Tutti sanno che i fertilizzanti in acquario sono importanti per le piante, ma ben pochi sono in grado di destreggiarsi tra i molti prodotti disponibili, che hanno le più diverse caratteristiche e indicazioni.
Usati in modo indiscriminato, i fertilizzanti producono nelle nostre vasche più danni che vantaggi. Un grande esperto ci spiega perché e come evitare gli errori.
Per ottenere un bell’acquario di tipo “olandese” è necessario seguire un corretto piano di coltivazione delle piante acquatiche (Foto archivio AP)
Tutte le piante necessitano d’acqua e nutrimento per vivere, e le piante acquatiche non fanno eccezione a questa regola, pur disponendo, ovviamente, di tutta l’acqua che possano desiderare! Molto spesso, però le vediamo ingiallire in acquario, crescere in modo stentato, ricoprirsi di alghe. “Sarà il caso di aggiungere dei fertilizzanti in acquario?”, ci domandiamo. “E se sì, quali?”.
Basta entrare in un negozio specializzato per reperire, sullo scaffale, una decina di fertilizzanti diversi, tutti confezionati in modo elegante, tutti, ottimi, ma spesso privi della descrizione del contenuto.
L’acquariofilo, talvolta, è disorientato: comincia a provarli tutti, uno dopo l’altro. Il risultato più frequente, in questi casi, consiste in una crescita smisurata, difficile da controllare, della vegetazione algale. Come comportarsi, dunque?
In realtà le piante necessitano sì di nutrienti, ma sono alquanto esigenti circa la loro qualità: “scelgono” solo quelli di cui necessitano veramente, lasciando gli altri in soluzione, a disposizione delle alghe. Nella continua competizione tra piante ed alghe per luce ed anidride carbonica, dunque, un eccesso di nutrienti comporta uno sviluppo abnorme di queste ultime.
L’acquariofilo deve quindi conoscere le reali esigenze nutritive delle proprie piante, in rapporto alla composizione dell’acqua utilizzata per riempire l’acquario: un problema non facile da risolvere, con i pochi strumenti a disposizione nell’ambiente domestico.
Cerchiamo, dunque, di stabilire dei moduli di comportamento ottimali, per identificare poi i principali sintomi di “denutrizione” da parte delle piante.
Elementi “mobili” e “immobili”
I nutrienti necessari per qualsiasi pianta superiore possono essere suddivisi genericamente in “macronutrienti”, “micronutrienti” ed elementi in traccia.
I primi – azoto (N), fosforo (P), zolfo (S), calcio (Ca), magnesio (Mg), potassio (K) – sono elementi indispensabili, in discrete quantità, per la crescita di qualsiasi pianta.
I secondi – ferro (Fe), manganese (Mn), rame (Cu), zinco (Zn), molibdeno (Mo), cobalto (Co), boro (B) – sono invece elementi indispensabili, in piccole quantità, per produrre nuova materia organica.
Gli ultimi, infine, sono elementi necessari in tracce (non misurabili con i comuni kit di laboratorio), come nel caso del sodio (Na).
Alcuni di questi elementi, inoltre, vengono detti “immobili”, in quanto vengono fissati nella composizione stessa delle cellule vegetali e non possono essere spostati, all’interno del corpo di una pianta, da una parte all’altra.
È il caso di boro, calcio, rame, ferro, manganese e zolfo, la cui deficienza provoca la mancata produzione di nuove foglie: le foglie giovani rimangono piccolissime e chiare, non potendosi completare la loro produzione.
Altri elementi vengono invece detti “mobili”, poiché possono essere trasferiti da una parte all’altra della pianta, attraverso la linfa, a seconda delle esigenze. È il caso di zinco, molibdeno, magnesio, azoto, fosforo, potassio, la cui deficienza in acquario provoca la prematura morte delle foglie più vecchie, allo scopo di mettere a disposizione delle giovani le riserve di nutrienti necessarie per la loro completa formazione.
Pertanto, un primo sintomo da osservare nelle nostre piante è il tipo di foglie più “sofferente”.
Se si tratta delle foglie giovani potremo ricercare il problema nel primo gruppo di nutrienti. Se si tratta delle foglie più vecchie dovremo invece prendere in considerazione il secondo gruppo.
E’ da tenere presente,inoltre, che le piante necessitano di tutti i nutrienti in rapporti ben definiti. Immaginiamo che per produrre della nuova materia organica serva un grammo di anidride carbonica e mezzo grammo di azoto. Immaginiamo anche che nell’acqua siano presenti tre grammi di azoto ed un solo grammo di CO2.
Quando quest’ultimo sarà stato consumato completamente, resteranno in soluzione, inutilizzati, ben due grammi e mezzo di azoto, disponibili per le alghe infestanti, ma non per le piante, non essendo disponibile sufficiente anidride carbonica per produrre nuova biomassa.
Per questo stesso motivo, in alcuni casi, il surplus di un nutriente crea sintomi di deficienza di altri. Ad esempio, un eccesso di manganese può produrre sintomi di deficienza di ferro (foglie gialle, apici erosi, come in foto).
Foto archivio AP.
Una carenza di zolfo, invece, provoca una colorazione pallida, molto chiara delle foglie, molto simile ai sintomi provocati da scarsa illuminazione. In questo caso, però, dovremo osservare anche un certo allungamento degli internodi (distanza tra una foglia e l’altra, lungo il fusto, nelle piante alte).
In questo modo si può comprendere se sia necessario aumentare l’intensità delle lampade, oppure aggiungere un concime liquido, cioè fertilizzanti in acquario. Una carenza di anidride carbonica, infine, provoca una crescita molto lenta, sia delle foglie vecchie che delle giovani, ed una generale “debolezza” delle piante, che appaiono piccole e denutrite.
Con molto ossigeno non sono assorbiti
Le piante acquatiche, a differenza di quelle terrestri, possono assorbire i nutrienti sia attraverso le radici che attraverso il fusto e le foglie. La maggior parte delle piante acquatiche vive bene solo se ambedue le vie di nutrimento sono attive e ben bilanciate.
Ciò ci costringe a prendere in considerazione, per il nostro acquario, sia concimi da fondo che concimi solubili nell’acqua. Inoltre, alcuni elementi, come ferro, fosforo ed azoto, sono assimilabili dalle piante solo in condizioni di anossia. In presenza di grandi concentrazioni di ossigeno (come normalmente si verifica nell’acqua dell’acquario), questi ioni passano in uno stato di ossidazione che li rende difficilmente assimilabili.
Il fondo dell’acquario, invece, rappresenta un ambiente generalmente anossico: negli spazi tra i granelli di sabbia, pertanto, si trovano le più elevate concentrazioni di ioni ferro, fosforo ed azoto facilmente assimilabili dalle piante. È proprio qui che le piante, attraverso le radici, possono approvvigionarsene.
Nel fondo, inoltre, le piante non temono la competizione per i nutrienti con altri vegetali (alghe e fitoplancton) e possono “gestire” a loro piacimento il pool di ioni utili. Un eccesso di nutrienti in forma liquida, in definitiva, si tradurrebbe in uno smodato sviluppo di alghe, mentre un fondo fertilizzato garantisce una continua riserva di ioni indispensabili per le piante.
Per questo stesso motivo è indispensabile evitare l’uso di filtri sottosabbia in vasche fortemente erborate: il continuo passaggio dell’acqua sotto il fondo distruggerebbe le capacità riducenti di quest’ultimo e provocherebbe uno sviluppo indesiderato di alghe, a causa del surplus di nutrienti portati in soluzione, senza contare che lo sviluppo radicale di molte specie di piante acquatiche è inibito ad elevate concentrazioni di ossigeno sotto il fondo.
E’ importantissimo, però, anche il pool di nutrienti disciolto nell’acqua, da assorbire attraverso le foglie. La maggior parte delle piante acquatiche necessita di assumere calcio, magnesio, potassio ed anidride carbonica attraverso il sistema fogliare.
Solo pochissime specie, come la Lobelia dortmanna, sono in grado di assumere anidride carbonica ed altri nutrienti attraverso le radici. Proprio i nutrienti come il ferro, inoltre, possono essere accumulati dalle piante acquatiche in concentrazioni sino ad un milione di volte maggiori rispetto a quelle dell’ambiente esterno.
Per questo motivo vanno continuamente aggiunti all’acqua, in una forma facilmente assimilabile, se si desidera ottenere una crescita ottimale delle piante d’acquario. Poiché non è possibile misurare tutti i nutrienti presenti nell’acqua, tenendo presente che un loro eccesso può produrre numerosi problemi, in base a quanto detto precedentemente, il problema della fertilizzazione va affrontato con ordine, nell’ambito di un serio programma di coltivazione delle piante.
Solo in questo modo sarà possibile ottenere risultati eccellenti.
Se tutte le foglie marciscono contemporaneamente le nostre piante soffrono probabilmente per un’acqua troppo dura e per una conduttività troppo elevata. In questo caso, prima di utilizzare un fertilizzante, sarà necessario ripristinare corrette condizioni ambientali. (Foto V. Zupo)
Come regolarsi con acqua e fondo
Fatta un po’ di teoria, vediamo ora come procedere in pratica. Cominciamo dall’acqua per passare poi al fondo.
Acqua: Non sarà possibile comprendere cosa accade nel nostro acquario se l’acqua, all’origine, contiene abbondanti quantità di ioni diversi (ed a noi ignoti). Utilizzando comune acqua di rubinetto, ad esempio, noi forniamo alle piante abnormi quantità di calcio, magnesio, cloro, fosforo.
In queste condizioni le piante soffrono della carenza di numerosi nutrienti, che non potremo aggiungere, però, attraverso i comuni prodotti commerciali, poiché ciò servirebbe solo ad aumentare lo squilibrio ionico.
Le piante, in quest’acqua, appaiono fragili, crescono lentamente, si ricoprono di alghe. Le foglie più vecchie ingialliscono prematuramente e cadono. Gli steli si allungano e perdono le foglie più basse, rimanendo solo in vita un ciuffetto apicale (come in foto sotto).
Foto – Archivio AcquaPortal
In queste condizioni, l’aggiunta di fertilizzanti si traduce in un aumento delle alghe epifite. L’unica soluzione è quella di partire da una buona acqua demineralizzata, avente conduttività inferiore a 300 micro Siemens.
Se la vostra acqua ha una conduttività superiore, smettete di aggiungere qualsiasi fertilizzante: ciò servirebbe solo ad incrementare il suo valore. Effettuate invece dei cambi parziali, sino ad ottenere valori di conduttività adeguati, almeno che non desideriate coltivare unicamente piante adatte ad ambienti lagunari, come alcune specie di Ceratophyllum ed Elodea.
Noterete, infatti, che se la conduttività supera il valore di 300-400 micro Siemens, le uniche piante che resistono bene, nel tempo, sono queste ultime, mentre Cabombe, Ninfee ed Aponogeton spariscono rapidamente dalla vasca.
Fondo: Il fondo dell’acquario rappresenta il substrato nel quale le piante crescono e producono radici: deve quindi contenere tutti i nutrienti necessari per il loro metabolismo in proporzioni corrette. Alcuni elementi (Fe, Bo, Mn, Cu, Zn, Mo) possono essere acquisiti anche dall’acqua, ma risultano generalmente molto più facilmente disponibili (e meno inquinanti) se presenti principalmente nel fondo dove sono indisponibili per le alghe che competono con le piante.
Inoltre il substrato di fondo dovrà avere “Capacità di Scambio di Cationi” (CSC) ottimali, ovvero essere in grado di assorbire tutti i nutrienti essenziali per cederli lentamente alle piante (vedi box sotto), a seconda delle loro richieste metaboliche.
I CSC di alcuni substrati da fondoMaggiore è il valore CSC (Capacità di Scambio di cationi), migliori saranno le prestazioni del substrato di fondo nel cedere lentamente nutrienti alle radici. Alcuni materiali, pur avendo elevati valori CSC, possono produrre inquinamento dell’acqua, avendo un forte contenuto in materia organica: dovranno quindi essere utilizzati con moderazione. Ecco una tabella che ci dice il grado di CSC di alcuni materiali per il substrato: | |
Substrato | CSC meq/100g |
Perlite | 1,5 – 3,5 |
Sabbia | 3,0 – 7,0 |
Ghiaia | 22,0 – 63,0 |
Torba | 53,0 |
Vermiculite | 82,0 – 150,0 |
Ghiaietto fertilizzato | 100,0 – 180,0 |
Humus | 200,0 |
La comune sabbia fine, così come il ghiaietto grossolano, sono caratterizzati da CSC insufficienti. Ottime capacità di scambio, invece, caratterizzano i ghiaietti porosi e le sabbie lateritiche. La laterite è un sedimento naturale, prodotto dalla degradazione di rocce ricche di ferro ed alluminio, che può essere disposto sul fondo liberamente ed eventualmente coperto da un sottile strato di sabbia silicea.
Per renderla ancora meglio adeguata alla vita delle piante acquatiche, la si potrà mescolare con ghiaia di pomice e sbriciolato di rocce vulcaniche. In questo modo si ottiene un elevato grado di porosità, che conferisce al fondo caratteristiche ideali in termini di CSC.
Meglio evitare, invece, l’uso di ghiaietti concimati per uso floristico, humus od altri substrati non specificamente prodotti per l’uso in acquario: contengono materiali organici che inquinerebbero l’acqua ed eccessive quantità di azoto e fosforo, in grado di provocare enormi catastrofi ecologiche in un ambiente acquatico.
Macronutrienti, micronutrienti ed oligoelementi somministrati attraverso fertilizzanti liquidi o da fondo vengono utilizzati sia dalla piante che dalle alghe. E’ necessario non eccedere nella quantità ed assicurarsi che le piante godano di condizioni di vita ideali, se si vuole evitare di incrementare la crescita di alghe epifite. Disegno di V. Zupo.
Un fondo composto di tre strati
In definitiva, il fondo rappresenta un indispensabile “accumulatore” di nutrienti e va progettato con cura. In un acquario ancora da allestire, suggeriamo di predisporre due o tre strati successivi, in modo da ottenere condizioni ottimali per le radici.
Il primo strato potrà essere costituito da un composto fertilizzante in sticks od in polvere, di composizione acida: servirà per la lenta cessione di ioni e per mantenere costante il potere riducente del fondo.
Il secondo strato potrà essere composto da latente granulare, eventualmente mista a pomice (esistono numerosi ghiaietti fertilizzati contenenti le giuste proporzioni di questi composti): servirà ad assicurare un CSC ottimale.
Il terzo strato, quello più superficiale, potrà essere composto da semplice sabbia silicea: servirà a separare l’ambiente del fondo dall’acqua, evitando una troppo rapida cessione di composti fertilizzanti.
Se l’acquario è già allestito, suggeriamo di sifonarlo accuratamente, per eliminare il surplus di materia organica presente (cibi e feci, che contengono eccessive quantità di azoto e fosforo), ed aggiungere poi delle palline di laterite o degli sticks fertilizzanti, a distanze fisse, in modo da coprire tutto il fondo della vasca. Solo così le piante disporranno delle giuste quantità di elementi da assorbire attraverso le radici.
Nella seconda parte continueremo l’esame dei vari fattori che interferiscono con l’uso dei fertilizzanti e prenderemo in considerazione la composizione dei principali prodotti commerciali, sia in forma liquida sia da fondo, allo scopo di permettere un loro uso razionale.
Abbiamo visto nella prima parte di questo articolo che il ricorso ai fertilizzanti richiede la conoscenza degli stessi e dell’uso specifico a cui sono destinati. In questa seconda parte chiariamo meglio come deve essere pianificata la cura delle piante d’acquario, tenendo presente che i fertilizzanti si usano soprattutto quando le piante sono in buona salute (e quindi li consumano) e non per risolvere situazioni critiche!
Come abbiamo visto precedentemente, prima di iniziare un qualsiasi programma di fertilizzazione, occorre accertarsi che l’acqua ed il fondo della vasca abbiano caratteristiche idonee alla normale nutrizione delle piante. In caso contrario, aggiungere fertilizzanti servirebbe solo ad aumentare l’inquinamento della vasca e a fornire elementi utili alla crescita di alghe indesiderate. Vediamo più da vicino quali sono i prossimi fattori essenziali da tenere attentamente in conto.
Una carenza di elementi nutritivi nell’acqua può produrre, soprattutto nelle piante più delicate, sintomi di fisiopatie, come la perdita delle foglie più basse od una colorazione troppo chiara delle foglie apicali. In questo caso sarà opportuno aggiungere concimi liquidi a base di ferro chelato. (Foto V. Zupo)
Luce: Le piante necessitano di luce! Inutile aggiungere fertilizzanti se la luce è insufficiente. Ciò produrrebbe solo un precoce inquinamento dell’acqua.
Le piante acquatiche assumono radiazioni luminose a lunghezze d’onda comprese tra 400 e 700 nanometri (radiazione fotosinteticamente attiva, detta PAR), pur essendo adattate alle basse irradianze tipiche degli ambienti acquatici. Esse necessitano di una quantità di luce pari a circa 40 microEinstein per metro quadro; in caso contrario l’energia spesa per il normale metabolismo eguaglia (o è superiore) a quella assorbita e la crescita si blocca.
Tale quantità di luce corrisponde a 0,5-1 watt di luce (prodotta da un neon fitostimolante) per ogni litro d’acqua. Poiché, nella maggior parte dei casi, neon tanto potenti provocherebbero problemi all’acquariofilo (spazio nel coperchio, spese di manutenzione), suggeriamo di utilizzare almeno 1 watt per ogni 3-4 litri d’acqua, utilizzando però schermi riflettenti, che raddoppiano virtualmente la potenza delle lampade, e di sostituire i neon ad intervalli di 6-8 mesi, in modo da utilizzarli sempre nelle loro condizioni ottimali.
Le lampade dovranno rimanere in funzione per 10-12 ore al giorno, in acqua perfettamente limpida (utilizzare del carbone attivo, per una settimana ogni 2-3 mesi): se l’acqua ingiallisce, infatti, la PAR, che raggiunge le piante più basse, anche con neon molto potenti, diviene insufficiente per promuovere una corretta crescita.
Quando la vegetazione acquatica diventa abbastanza densa bisogna aggiungere normali dosi di concimi liquidi, come prescritto nelle istruzioni, per sostenerla nel tempo. Foto archivio AP.
Col diffusore una buona crescita
Anidride carbonica: Il carbonio inorganico disciolto (CID) è presente in acqua dolce sotto forma di quattro diverse specie chimiche: anidride carbonica (CO2) acido carbonico (H2CO3,), ione bicarbonato (HCO3) e gruppo carbonato (=C03).
Questi composti influenzano profondamente sia il pH dell’acqua, sia le sue capacità tampone. Benché l’anidride carbonica si disciolga rapidamente in acqua, in condizioni di equilibrio la sua concentrazione nell’acqua dell’acquario è pari a circa 0,5 mg/l.
Le piante, però, assorbono anidride carbonica solo attraverso un sottile (circa mezzo millimetro) strato d’acqua che circonda le foglie. Pertanto consumano rapidamente tutto il gas carbonico presente nelle vicinanze e debbono “attendere” che lentamente altro gas si diffonda dalle zone circostanti.
Si può parzialmente ovviare a questo problema promuovendo una buona circolazione dell’acqua nella vasca, che però tende anche a far esalare nell’aria il surplus di CO2 prodotto dai pesci. In definitiva, per ottenere una rigogliosa crescita delle piante e sfruttare appieno i fertilizzanti disciolti e la luce somministrata, occorre misurare nell’acqua circa 20-30 mg/l di anidride carbonica disciolta.
Questo risultato si ottiene solo utilizzando un apposito diffusore di gas carbonico. Esistono in commercio modelli molto efficienti, che permettono di ottenere questo risultato in modo costante, per lunghi periodi, utilizzando bombole monouso.
Alcune specie di piante (es. Egeria densa) riescono ad assorbire il carbonio di cui necessitano, sotto forma di ione bicarbonato (a pH compresi tra 6,4 e 10,4 gran parte del CID è sotto forma di ioni bicarbonato).
In questo caso, però, il contro-ione (es. calcio o magnesio) finisce per depositarsi sulle foglie, producendo patine biancastre che ostacolano i successivi scambi gassosi. Inoltre numerose specie, come le Cabomba, non sono in grado di assorbire fonti diverse dal gas carbonico disciolto.
Pertanto è importantissimo somministrare anidride carbonica, in modo che le piante non debbano servirsi di questa fonte alternativa, che alla lunga danneggia le foglie.
Disegno di V. Zupo.
Fertilizzanti liquidi: Giungiamo così ai fatidici flaconcini colorati, contenenti un liquido che promette di produrre uno sviluppo incredibile della vegetazione: sfidiamo qualsiasi acquariofilo a giurare di non averne mai versato una dose abbondante, pregustando il piacere di una severa potatura della fitta vegetazione acquatica!
In realtà, nella maggior parte dei casi, i risultati sono abbastanza scarsi. Talvolta, addirittura, si osserva sì uno sviluppo di vegetali, ma sotto forma di alghe patinose o filamentose. Sarà colpa del prodotto? Si tratterà di una miscela dalla composizione errata? Nella maggior parte dei casi la colpa è dell’acquariofilo!
Non si può, infatti, risolvere tutti i problemi di un acquario semplicemente versando qualche goccia di fertilizzante. Occorre, come già ricordato nel precedente numero, applicare un programma organico e razionale di coltivazione delle piante.
Ciò non comporta la necessità di apprendere complicatissimi concetti di chimica e botanica, ma vanno semplicemente sorvegliati scrupolosamente i fattori essenziali sin qui ricordati: acqua tenera, luce abbondante, fondo adeguato, anidride carbonica. Solo a questo punto potremo prendere in considerazione la somministrazione di un fertilizzante.
Il concime liquido, insomma, non va somministrato in acquari malandati, sperando che possa risolvere tutti i problemi di alghe ed acqua sporca. Va invece somministrato in acquari perfettamente equilibrati, per promuovere uno sviluppo ancora più rigoglioso della vegetazione.
Insomma, se le vostre piante sono già ricoperte da una patina di alghe brune, hanno le foglie ingiallite e cadenti, marciscono e stentano a crescere, allora fermatevi ed andate a rileggere la puntata precedente!
Se invece le vostre piante appaiono sane, ma desiderate che crescano ancor più vigorose, allora optate per la somministrazione di un fertilizzante liquido. Per meglio comprendere il problema, immaginate di avere un acquario con dei pesci gravemente ammalati, non più capaci di nutrirsi.
Credete che possa essere utile, in queste condizioni somministrare forti dosi di mangime? E se i pesci muoiono, dopo l’ennesima somministrazione di scaglie, ritenete che il problema possa essere ricercato nella qualità del mangime?
Le somministrazioni di alimento a pesci ammalati, ovviamente, saranno servite solo ad inquinare l’acqua, accelerandone la morte. Parimenti, un qualsiasi nutrimento per piante va somministrato a vegetali in grado di utilizzarlo.
Numerosi elementi, come il ferro, quando sono presenti in soluzione, possono essere assorbiti direttamente dalle foglie. Una volta precipitati al fondo, debbono essere ridotti, prima di poter essere assorbiti attraverso le radici. Una lenta circolazione d’acqua attraverso il fondo e la somministrazione di chelatori permette di riportare in soluzione numerosi ioni altrimenti indisponibili. Disegno di V. Zupo.
Un test per azotati e fosfati
I diversi prodotti in commercio hanno una composizione molto variabile .
A seconda dei programmi di fertilizzazione offerti dai diversi produttori, il flacone acquistato potrà contenere solo ferro chelato, una miscela di macronutrienti, una complessa mistura di chelatori, oligoelementi e metalli. Alcuni contengono anche amminoacidi e vari fattori di crescita.
Come regolarsi? Benché la composizione del prodotto non venga quasi mai dichiarata, sulla confezione sono generalmente riportate indicazioni per l’utilizzatore. Alcuni prodotti contengono esplicite dichiarazioni sul contenuto in ferro. Altri fanno riferimento ai fattori di crescita e agli oligoelementi.
E fondamentale non aggiungere nell’acquario miscele contenenti azoto e fosforo. Questi elementi, infatti, sono sempre presenti in quantità eccessive in un acquario contenente anche pesci (feci, residui di mangime). E’ facile, però, accertarsi che il prodotto acquistato ne sia privo.
Potrete utilizzare i normali misuratori di ammoniaca, nitriti, nitrati e fosfati in commercio. Basterà disciogliere in 5-6 ml d’acqua distillata una goccia del prodotto acquistato ed effettuare poi un test per i principali composti azotati e per i fosfati.
Se la soluzione si colora, sarà bene non utilizzare il prodotto, se invece si mantiene chiara, allora potremo utilizzare il prodotto, senza eccedere nelle dosi, perché superare le dosi consigliate dal fabbricante può produrre inquinamento dell’acqua ed eccesso di nutrienti per le piante.
I composti a base di ferro chelato sono sempre utili, poiché questo elemento tende a precipitare nell’acqua ben ossigenata di un acquario. A questo scopo, sarà utile misurare settimanalmente il contenuto in ferro dell’acqua, ed aggiungere quindi le dosi di fertilizzante necessarie a riportare il valore nel “range” ideale per le piante acquatiche.
Gli altri fertilizzanti dovranno essere utilizzati solo se la vegetazione cresce in modo rigoglioso. L’acqua del nostro acquario,infatti, contiene molto probabilmente dosi sufficienti di magnesio, calcio, zolfo e di tutti gli altri nutrienti indispensabili.
Solo se le piante crescono abbondantemente questi elementi possono essere consumati, rendendo necessarie operazioni di fertilizzazione. In un acquario caratterizzato da vegetazione scarsa o in via di decomposizione, l’acqua conterrà certamente dosi sufficienti di tutti gli elementi utili. Non è necessario, dunque, fertilizzare, ma piuttosto sostituire parte dell’acqua, per eliminare il surplus di ioni in soluzione.
Un fertilizzante liquido va somministrato a piante che dispongano delle condizioni ecologiche di base, altrimenti serve solo ad incrementare lo sviluppo di alghe. Pertanto è necessario somministrare questi concimi in acquari che godano di una vegetazione in buona salute, allo scopo di accelerarne la crescita. Disegno di V. Zupo.
Quando fertilizzare è inutile
Inoltre, molti elementi possono precipitare al fondo in condizioni di elevato potenziale redox. Inutile fertilizzare, in queste condizioni, poiché si produrrebbe solo un’ulteriore precipitazione di elementi al fondo. Meglio, invece, aggiungere un chelatore, o un concime a base di ferro chelato, in grado di riportare in soluzione molti degli ioni ossidati.
Esiste infatti un equilibrio dinamico tra gli ioni del fondo e quelli presenti in soluzione, principalmente regolato dalle proprietà ossidanti dell’acqua: a potenziali redox più bassi (prossimi allo zero) si osserverà una buona dissoluzione di tutti gli ioni, mentre a potenziali redox elevati (maggiori di 30-40 mV) molti ioni precipiteranno, divenendo non più disponibili per l’assorbimento attraverso le foglie.
E utile tenere a mente questo concetto, per non meravigliarsi della scarsa efficacia di alcuni prodotti. Anche in questo caso, non si possono imputare colpe alla qualità dei prodotti utilizzati, ma piuttosto ad un loro uso errato da parte dell’acquariofilo.
In definitiva, il problema della fertilizzazione va affrontato razionalmente, evitando di pretendere che un concime possa risolvere tutti i problemi del nostro acquario. Solo attraverso un serio programma di cura delle piante, sarà possibile per tutti ottenere acquari meravigliosamente erborati, che necessitano di frequenti somministrazioni di fertilizzanti. In questo caso, infatti, le piante saranno in grado di consumare in breve tempo tutti i nutrienti forniti dall’acquariofilo.
Questo articolo è stato pubblicato sul numero 17 – Febbraio 2000 – della rivista “Il mio acquario” la quale ha concesso tale ripubblicazione.