando una roccia viva, insomma, si acquista un intero microcosmo, che si svilupperà in acquario nel corso degli anni. Scelta, introduzione e mantenimento Le aiptasie hanno infatti una straordinaria capacità di riprodursi per via asessuata e in breve tempo possono ricoprire intere zone dell’acquario. Inoltre la loro rimozione appare particolarmente difficile, infatti tali anemoni possono rigenerarsi velocemente da qualsiasi frammento di tessuto che resti attaccato alla roccia. Anche i granchi sono tra gli indesiderati che possono giungere in acquario con le rocce vive: la loro presenza deve essere accuratamente controllata, se non evitata, in quanto molte specie si nutrono di coralli e di altri organismi che si desidera mantenere. Quelli più frequentemente importati con le rocce vive sono i granchi corallini pelosi, appartenenti alla famiglia Xanthiidae. Tra gli altri crostacei sicuramente non graditi ci sono i cosiddetti “gamberi mantide”, dei generi Odontodactylus, Gonodactylus, Hemiscjuilla e Lysiosquilla: predatori estremamente voraci, che in acquario attaccano piccoli pesci, altri crostacei e molluschi. Di solito con le rocce vive vengono introdotti esemplari di piccola taglia, che, se non eliminati, possono crescere in acquario, seppur lentamente, e provocare seri danni alla sua popolazione. Deve infine essere controllata la presenza di grossi vermi anellidi, soprattutto quelli provvisti di setole e peli, che possono raggiungere dimensioni notevoli in acquario e, in alcuni casi, nutrirsi di coralli e molluschi. Tra le alghe, le Valonia sp., dall’aspetto di piccole vescicole rotondeggianti verdi e lucide, possono svilupparsi in modo rapido per riproduzione vegetativa. Per tale motivo la loro apparizione in acquario deve essere accuratamente sorvegliata in modo da controllarne lo sviluppo. Ecco delle foto di alcuni organismi indesiderati che si possono trovare sulle rocce vive (foto archivio AP): La terza funzione delle rocce vive, la più ovvia, ma non per questo meno importante, è quella decorativa. Le forme irregolari che esse presentano e il numero straordinario di organismi che ospitano sulla loro superficie e negli interstizi, le rendono particolarmente interessanti. Esse costituiscono di per sé uno spettacolo sempre vario e in evoluzione nel tempo e molti sono gli acquariofili che passano ore ad osservare le minute creature che le popolano. Nessun materiale è più adatto delle rocce vive per la ricostruzione in acquario dell’ambiente naturale da cui pesci e invertebrati marini vengono prelevati.
Le rocce vive devono essere introdotte in acquario al momento dell’allestimento: una volta che il sistema sarà pronto e funzionante si potrà procedere all’acquisto e alla loro collocazione nella vasca. La scelta delle rocce vive, la loro qualità, quantità e forma, dipendono dal tipo di acquario marino che si vuole allestire. In genere in un acquario di soli pesci o di invertebrati facili è sufficiente introdurre soltanto alcune rocce vive, a completamento di una struttura realizzata con rocce calcaree: con il passare del tempo anche le rocce calcaree saranno progressivamente colonizzate, assumendo lo stesso aspetto di quelle vive. Se, al contrario, si vuole realizzare un acquario di barriera, allora andranno utilizzate soltanto rocce vive, in modo da assicurare fin da principio la massima biodiversità e stabilità per il sistema che si allestisce. In ogni caso la quantità di rocce vive necessarie dipenderà dalla loro densità, cioè da quanto esse sono porose e frastagliate e quindi da quanto spazio occupano, a parità di peso. Per un acquario di barriera si considera corretto inserire circa 1,5 kg di rocce vive ogni 10 litri di volume della vasca. In modo più empirico bisognerà considerare una quantità di rocce vive tale da poter realizzare una struttura digradante che raggiunga circa i 2/3 dell’altezza della vasca e occupi circa i 2/3 della superficie di base. Nella scelta delle rocce vive l’appassionato deve avere ben presente le dimensioni della vasca da arredare ed il tipo di ambiente che si vuole riprodurre: se ad esempio si desidera ricostruire in acquario una scogliera corallina, allora la quantità di rocce vive dovrà essere ingente, mentre se si opta per la ricostruzione di un ambiente di laguna, a fondo sabbioso, saranno necessarie meno rocce vive e sarà importante soprattutto la loro forma ed il loro sviluppo verticale, in modo da lasciare la maggior parte del fondale di sabbia scoperto. Ovviamente tra questi due estremi saranno possibili infinite varianti. Una volta acquistate e portate a casa, le rocce vive, preventivamente “condizionate” (vedi articolo “il processo di condizionamento” presente in questa sezione) andranno collocate in acquario in tempi brevi: le si disporrà su una superficie impermeabile, in modo da poterne valutare la forma e le dimensioni, spruzzandole di tanto in tanto con acqua prelevata dall’acquario, così da mantenerle costantemente umide. Si osserverà attentamente la loro superficie, rimuovendo gli eventuali ospiti indesiderati e qualsiasi organismo che presenti segni di decomposizione. Si procederà quindi alla loro collocazione in acquario. In genere le rocce vive presentano un lato (quello naturalmente esposto alla luce) più scuro e più ricco di organismi, quindi esse dovranno essere poste in acquario rispettando tale orientamento, inoltre non dovrebbero mai essere seppellite nella sabbia, nemmeno parzialmente. A questo punto si provvederà a costruire un primo strato costituito da rocce base (che poggeranno direttamente sul fondo e intorno alle quali verrà posta la sabbia corallina), sulle quali saranno quindi impilate le altre rocce vive, più decorative e ricche di organismi. Nella costruzione di tale struttura rocciosa è importante assicurare, in tutti i suoi meandri, una buona circolazione d’acqua: essa quindi non dovrà poggiare sul lato posteriore della vasca e sarà il più aperta possibile, ricca di grotte e cavità. Molti appassionati usano poggiare le rocce vive di base su pezzi di tubo in PVC di grosso diametro, in modo da evitare la creazione di zone morte, prive di corrente, sotto le rocce. La struttura dovrà essere stabile e robusta, in caso ci si potrà aiutare incollando le rocce vive tra loro con resine epossidiche apposite per uso in acqua marina o utilizzando del filo di nylon per tenerle unite. Costruzione della struttura rocciosa Terminata la costruzione della struttura, si controllerà che vi sia intorno alle rocce e tra di esse una corrente d’acqua sufficiente a impedire il depositarsi di sedimenti sulla loro superficie, eventualmente regolando a tale scopo la direzione dei flussi creati dalle pompe centrifughe appositamente inserite nell’acquario. Inizia così il periodo di maturazione dell’acquario stesso, durante il quale anche le rocce vive matureranno, le colonie batteriche andranno sviluppandosi e gli eventuali organismi fragili o danneggiati ancora presenti sulle rocce avranno il tempo di decomporsi. E buona norma, in questa prima fase, dotare l’acquario di uno schiumatoio, che provveda all’eliminazione dei rifiuti organici derivati dalle rocce vive stesse. Se lasciati infatti a decomporsi in acquario, da essi si produrranno ingenti quantità di nitrati, di cui approfitteranno le alghe filamentose per proliferare. Allo stesso scopo, per impedire l’eccessiva crescita di alghe filamentose e cianobatteri (quella patina rossa o verde che si forma sulle rocce e sulla sabbia quando il sistema è instabile) è necessario limitare il periodo di illuminazione a poche ore giornaliere. Durante l’intero periodo di maturazione si avrà tempo e modo per osservare attentamente le rocce vive, per notare la presenza di ospiti indesiderati da tenere sotto stretta sorveglianza ed eventualmente eliminare, di godere appieno della scoperta delle piccole creature che di volta in volta appariranno, come dal nulla. Il periodo di maturazione può durare da pochi giorni a svariati mesi, a seconda delle condizioni di salute delle rocce vive introdotte. L’andamento della maturazione verrà seguito analizzando il contenuto di ammoniaca, nitriti e nitrati e valutando la quantità di schiuma eliminata dallo schiumatoio. Il sistema dopo qualche tempo raggiungerà una relativa stabilità (la reale stabilità viene raggiunta nel giro di qualche anno),la concentrazione di ioni nitrato tenderà dapprima a restare costante e poi ad abbassarsi progressivamente, in virtù dell’azione congiunta delle rocce vive e dello schiumatoio. Si potrà quindi considerare concluso il periodo di maturazione ed iniziare a popolare l’acquario con cautela, iniziando da organismi vegetariani e detritivori, che provvedano a controllare la crescita delle alghe filamentose e ad eliminare parte dei residui organici presenti. Nel frattempo sulle rocce vive cominceranno a riapparire alghe coralline incrostanti ed ogni sorta di organismi animali e vegetali, a beneficio dell’intero sistema. Danni ambientali e produzione artificiale Alcuni tra i metodi di raccolta delle rocce vive sono infatti altamente distruttivi: intere superfici rocciose vengono spogliate dei coralli, allo scopo di mettere a nudo, ridurre a pezzi e prelevare le rocce sottostanti, coperte di alghe coralline incrostanti.
Molto più diffusi sembrano comunque i metodi meno dannosi, che consistono nella raccolta delle rocce vive accumulatesi naturalmente nel corso degli anni nelle zone di marea e in altre zone della barriera. Con circa 18.000 tonnellate esportate nel 1998, lo stato delle Fiji è il maggiore fornitore mondiale di rocce vive. In tale paese le rocce vive costituiscono la principale fonte di sostentamento per molti villaggi. Di fronte alle pressioni esercitate dagli organismi internazionali, è allo studio una regolamentazione che preveda la concessione di licenze e la creazione di aree dove la raccolta di rocce vive sia proibita. Nel 1989 vi è stata la promulgazione, da parte dello Stato della Florida di una legge che proibisce la loro raccolta nelle acque territoriali, divieto esteso a tutte le acque Federali nel 1996. Nel contempo lo Stato della Florida ha permesso la conversione delle società locali che si occupavano della raccolta delle rocce vive in società produttrici di rocce vive, dando in concessione tratti di fondali su cui produrle artificialmente. Oggi, a distanza di dieci anni, molte sono le società che operano nel settore e che convertono rocce aragonitiche altamente porose in rocce vive. Tali rocce vengono selezionate secondo la pezzatura, poste su bassi fondali ben illuminati e mantenute in loco per un tempo di due-tre anni, finché non assumono l’aspetto e le caratteristiche delle rocce vive. Tali rocce vive prodotte artificialmente sembra abbiano caratteristiche analoghe alle rocce vive provenienti dai Caraibi e cominciano ad essere piuttosto diffuse sul mercato statunitense: la positiva risposta degli acquariofili è certamente determinata anche dal prezzo, decisamente più basso rispetto a quello delle rocce vive naturali. Il processo di condizionamento Una volta prelevate dai luoghi di origine, esse vengono in genere mantenute in vasche di condizionamento per un periodo sufficiente ad assicurare la decomposizione e l’allontanamento di tutti gli organismi refrattari al trasporto e allo shock dovuto al cambiamento di ambiente (come spugne, briozoi, alghe, ecc.). Il processo di condizionamento permette di ottenere rocce vive che, pur mantenendo intatto il loro corredo di organismi e batteri, non provocheranno, con la massiccia decomposizione delle creature più fragili e delicate, un inquinamento eccessivo della vasca dove verranno collocate. Le rocce vive possono essere condizionate sia dagli esportatori sia dagli importatori, ma anche dall’acquarlofilo stesso: il processo di condizionamento deve essere effettuato in modo accurato e le rocce, una volta condizionate, non dovranno presentare alcuna traccia di decomposizione, determinabile, oltre che visivamente, anche mediante l’odorato. L’odore del materiale in decomposizione è infatti inequivocabile e una roccia viva condizionata correttamente deve esserne assolutamente esente. In Italia, in genere, le rocce vive sono disponibili già condizionate. Esse appaiono ricoperte, almeno parzialmente, di alghe incrostanti calcaree e apparentemente prive di una ricca flora e fauna superficiale, eliminata durante il condizionamento. Se comunque esse sono state mantenute e trasportate correttamente, una volta introdotte in acquario, sulla loro superficie rifiorirà la vita, in tutte le sue varietà. Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista “Il mio acquario” la quale ha concesso tale ripubblicazione.
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