La mia avventura con questi pesci è iniziata nei lontani anni ’80, forte delle esperienze riproduttive di piccoli ovipari quali Brachidanio e Tanichthys. Allora sebbene i valori di allevamento non fossero ottimali, era abbastanza normale assistere alla loro deposizione in vasca di comunità. Provai quindi più e più volte la loro riproduzione in piccole vasche appositamente allestite, ma le uova imbiancavano sempre e miseramente; a quel tempo non esistevano notizie certe, si pensava addirittura che non si potessero riprodurre e non esisteva nemmeno l’acqua di osmosi (ero un ragazzino di una quindicina di anni e non sapevo che a livello industriale o farmaceutico esistesse questo tipo di acqua). Proprio per questo oggi voglio parlare di un pesce che tutti conoscono ma di cui, sulla vita privata, si hanno notizie imprecise e spesso contrastanti: Paracheirodon Innesi cioè il famosissimo “NEON”. Non voglio qui dilungarmi sul comportamento (che è pacifico e di gruppo) o sull’alimentazione (mangia di tutto) o ancora sulla qualità dell’acqua ( ho visto neon campare con acqua fino a 30 GH) ma sui suoi quasi sconosciuti aspetti riproduttivi. Un po’ di biologiaOriginario di quei ruscelli e corsi d’acqua che fanno parte del bacino idrografico del Rio Putumayo, linea di confine tra Perù e Brasile, questo piccolo pesce abita i ruscelli di acqua chiara, fresca e acida che attraversano la foresta, sempre al riparo di ostacoli sommersi come radici o grandi foglie di piante palustri che crescono a ridosso delle sponde. Sarebbe opportuno quindi che anche nelle nostre vasche venga rispecchiato un simile habitat, con spazio per nuotare, ma anche con nascondigli e ripari costituiti da piante acquatiche, come ad esempio gli Echinodorus, che tramite le loro larghe foglie forniscono ombra e rifugio allorquando i Neon si sentono impauriti. Come anticipato i Neon si adattano a qualunque tipo di acqua, con pH superiori a 8 e GH oltre i 30; fondamentale è però fornire loro un ambiente povero di sostanze azotate o inquinanti, oppure coinquilini troppo vivaci o aggressivi. Ma se vogliamo avere animali in salute e longevi, non possiamo esimerci dal fornire loro valori più simili a quelli di provenienza, con acque tenere e acide e con temperature non elevate: su questo fattore torneremo in seguito, dato che è uno di quelli rilevanti e meno considerati per il loro allevamento. Soffermiamoci ora su un aspetto etologico dai più analizzato in modo superficiale tramite una semplice e banale domanda: il Neon è un pesce di branco? La risposta è semplice quanto logica: si e no!!! Si, allorquando si sente in pericolo o in cerca di fonti alternative di nutrimento (ovviamente ciò accade in natura); no, quando invece si sente a proprio agio e cerca di difendere dai propri conspecifici un piccolo spazio vitale, sempre adiacente a quello di un vicino: i piccoli territori che i Neon difendono, non sono mai isolati e ogni soggetto del branco rimane sempre nel campo visivo dei compagni in modo che ad ogni minimo accenno di pericolo si possa ricostituire il banco fitto, fonte di sicurezza e di bassa percentuale di aggressione: in mezzo a qualche centinaio di propri simili, all’attacco di un predatore….. beh, non è detto che capiti proprio a me!!!!! Ed ecco il motivo per il quale i nostri Neon nelle vasche di vendita nuotano fitti come sardine; lo stesso accade non appena inseriti in un nuovo acquario; dopo però qualche giorno di ambientamento ecco che i più intraprendenti cominciano a crearsi un proprio spazio vitale, scacciando i compagni dalle immediate vicinanze; anzi succede spesso che si possano vedere due Neon impegnati in vistosi quanto incruenti combattimenti, che cessano improvvisamente e per magia al minimo accenno di pericolo. In conclusione mi sento di affermare che se in un acquario i nostri Neon “litigano” sono sicuramente a proprio agio! Per il loro benessere è però importante allevarli sempre in gruppi di non meno di una decina di esemplari. Un altro fattore per far sentire a proprio agio i nostri ospiti, e qui mi ricollego al discorso sui parametri fisico chimici, è sicuramente la temperatura. Provenendo dai corsi d’acqua della regione occidentale dell’Amazzonia che giungono direttamente dalle Ande (quindi con acque presumibilmente più fresche), in base alle esperienze personali, di illustri autori e di persone che allevano con successo questa specie, si può liberamente affermare che Paracheirodon innesi dovrebbe essere annoverato fra i pesci d’acqua temperata. Difatti in base alle mie personalissime esperienze, ho dovuto constatare che Neon tenuti costantemente al di sopra dei 25°C non vivono a lungo (3 o 4 anni e più), a causa di un innalzamento del metabolismo che provoca un invecchiamento precoce. I miei pesci hanno passato gli inverni senza riscaldatore a temperature comprese tra i 15 e i 18 °C. Ovviamente in estate sopportano gli inevitabili 30°C, ma senza dubbio, anche se non esplicitamente, ne soffrono. L’estate è anche il periodo in cui ho dovuto accusare le maggiori perdite degli esemplari più anziani. E’ quindi un errore grossolano inserirli come compagni di vasca per Discus, o altri pesci che amino temperature elevate. Molto più indicati a questo scopo i Cardinali, sebbene io sconsigli di accompagnarli ai Discus, dato che un folto gruppo impedisce al Ciclide di nutrirsi adeguatamente. La riproduzione: un evento alla portata di tuttiNon facciamoci trarre in inganno dal titolo: certo non si tratta di una specie impegnativa, soprattutto considerando l’attrezzatura (è sufficiente una vaschetta da meno di 10 L), o la facilità con cui i pesci depongono, ma riguardo le difficoltà che si possono trovare nella prima delicatissima fase di crescita dei piccoli. I “sacri testi” dicono che è meglio separare i sessi prima della deposizione per circa una decina di giorni affinchè le femmine passano maturare più uova; in effetti ciò risponde a verità, sebbene anche femmine non tenute separate sono in grado di fornirne un numero infinitamente superiore ai nostri scopi di allevatori casalinghi. Le seguenti foto ritraggono alcuni momenti del corteggiamento. Foto di M. Vendramini. Io in genere utilizzo una vaschetta di circa 7 litri (anzi meno dato che non la riempio fino al bordo) munita di un piccolo filtro esterno funzionante con areatore e caricato con lana di perlon e torba; un ciuffo di Vesicularia (muschio di Giava) come substrato per la deposizione; generalmente inserisco i riproduttori (i migliori hanno un’età compresa tra i 5 mesi e l’anno di vita) la sera, scegliendo la femmina fra quelle più cicciottelle. Il dimorfismo sessuale non è molto pronunciato, ma in genere le femmine sono più robuste e con il ventre lievemente bombato; i maschi sono decisamente più snelli.
E’ vero anche che si possono inserire animali che abbiano iniziato a deporre in vasca di comunità: dopo un primo attimo di sbandamento, ricominceranno imperterriti a deporre: una coppia affiatata ci da una maggiore garanzia di deposizione. I valori dell’acqua (costituita per la maggior parte da acqua osmotica) sono i seguenti: 60 microsiemens/cm e pH compreso fra il 5.5 e il 6; temperatura 20 °C. Dopo 1 o 2 giorni a seconda dell’affiatamento della coppia, avviene la deposizione in mezzo alla vegetazione. Da notare che il fattore determinante la schiusa è la durezza, o più precisamente la conduttività: oltre i 2 GH (150/200 microsiemens/cm) le uova pare non si schiudano. Meno vincolante il pH, che può abbondantemente superare il 7, ma la percentuale di schiusa è sicuramente inferiore rispetto all’utilizzo di acqua acida.
Sul fondo è indispensabile una reticella che impedisca ai riproduttori di divorare le uova; in letteratura si legge che ci sono da tenere presente 2 fattori fondamentali per ottenere una buona schiusa: l’oscuramento della vasca, e la temperatura, che non dovrebbe superare i 22-23 °C; con valori superiori le larve morirebbero. In successivi esperimenti invece ho potuto constatare che ciò non risponde al vero: sebbene non abbia mai esposto le uova a luci intense, non mi sono mai preoccupato di oscurare completamente la vasca; anche per la seconda affermazione ho alcune riserve dato ho ottenuto schiuse anche a 25°C. Un’altra cosa che ho riscontrato nelle deposizioni di Caracidi è che molte uova rimangono infecondate, circa il 20-30 % nonostante i valori ottimali. Così dopo una trentina di ore, a 20 °C si schiudono le prime uova del diametro inferiore al mm (a questo punto dovremo spegnere il filtro: aspirerebbe i piccoli uccidendoli), dalle quali sgusciano piccole larve di un paio di mm munite di un grosso sacco vitellino che riassorbono in 5 giorni.
Una volta sgusciate dalle uova, ho cominciato ad effettuare piccolissime aggiunte d’acqua di rubinetto, questo per abituare molto lentamente i pesciolini ad un’acqua più dura ed anche perchè con dei valori così bassi di pH ben difficilmente si possono sviluppare rotiferi ed infusori, unico cibo per i piccoli. Il pH basso consente di non avere grossi problemi con muffe e batteri patogeni, anzi sconsiglio l’aggiunta di eventuali disinfettanti o batteriostatici per non alterare il traballante equilibrio biologico di una massa d’acqua inferiore a 10 l. Dopo il riassorbimento del sacco vitellino i piccoli avannotti, lunghi appena 3 mm , iniziano una disperata lotta contro il tempo per riuscire a gonfiare la vescica natatoria; l’unico modo che hanno di fare ciò è….. respirare!!! Se entro poche ore non riescono a “respirare”, il microscopico foro che collega la bocca alla futura vescica natatoria, si chiude per sempre condannando l’avannotto ad una lunga agonia sul fondo dell’acquario. Si può dare loro una mano mettendo una piccola porosa con la quale possiamo impedire la formazione della patina batterica di superficie, ulteriore impedimento a questa operazione. E’ doveroso dire però che in qualche modo, nonostante la patina, riescono nell’operazione, ma un piccolo aiuto certo non si rifiuta mai: ovviamente la porosa deve essere al minimo, in considerazione del fatto che abbiamo a che fare con creaturine minuscole. Comunque una volta corredati di piccole pinne, branchie e vescica natatoria, i piccoli Neon possono finalmente mangiare qualcosa. E adesso arriva il difficile: i Caracidi in generale a questa età sono molto meno attivi rispetto ai pari età di Colisa, Betta, piccoli Ciprinidi come Danio e Tanichthys; pur avendo le stesse dimensioni, questi ultimi sono più attivi e predano insaziabilmente microorganismi e infusori, mentre i piccoli Neon mangiano solo ciò che passa davanti alla loro bocca; voglio ricordare che i mangimi liquidi commerciali, servono solo alla formazione di infusori e non sono di per se utili come cibo per avannotti: ripeto, i Neon mangiano esclusivamente microrganismi in movimento. Essendo la piccola massa d’acqua priva di filtro (ogni tipo di filtraggio risucchierebbe i piccoli esseri) è indispensabile un cambio quotidiano di almeno il 10%; personalmente, dopo un periodo di lento adattamento, utilizzo per comodità la normale acqua di rubinetto, dato che non è eccessivamente dura ne alcalina. Ovviamente con pH superiori a 8 e GH superiori a 20 è conveniente tagliarla con acqua osmotica.
La scommessa dei primi giorniE’ proprio nei primi giorni che ci giochiamo l’intera covata se non abbiamo approntato per tempo una coltura di microorganismi. Sarebbe opportuno inoltre inserire nella vasca da riproduzione qualche ciuffo di Riccia o altre piante galleggianti, veicolo ottimale di piccole creature, futuro cibo per i giovani Neon. Ma se abbiamo una covata abbondante e uno spazio ristretto è indispensabile avere un buon rifornimento alimentare. Personalmente utilizzo i Parameci, che si ottengono facendo marcire del fieno secco. Ci occorre all’uopo un barattolo di vetro che riempiremo fino alla metà inferiore di fieno secco; ci comprimeremo sopra una spugna sintetica ad uso acquariologico e riempiremo il tutto fino al bordo con normale acqua di rubinetto tagliata al 50% con osmosi. A questo aggiungeremo qualche foglia di pianta acquatica in via di disgregazione, e qualche ml di acqua di acquario. Le scintille propulsive allo sviluppo della vita microscopica sono state accese, tocca a noi ora attendere il miracolo della vita. Come prima reazione avremo un intorbidimento dell’acqua: attenzione non sono organismi adatti come cibo, sono solo i batteri che si sviluppano dal fieno in putrefazione. Occorrono dai 10 ai 15 giorni affinchè l’acqua rischiarandosi, ci faccia intravedere ad occhio nudo una fine polverina in movimento: sono i parameci che vengono nello strato superficiale a cercare ossigeno, passando attraverso la spugna sintetica. Ora è possibile aspirarli con una pipetta e distribuirli dalle 3 alle 5 volte al giorno ai piccoli Neon. Se tutto procede bene in una settimana-10 giorni saranno in grado di nutrirsi di naupli di artemia appena schiusi e a questo punto potremmo tirare un sospiro di sollievo: a meno di errori grossolani tutti i pesci presenti, da piccoli esseri trasparenti, si trasformeranno nell’arco di un mese, in iridescenti Neon in miniatura.
Un’ultima osservazione: forse non tutti sanno che la maggioranza dei Neon in taglia commerciale sono allevati in modo professionale e non hanno più di 3 o 4 mesi di vita. Bibliografia: – Nieuwenhuizen, A. van den. ” Caro vecchio Neon” – Qualche trucchetto per allevarlo e riprodurlo”. In: Aquarium 11/96. Primaris, Rozzano (Mi). Maurizio Vendramini |
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